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Superare la disabilità è possibile

Di Paola Iemmallo, 4 Febbraio 2005

A Paola Iemmallo, human resources manager di Hilton Milan, che ha positivamente sperimentato l’inserimento di persone disabili nel team della struttura milanese, abbiamo chiesto un quadro della normativa e dei suoi effetti.

Lo scorso 31 gennaio è scaduto il termine annuale per la presentazione alla Provincia di propria competenza (servizio collocamento obbligatorio e inserimento mirato dei disabili), del prospetto informativo sulla situazione degli inserimenti lavorativi di persone con diverse abilità, riportando l’attenzione delle aziende su questa tematica.
Il diritto al lavoro delle persone disabili dal 1° gennaio 2000 è regolato dalla legge n. 68 del 1999 che ha segnato il passaggio dal concetto di “collocamento obbligatorio” a quello di “collocamento mirato”. Non si è trattato di un semplice restyling terminologico ma il legislatore ha voluto creare tutta una serie di strumenti tecnici, di supporto e di sostegno in modo da inserire il disabile nella posizione lavorativa più adatta alle sue esigenze e potenzialità.
La normativa riguarda:

· persone con disabilità fisiche, psichiche o sensoriali e portatori di handicap intellettivo con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%
· invalidi del lavoro con invalidità superiore al 33%
· sordomuti, non vedenti e invalidi di guerra

e si rivolge a imprese private e pubbliche con più di 15 dipendenti. In particolare, le aziende:

· da 15 a 35 dipendenti devono avere una persona appartenente alle categorie sopraindicate
· da 36 a 50 dipendenti devono averne 2
· oltre i 50 dipendenti devono avere il 7% di persone disabili alle proprie dipendenze rispetto al totale della forza lavoro computabile.

La normativa precedente prevedeva l’obbligo d’inserimento solo per le imprese da 35 dipendenti in su, escludendo quindi una grossa parte di aziende che costituiscono la realtà produttiva italiana formata prevalentemente da piccole e piccolissime imprese. In un’ottica di maggiore responsabilità sociale delle aziende si è quindi inserito questo ulteriore step.
Tra gli strumenti a sostegno e supporto vi sono:

· la fiscalizzazione degli oneri sociali (100% per 8 anni per lavoratori con invalidità superiore al 79% e per handicap psichico e intellettivo indipendentemente dalla percentuale di invalidità, 50% per 5 anni per i lavoratori con riduzione lavorativa tra il 67% e il 79%)
· il rimborso parziale delle spese sostenute per l’adeguamento del posto di lavoro alle possibilità operative del disabile
· le convenzioni.

La valorizzazione di quest’ultimo strumento è forse in termini operativi uno degli aspetti più interessanti della nuova normativa. Grazie al sistema delle convenzioni il datore di lavoro può scaglionare nel tempo il numero dei disabili che deve assumere in azienda, aiutando così a operare nella logica di inserimento mirato. Supponiamo una nuova azienda che apra oggi i battenti e che in funzione della forza lavoro computabile debba inserire in organico 6 disabili. Senza il sistema delle convenzioni dovrebbe assumere tutte queste persone in contemporanea, causando grossi problemi all’operatività e sicuramente non procedendo nell’ottica di un inserimento mirato. La convenzione va stipulata con la Provincia di propria competenza, nella stessa deve essere citato il partner “tecnico” con cui si collabora per gli inserimenti (ad esempio i servizi per l’impiego) e deve essere chiaramente indicata la cadenza temporale delle diverse assunzioni. Annualmente poi il datore di lavoro deve aggiornare la Provincia attraverso una relazione che indichi quanto fatto nel rispetto di quanto dichiarato.
La convenzione è uno strumento messo a disposizione dalla norma ma è poi l’azienda che deve in concreto muoversi nell’ottica dell’inserimento mirato. Nella grande maggioranza delle aziende non si hanno al proprio interno le capacità tecniche per poter affrontare in autonomia questa tematica. Selezionare, assumere e gestire persone con disabilità richiede competenze diverse rispetto a quelle che normalmente utilizziamo per portare avanti le stesse fasi per le cosiddette persone “normodotate”. Il mondo della disabilità è ampio, non vi sono solo i disabili fisici ma anche gli intellettivi, i relazionali, i sensoriali, gli psichici e molto spesso, proprio perchè non si hanno conoscenze specifiche, queste disabilità spaventano, si crede che i soggetti portatori di questi handicap siano incapaci di esprimere una produttività. La realtà dei fatti di diverse aziende ha dimostrato in questi anni che può non essere così se questa tematica viene affrontata con l’impostazione corretta. Ecco allora l’importanza di percorrere il cammino dell’inserimento mirato, non da soli ma con chi opera quotidianamente con questo mondo, cosicché insieme:

· si possano costruire posizioni lavorative in linea con le necessità aziendali ma anche e soprattutto rispettose delle potenzialità del disabile
· si possano costruire percorsi formativi che puntino non solo a insegnare un lavoro (compiti o mansioni più o meno difficili) ma anche a lavorare, quindi a vivere l’azienda con le sue regole, le sue relazioni e i suoi modi di essere, costruendo un rapporto stabile e duraturo
· si possa sviluppare un sistema di “tutoraggio”, “coaching” che supporti il disabile nella quotidianità lavorativa.

L’azienda ha necessità di questo supporto esterno non solo in fase iniziale ma anche nel prosieguo del rapporto lavorativo per poter gestire in modo efficiente ed efficace le fasi di cambiamento di mansione, i processi di riorganizzazione interna e cosi via.
C’è un terzo soggetto che fino ad ora non abbiamo mai citato ma che svolge un ruolo importantissimo nella buona riuscita dell’inserimento mirato: la famiglia del disabile. Svolge un ruolo determinante

· prima dell’inserimento lavorativo, in quanto deve portare il disabile a quel minimo di autonomia che rappresenta il prerequisito necessario per andare a lavorare
· durante l’inserimento, in quanto deve aiutare l’azienda e il partner tecnico a cogliere come l’inserimento stesso venga vissuto, quali cambiamenti susciti.

Quindi se la legge 68/99 ha fornito gli strumenti, compito di chi opera in azienda è mettere a frutto questi strumenti affinché la disabilità sia superabile.

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