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Strategie in stile España?

Di Manuel Olivero (general manager Sgm conference center), 9 Giugno 2006

La storia dei centri congressi in Italia, e mi riferisco soprattutto alle piccole e medie imprese locali e private, tralasciando i colossi istituzionali, è giovane, intensa e ricca di opportunità. Opportunità, ma anche e soprattutto grosse insidie.
Non sono pochi gli esperti di turismo, in particolare di quello legato a congressi e meeting e quindi al business travel, a credere nella crescita e nello sviluppo di questa particolare tipologia di azienda ricettiva, nata per ospitare al meglio gli eventi, soprattutto in chiave internazionale.
Questo tessuto di aziende vive però un momento difficile e delicato. Credo che il dato più allarmante emerga dall’Osservatorio congressuale italiano dell’università di Bologna, che esprime sinteticamente le difficoltà dei centri congressi.
L’egemonia degli hotel è indiscussa. Più dell’83% degli incontri congressuali si svolge negli alberghi. Quasi il 14% in sedi atipiche. La fetta che rimane per i centri congressi è un preoccupante 1,37%. Se è vero, come è vero, che il dato va letto anche in base alla proporzione che esiste fra presenza di alberghi e presenza di centri congressi sul territorio, è anche vero che il sistema congressuale italiano ha relegato al margine l’attività dei conference center.
Il dato diviene ancora più allarmante allorquando il confronto si sposta sul territorio spagnolo, ormai per tutti punto di riferimento e guida europea del pianeta eventi. Il dato spagnolo indica che circa un evento su due (il 50%) si svolge in una struttura congressuale pura, in poche parole in un centro congressi.
In questa sede sarebbe difficile analizzare in maniera sistemica i perché oggettivi di questi numeri. Occorrerebbe una ricerca onerosa sotto tutti i profili. Si vorrebbe piuttosto lanciare qualche spunto di riflessione: capire e intuire insieme i perché di uno stato di fatto emblematico. Cerchiamo, punto per punto, di verificare qualche possibile criticità e interrogativo.
Il dato economico è costruibile in maniera lampante. L’hotel garantisce un servizio integrato maggiore e a costi sicuramente inferiori. La presenza in loco di ricettività consente un risparmio complessivo non indifferente, visto che viene superato il problema dei trasporti. Proprio il trasporto diventa, a livello logistico, un vantaggio per il congressista. La presenza di una ristorazione interna consente un rapporto qualità-prezzo di livello. In poche parole, a una buona qualità media dei servizi, corrisponde un risparmio economico di livello soddisfacente, per il cliente finale e per il pco (organizzatore professionale di congressi) che intermedia e che, in fase di consulenza, elimina molti passaggi organizzativi e semplifica i rapporti con i referenti della location, di solito non più di due persone che, in più, sono colleghi e interagiscono fra loro quotidianamente.
Il centro congressi ha mediamente una qualità maggiore, ma a volte costringe i congressisti a spostamenti per raggiungere gli hotel nel pernottamento. Inoltre il conference center, di solito, ha un catering esterno e questo viene spesso percepito come un punto a sfavore. In fase organizzativa il meeting planner dell’azienda oppure il consulente (pco) hanno la percezione di dover costruire l’evento con un numero maggiore di passaggi. E se pur riconosce la qualità media del prodotto/servizio, anche se di poco, superiore, non valuta questo elemento decisivo ai fini della scelta definitiva della location.
Ma un dato forse ancora più inquietante, a mio personale e modestissimo modo di vedere, è che manca una cultura di base del settore incline all’utilizzo dei centri congressi. A oggi credo vi sia una grossa sottostima di queste strutture, a volte ritenute fuori dalla portata o inadatte alle manifestazioni congressuali. In questo senso, una chiave nuova di lettura potrebbero darla i convention bureau territoriali, enti di promozione del prodotto congressi che ormai si contano in discreto numero in vari distretti nazionali e che, secondo me, dovrebbero dare risalto ai conference center.
Bisognerebbe integrare al meglio i servizi del banqueting, dei trasporti ma anche degli hotel, affinché i centri congressi si possano ritagliare quella fetta di mercato che dovrebbe competergli ma che, in Italia, ancora non hanno. Questo non a scapito degli hotel, ma a favore degli stessi. Se gli eventi nazionali o internazionali, che fuggono dal made in Italy, trovassero sede nei centri congressi che per alcune tipologie di evento (workshop, per esempio) rappresentano il massimo della logistica, a beneficiarne sarebbe tutto il sistema. Qui si parla non di togliere quote di mercato agli hotel, ma di far crescere il numero di eventi sul territorio nazionale nei centri congressuali, e quindi di favorire anche gli hotel, che vedrebbero inalterati i loro eventi e aumenterebbero l’occupazione media delle camere.
Guardiamo alla Spagna con rispetto, ma prendiamo coscienza che nulla abbiamo da invidiare ai cugini iberici e che forse, nella crescita dei conference center, può passare una parte del rilancio del nostro prodotto turistico congressuale nei mercati internazionali.

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