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Th Resorts: cambiare per crescere

Dalle radici alle pendici del monte Adamello, fino alla formazione di un gruppo importante, capace di interloquire con i principali attori del mercato turistico tricolore

Dalle radici alle pendici del monte Adamello, fino alla formazione di un gruppo importante, capace di interlo

Di Massimiliano Sarti, 30 Novembre 2017

L’entrata nel capitale di Cassa depositi e prestiti, le recenti acquisizioni dell’ex Atahotels di Madonna di Campiglio e del Des Alpes di Courmayeur, la cui apertura è prevista per l’inverno 2018. E molte altre novità in arrivo, tra cui la gestione di un hotel da realizzarsi nell’ex ospedale del Lido di Venezia, in collaborazione con Club Med, e con Cdp ancora nel ruolo di sviluppatore. Th Resorts gestisce oggi 20 strutture, inclusi tre alberghi dedicati esclusivamente alla montagna estiva e altrettanti operati con il marchio Touring Club. Ed è sicuramente una delle realtà più vivaci dell’ospitalità italiana. In pochi però lo avrebbero probabilmente detto quando, ormai 40 anni fa, tre giovani amici, Graziano Debellini, Ezechiele Citton e Igino Gatti, presero in gestione un rifugio semidiroccato alle pendici del monte Adamello. Nasceva allora un’idea di imprenditoria sociale di matrice cattolica ma dall’approccio laico al business, oggi sintetizzata in un trust irreversibile con sede a Londra: un fondo fiduciario dotato dagli stessi tre soci della partecipazione in una vasta galassia d’aziende. Gli interessi di Trust Humilitas, che ha l’obbligo di reinvestire i proventi nelle medesime società o in azioni caritatevoli, includono infatti molti altri settori oltre all’ospitalità, tra cui quello delle energie rinnovabili, l’immobiliare, la ristorazione e l’educazione.
Un vero salto epocale a cui non è rimasta naturalmente estranea la divisione dedicata all’accoglienza. Hotelturist spa, a cui fa capo il brand Th Resorts, è cambiata molto negli anni. A cominciare proprio dal nome del marchio, che fino al 2010 era Tivigest, quando il gruppo si limitava a gestire una decina di strutture commercializzate in esclusiva dai tour operator. «La crisi a cui è andato incontro il settore dei viaggi organizzati setto-otto anni fa ci ha spinto a cambiare strategia», racconta Giorgio Palmucci. L’attuale executive vice president di Hotelturist venne reclutato nel 2009 da Club Med, dove ricopriva la carica di direttore generale Italia, proprio per traghettare la società verso nuove dimensioni: «Con la nascita di Th Resorts», spiega infatti Palmucci, «siamo diventati una compagnia alberghiera vera e propria, in grado di distribuire i nostri prodotti su tutti i canali disponibili».
Ma l’ultimo capitolo importante della storia Hotelturist è recentissimo: ad agosto di quest’anno Cdp Equity (holding di partecipazioni del gruppo Cassa depositi e prestiti) ha infatti acquisito il 46% della società, nominando Gaetano Casertano amministratore delegato. Non solo: la stessa Cdp Equity ha pure siglato un accordo di sale & lease back per due proprietà Th Resorts e per altrettanti progetti da sviluppare al Lido di Venezia e a Celle Ligure. Il tutto a una condizione: che Hotelturist, il cui restante 54% è nelle mani dei soci fondatori (tramite il 46% della holding Solfin Turismo, confluita in Trust Humilitas) e della finanziaria Istituto di sviluppo Atesino, legata alla curia trentina (l’8%), reinvesta ancora una volta nel proprio business la liquidità così ottenuta. Ed ecco almeno in parte spiegate le ambizioni del nuovo piano strategico quinquennale (2018-2022): «Oltre alle nuove aperture già annunciate», riprende Palmucci, «siamo in dirittura d’arrivo con altri due contratti in destinazioni montane, di cui uno in fase di imminente chiusura. Per quanto riguarda il mare, invece, contiamo di firmare una struttura in Sardegna prima della fine dell’anno, mentre per il 2019 prevediamo altre tre aperture in Sicilia, in Puglia e ancora nel sud della Sardegna. Pensiamo però di svilupparci presto anche in altre destinazioni, come per esempio i laghi, al cui riguardo stiamo lavorando su un paio di dossier concreti. Ma il nostro piano strategico comprende persino un’espansione futura nelle città d’arte, dove al momento siamo presenti solo con un paio di strutture ad Assisi e a Calambrone, in prossimità di Pisa. Insomma l’obiettivo è quello di coprire quanto più possibile il territorio nazionale».

Domanda. Fino a pochi anni gestivate anche due alberghi in Svizzera, a St Moritz e in Engadina. Pensate di uscire nuovamente dai confini tricolore?
Risposta. Al momento preferiamo concentrarci sull’Italia. Anche se le due strutture elvetiche le abbiamo dovute lasciare a malincuore. Tutta colpa della svolta improvvisa della Banca centrale svizzera, che a gennaio del 2015 ha deciso di slegare il corso del franco da quello dell’euro. Il valore della moneta locale è così schizzato alle stelle, rendendo la destinazione assolutamente non competitiva. Da lì in avanti, la sola Engadina ha visto calare i propri flussi turistici del 30% – 40%.

