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Tra i dinosauri e un gelato

Di Antonio Caneva, 15 Giugno 2017

Recentemente ho letto un libro, scritto con grande sensibilità da Giacomo Mazzariol (Mio fratello rincorre i dinosauri, editore Einaudi), in cui racconta la sua esperienza, vissuta con l’arrivo del fratello Giovanni, nato con la sindrome di Down. È un libro che si legge d’un fiato: rende partecipi della presa di conoscenza e crescita umana che comporta un simile evento, per cui anche gli aspetti più critici possono trasformarsi in un’esperienza emozionante.
Verso la fine del libro, racconta di quando il fratello torna a casa da scuola con il disegno fatto durante l’ora d’arte. Lo mostra con orgoglio. Il tema che doveva essere trattato era «Illustra la guerra» e il voto: dieci. Il titolo del disegno: «Ragazza seduta su una panchina che mangia il gelato, da sola».
Felice per il fratello, Giacomo non si spiega perché, essendo stato richiesto di fare un disegno sulla guerra, Giovanni aveva scarabocchiato una ragazza con un gelato in mano, e aveva preso dieci.
La spiegazione era nel giudizio descrittivo della professoressa, sul diario di Giovanni:
«Alla richiesta di illustrare la guerra, tutti gli studenti della classe hanno disegnato fucili, cannoni, bombe, morti. Tutti, tranne uno. Mazzariol ha scelto di rappresentare la guerra a modo suo: la ragazza è la fidanzata di un soldato che è partito per la guerra. Ora deve andare a prendere il gelato, che per Mazzariol è la cosa più bella del mondo, da sola. La guerra è anche questo: andare a prendere il gelato da soli. (La spiegazione mi è stata fornita da lui stesso e l’abbiamo ricostruita assieme). Complimenti, Mazzariol!».
Per andare oltre l’ovvio è necessario avere occhi disincantati. Come la guerra può non essere solo armi, cannoni, morti, ma anche una ragazza su una panca che mangia un gelato, anche nel mondo del lavoro si possono cogliere valori a prima vista non identificabili. Generalmente ci si sofferma sulla retribuzione, sulla vicinanza al posto di lavoro, al limite sulle possibilità di carriera. Perché però non considerare anche altri valori intangibili, quali la crescita umana in rapporto all’attività lavorativa, la gratificazione per un lavoro svolto in un’azienda in cui ci si sente a proprio agio, la possibilità, per chi accetta la sfida, di andare all’estero, di conoscere nuovi modi di vivere, di imparare le lingue, e così di seguito. Tutti valori intangibili che possono, assieme a quelli tangibili, riempire la vita e fare del lavoro, non un tiranno, ma un amico.

Ps: Non sapevo se pubblicare o meno queste riflessioni, in considerazione dell’argomento trattato all’inizio. Ma poi mi è sembrato un modo per parlare di questo libro, che consiglio vivamente, alla lettura del quale molti si commuoveranno e alcuni si riconosceranno.

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