In Italia ci sono circa 32.000 alberghi, di cui però solo una minima parte appartiene a gruppi o fa parte di catene con un marchio noto. Dal dopoguerra in poi si è assistito ad una progressiva, seppur lenta, crescita delle dimensioni degli alberghi ed ora, che il mercato è più competitivo e non è più solo domestico ma soprannazionale, gli alberghi si domandano se le loro dimensioni e le competenze di cui dispongono sono tali da consentire, non solo la sopravvivenza ma, soprattutto, lo sviluppo. Queste domande se le sono già poste, prima di noi gli operatori di molti paesi ed hanno trovato risposta in strumenti quali il franchising ed il management, tanto che i marchi più noti operanti nel settore contano centinaia di migliaia di camere di strutture affiliate e i top, Cendant e Intercontinental, con i vari marchi, hanno abbondantemente superato le 500mila.
Ormai, nella generalità, il franchising, anche nel nostro paese, è una pratica diffusa (è sufficiente pensare a Mc Donald’s o Pirelli Re) mentre nel settore alberghiero non è ancora riuscito a sviluppare compiutamente la propria proposta ed a trasmettere le proprie potenzialità. Parliamo di franchising, ma già il management si presenta come strumento alternativo ed oltre a questi strumenti si assiste continuamente a offerte di aggregazioni sotto marchi e con programmi più o meno condivisibili.
Ecco, la difficoltà poi di scegliere in un numero enorme di proposte, quella che meglio si attagli ai propri bisogni, ha indotto Job in Tourism e Advisor di Paolo Bonelli a dedicare a questo tema il primo dei convegni / seminari che, con il nome di Conference, verranno proposti al settore con l’obiettivo di approfondire tematiche di interesse operativo che spesso, per mancanza di tempo o di opportuni riferimenti, non vengono adeguatamente considerate.
Sabato scorso ho acquistato un libro della collana di economia della Etas e mi ha colpito la frase riportata in quarta di copertina, che dovrebbe fornire lo spunto per una riflessione: “Il messaggio di ottimismo di questo libro è che si può fare meglio. E, in questo momento storico, si deve fare meglio”.
Vediamo se riusciamo a stabilire come.
We can and must do better
In Italy there are approximately 32,000 hotels, of which only a small fraction belong to groups or to hotel chains with known brands. Since after the war we have been witnessing a progressive, albeit slow, growth in the size of hotels, and now – when the market is most competitive, and is no longer just domestic, but supernational – hotels are wondering if their size and capabilities are sufficient to ensure their survival and – above all – their development. The same questions were asked by the businesses of many other countries before we did, and they found a reply in tools such as franchising and management, so that the best-known brands of the industry have hundreds of thousands of hotel rooms in affiliated establishments.
Generally speaking, franchising is by now a widespread practice in our country as well (we need only think of Mc Donald’s or …….. ), but in the hotel sector it has yet to develop a convincing proposal and to unfold its potential. That is true for franchising, but even management can be an alternative tool and, in addition to this, there is a constant pressure towards aggregation, under brands and in view of plans which may be more or less responding to our preferences.
The difficulty in choosing the most adequate response to one’s needs from an enormous amount of proposals has prompted Job in Tourism and Paolo Bonelli’s Advisor to devote to this issue the first meeting/seminar of a series, which – under the name Conference – will be proposed to the tourist industry with the purpose to analyse themes of operational interest that are often not adequately dealt with for lack of time or support.
Last Saturday I bought a book of the Etas economy series, and I was impressed by the sentence appearing on the fourth cover page, which can stimulate reflection: “This book’s optimistic message is that we can do better. And, in this historical junction, we must do better”.
Let’s see if we manage to establish how.
Translation of the Italian
editorial by Paola Praloran
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