D. Qual è il modello di business di Th Resorts?
R. Occorre diversificare tra le diverse destinazioni: la montagna estiva da una parte, il mare e la montagna invernale dall’altra. Nel primo caso la nostra offerta ha un taglio tradizionalmente 3 stelle e una vocazione prevalentemente giovane e sociale, in linea peraltro con la filosofia a monte dello stesso trust londinese. Alcuni di questi alberghi, in particolare, li abbiamo in affitto solo per i mesi più caldi dell’anno, come è avvenuto per esempio quest’anno con il Club Med Cervinia, i Grandi Viaggi di Madonna di Campiglio e il Regina e Fassa nella località trentina di Mazzin. Nel secondo caso invece si tratta soprattutto di un’offerta 4 stelle rivolta alle famiglie. Ma nel prossimo futuro non escludiamo di estendere la proposta uplevel anche alla montagna estiva.

D. Avete ancora strutture di proprietà?
R. Assolutamente no. Le ultime due, di cui peraltro eravamo solo soci di minoranza, fanno oggi capo a Cdp. E la nostra idea è quella di rimanere assolutamente asset-light

D. Qual è il vostro modello di affiliazione?
R. Inizialmente avevamo pensato di lavorare soprattutto con gli accordi di management. Purtroppo però ci siamo presto resi conto che in Italia sono pochi i proprietari disponibili a firmare tali tipologie di contratti. Ci riescono solo, e non sempre, le grandi catene internazionali. Gli ultimi deal riguardano quindi esclusivamente accordi di affitto.

D. Quale ritorno medio offrite ai vostri partner investitori?
R. Dipende molto dai singoli contesti. Diciamo però che mediamente garantiamo un 20% sul fatturato totale, compreso un minimo garantito. E che preferiamo siglare accordi ibridi, con una parte fissa e una variabile dipendente dalle performance.

D. E in termini di ritorno sull’investimento (roi)?
R. Nel comparto leisure italiano ritengo sia un indice spesso poco rilevante. Soprattutto quando si ha a che fare con proprietà di seconda o terza generazione, il cui costo di costruzione iniziale è già stato ampiamente ammortizzato. Nel caso di conversioni, ristrutturazioni o nuovi sviluppi, invece, non possiamo certo rispondere di investimenti altrui, troppe volte mal ponderati e basati su prezzi fuori mercato. È chiaro, tuttavia, che in alcuni casi, come quando abbiamo a che fare con i fondi istituzionali, siamo ben disponibili a ragionare anche in termini di roi. Stando naturalmente attenti a che il bene non sia sopravvalutato. Ecco allora che, in condizioni normali, garantiamo ritorni compresi tra il 5% e il 7%, a seconda dei contesti e delle destinazioni.

D. Quanto durano mediamente i vostri accordi?
R. Nel caso particolare della montagna estiva non vanno mai oltre i due-tre anni. Per il resto cerchiamo rapporti duraturi, che ci permettano di dare coerenza nel tempo alla nostra offerta e di offrire un prodotto di qualità, in grado di fidelizzare gli ospiti. Le interruzioni sono avvenute tutte per cause non dipendenti dalla nostra volontà: in presenza di fallimenti della proprietà, per esempio, o di titolari che non hanno voluto più investire per rinnovare i propri asset.

D. Come scegliete le strutture da gestire?
R. Siamo aperti a qualsiasi forma di partnership: incontriamo gli albergatori che ci contattano e quelli che sono attivi in destinazioni interessanti per noi. Così come collaboriamo con i principali sviluppatori oggi presenti sul mercato e parliamo con fondi e banche, per sondare le loro disponibilità, compresi i pacchetti di prestiti non performanti (npl).

D. Gli npl sono in effetti uno dei temi hot del momento. Qual è la vostra esperienza a riguardo?
R. Si possono trovare immobili interessanti. A patto però di non avere a che fare con hotel chiusi da troppo tempo o con asset legati a progetti finanziati con eccessiva leggerezza.

D. Come sono arrivate le partnership con Cdp, Touring Club, Club Med e Atahotels? E quanto conta l’aspetto relazionale in questi casi, tenendo conto del fatto che lei non solo ha lavorato per 20 anni in Club Med, ma oggi è anche il presidente di Confindustria Alberghi?
R. Non si può negare che la mia lunga esperienza nel settore, così come i 40 anni di attività di Hotelturist, abbiano aiutato molto. Soprattutto perché, nel settore, siamo oggi riconosciuti come degli interlocutori seri e abbiamo già dimostrato una buona propensione a parlare con tutti.

D. C’è qualche nuova operazione in cantiere?
R. Crediamo molto nelle partnership. In un mercato frammentato come quello italiano, c’è necessità di trovare forme nuove di collaborazione, di creare magari delle reti d’impresa, in grado di agire insieme in contesti come le attività di promozione all’estero o nell’affrontare questioni che riguardano l’intero settore, quale per esempio il costo dell’energia. Perché nel contesto di mercato attuale, il vecchio adagio «piccolo è bello» semplicemente non sta più in piedi.

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