Domanda. Come ha maturato questa convinzione?
Risposta. Osservando semplicemente la realtà che ci circonda: la vita si fa sempre più complicata; l’evoluzione tecnologica, se da un lato ci porta grandi benefici, dall’altro costringe anche il mondo ad andare a velocità per cui non è stato programmato. E noi con lui. Lo stress, perciò, è diventato un fattore critico per molti: sono sempre di più le persone che cercano soluzioni per non invecchiare troppo in fretta e mantenersi in salute, con la mente fresca e allenata; per prendere, insomma, la propria vita con gioia. Tutte esigenze fondamentali per l’uomo contemporaneo, che la mia idea di spa intende soddisfare, venendo incontro alla crescente domanda di spiritualità, senza tuttavia mai sconfinare nel delicato campo della religiosità.
D. E come si traduce in termini pratici tale visione?
R. Immagino un complesso di media grandezza, da 80-120 camere, con tutti i servizi indirizzati al wellness; una struttura 4 o 5 stelle (ma le stelle non contano tanto, basta che i clienti siano soddisfatti), situata in una bella location lontana dai centri urbani e inserita in un contesto paesaggistico di eccezione: in collina, in montagna, oppure sul lago o in riva al mare.
D. Pensa a un hotel indipendente?
R. Sinceramente non credo che una grande catena alberghiera avrebbe successo in questo settore. Anche perché i loro brand ormai sono connotati con precisione, con un’immagine consolidata difficile da riconvertire in direzione di un’offerta wellness di questo genere. Diverso il discorso se qualche gruppo internazionale decidesse di lanciare un nuovo marchio specificamente dedicato al segmento. Per ora, però, meglio pensare a un complesso individuale. A patto, naturalmente, che sia fatto bene e con tanti servizi.
D. Già, come dovrebbe essere strutturata l’offerta di un resort di questo genere?
R. C’è un’efficace espressione inglese che potrebbe riassumere bene il concetto di benessere a cui penso: «less pampering more health», che tradotta in italiano significa «meno coccole e più salute». Oggi, peraltro, si fa spesso un uso eccessivo della parola spa, che viene utilizzata anche per indicare piccoli spazi wellness composti da un paio di macchinari e un lettino. Per il progetto che ho in mente, però, non bastano neppure i servizi di una spa ben attrezzata. A questi dovrebbe, infatti, essere aggiunta una serie di programmi specificamente pensati per migliorare la vita e la salute dei clienti: percorsi di meditazione guidata, esercizi per la mente e tecniche di respirazione, nonché corsi di stress management e di gestione delle relazioni con gli altri. E poi occorrerebbe pensare anche a un’offerta ristorativa in linea con la filosofia generale del complesso, attenta cioè all’equilibrio alimentare degli ospiti. L’ideale, inoltre, sarebbe condire il tutto anche con campi da tennis e da golf per i più sportivi, magari con la possibilità di usufruire pure di un’offerta termale di qualità. L’importante, infine, è non invadere mai il campo medicale, per non dare l’impressione ai propri ospiti di trovarsi in una clinica. Al massimo, su richiesta, si potrebbero garantire alcuni check-up base, come quelli della pressione e del colesterolo, ma nulla di più.
D. E il personale? Dove trovare i collaboratori necessari a far funzionare una struttura dall’offerta tanto articolata?
R. Per le risorse specializzate si possono stringere delle partnership con gli operatori e le organizzazioni che già operano in questo settore. Mi vengono per esempio in mente alcune associazioni indiane, attive con progetti e programmi specifici dedicati al pubblico occidentale. La cultura orientale, infatti, vanta una tradizione millenaria nel campo delle pratiche legate al benessere psico-fisico dell’individuo. La restante parte dei collaboratori, poi, dovrebbe essere costituita da persone convinte del progetto, da valorizzare quindi con training specifici, mirati soprattutto a sviluppare quelle skill più legate alla cura dei rapporti psicologici con gli ospiti.
D. A quale tipologia di clientela sta pensando, in particolare?
R. In realtà non c’è limite al mercato potenziale di questa offerta wellness. Chi non vuole conoscere la ricetta per vivere meglio? È però probabile che, a rivolgersi a una struttura di questo tipo, possano essere manager e professionisti di mezza età, diciamo dai 45 anni in su, magari accompagnati dai rispettivi coniugi per una settimana, dieci giorni di assoluto relax e di ricarica della mente e dello spirito.
D. Un’ultima domanda, ma particolarmente importante: quali potrebbero essere i tempi necessari a recuperare il capitale investito?
R. Difficile dirlo con precisione, dato il vasto numero di variabili che qualsiasi progetto alberghiero deve prendere in considerazione. Diciamo, però, che con un complesso di questo genere, realizzato in una location con un costo del terreno non eccessivamente alto, oppure tramite la riconversione di strutture già esistenti, e dopo una fase iniziale di ingenti spese promozionali necessarie a far conoscere il nuovo prodotto e a generare un passaparola virtuoso, si dovrebbe riuscire a recuperare l’intero investimento in circa una decina d’anni.
Un grande protagonista dell´hôtellerie
Nato in Italia, a Castignano, nei pressi di Ascoli Piceno, Giovanni Angelini è stato per nove anni ceo e managing director del gruppo Shangri-La Asia. Prima di approdare in tale compagnia alberghiera nel 1993, come vice president operations e general manager dell’Island Shangri-La di Honk Kong, Angelini ha lavorato anche per Westin Hotels & Resorts in tre differenti continenti. Il suo ultimo incarico in tale compagnia, dove è rimasto dal 1978 al 1993, è stato quello di senior vice president Asia-Pacific, in contemporanea alla conduzione dei Westin Stamford e Westin Plaza di Singapore. Prima ancora, Angelini ha collaborato con American Hotels e con il Peninsual group. Numerosi anche i riconoscimenti accumulati durante la propria lunga carriera, tra cui quello di commendatore della repubblica, nonché di Asia Pacific hôtelier del 2005 e di Corporate hôtelier of the world 2006.
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