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Torna il pane di una volta

Breve ritratto di un alimento fondamentale della nostra dieta quotidiana

Breve ritratto di un alimento fondamentale della nostra dieta quotidiana

Di Claudio Nobbio, 13 Settembre 2012

Il profumo è da sempre sinonimo di garanzia di un buon pane. Ma che cosa produce la fragranza così piacevole di questo alimento tanto importante nella nostra dieta quotidiana? E quali strategie alberghi e ristoranti possono adottare per offrire sempre un prodotto di qualità a costi competitivi? Lo abbiamo chiesto al presidente dell’Associazione veneziana panificatori, Paolo Stefani: «Durante una mia recente indagine, mi sono in effetti reso conto che il pane, pur essendo consumato tutti i giorni, è un alimento relativamente poco conosciuto».

Domanda. Conviene pertanto cercare di dare qualche informazione in più su questo impasto di acqua, farina e lievito…
Risposta. La fase fondamentale per la realizzazione del pane, quella che non può mai mancare, è sicuramente rappresentata dalla fermentazione alcolica. Si tratta di un processo riferibile a quei batteri che aggrediscono i carboidrati della farina, li riducono in molecole semplici di zuccheri e li scindono infine in due composti principali: l’alcol, appunto, e l’anidride carbonica. Quest’ultima, in particolare, viene trattenuta dalla parte elastica della farina (il glutine) e forma così degli alveoli. In questo modo, l’impasto prima e il pane formato poi, continuano a lievitare anche durante la prima fase della cottura. Nel forno, infine, l’alcol evapora e il pane raggiunge la sua forma definitiva.
D. Questo, in parole semplici, è il processo produttivo del pane. Ma il suo profumo, esattamente, da dove deriva? È la fermentazione alcolica a essere la responsabile della sua fragranza?
R. Non proprio. Tutto ciò che può essere chiamato pane passa necessariamente per questo processo produttivo, ma il profumo non dipende dalla fermentazione alcolica. Esso deriva sostanzialmente da altre tipologie di fermentazioni secondarie: principalmente quella butirrica, quella lattica e quella propionica. Ciascuna di esse è in grado di produrre una quantità incredibile di altri sottoprodotti, che sono poi i veri responsabili del profumo del pane. Si tratta di fermentazioni che richiedono tempi lunghi e un complesso processo di lavorazione. Esse tuttavia garantiscono un pane buono, gustoso, in grado di mantenere per molte ore la sua freschezza, la sua morbidezza e, quando il tasso di umidità nell’aria lo permette, anche la sua consistenza croccante. Chi vuole ridurre al minimo il tempo di lavorazione si accontenta così soltanto della fermentazione alcolica, ottenendo in questo modo un prodotto che può certamente essere comunque chiamato pane, ma che non ha niente in comune col pane cosiddetto di una volta, perché ha ben poco gusto e una capacità di durare, dopo la cottura, molto breve. È questa, peraltro, la grande distinzione tra il pane industriale e quello artigianale.
D. Posso immaginare i motivi di chi usa il pane industriale…
R. È comodo: può essere utilizzato solo quando serve, a fronte di una quantità non prevista, riducendo in questo modo gli sprechi. Oggi però esiste un’alternativa.
D. Quale?
R. Fino a ora, per i pubblici esercizi che volevano tenere in deposito del pane surgelato, era ritenuto obbligatorio acquistarlo già congelato. Oppure se volevano surgelarlo loro stessi, dovevano avere a disposizione un abbattitore di temperatura, in grado di garantire un processo di congelamento rapido. È stata questa, per lo meno, una tesi sostenuta per tanti anni dagli ispettori dell’ufficio igiene, perché veniva esteso anche al pane un principio applicato a certi alimenti con contenuto fibroso, come la carne, il pesce o le verdure. In realtà, non esiste nessuna norma specifica in tal senso per il pane, che peraltro è privo di tessuto fibroso (le istituzioni, per la verità, stanno oggi sì cambiando avviso, ma non esiste ancora una norma interpretativa ufficiale in merito, ndr). Non solo: abbiamo constatato che sottoporre il pane già cotto a un vortice di corrente d’aria molto fredda lo danneggia sensibilmente, distaccandone la crosta. È perciò decisamente meglio usare un normale congelatore, che surgela più lentamente e in modo omogeneo.
D. In conclusione?
R. I pubblici esercizi potrebbero congelare autonomamente una piccola parte di pane appena acquistato e tenerlo di riserva come scorta. I vantaggi sono evidenti: avere una consegna giornaliera di pane fresco e affrontare un consumo imprevisto utilizzando la scorta che può essere rinnovata continuamente, anche senza la disponibilità di grandi congelatori.

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