Riceviamo da un nostro lettore la seguente lettera, che induce a qualche riflessione.
Egregio direttore,
Lo scrittore Carlo Levi scrisse, che le parole sono pietre.
A volte sono inganni. Come per la parola stage, che in Italia ha assunto il sinonimo di “senza retribuzione”. Accade sempre più spesso, e anche in campo alberghiero, di trovare annunci di lavoro, dove si cercano neodiplomati per stage con possibilità di assunzione. Lo stage dura dai tre ai sei mesi, quasi mai retribuito, oppure retribuito con pochi euro e chi accettaspera di essere assunto se non a tempo pieno almeno part time.
Ma l’amara sorpresa è che passati i mesi di prova (durante i quali si viene oberati di lavoro), arriva una lettera in cui il direttore di turno si dichiara spiacente, ma non può più tenere al lavoro la persona in questione, la quale però si è dimostrata brillante e all’altezza dei compiti assegnati.
E così, con questo giochetto, si evita di versare contributi, di pagare il giusto e si riesce ad avere sempre manodopera. In tempi di crisi lavorativa come questi è una vera e propria pacchia, per le strutture alberghiere e non.
Sarei felice di essere smentito, ma ho i miei dubbi.
Cordialmente.
Massimiliano Sciò
portiere d’albergo, Roma
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