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Settimana lavorativa “corta”, il sentiment degli italiani

Dopo il successo dell'esperimento inglese, anche in Italia si discute sempre più di una rimodulazione dei tempi del lavoro: ecco cosa ne pensano gli italiani

Dopo il successo dell'esperimento inglese, anche in Italia si discute sempre più di una rimodulazione dei te

Di Job in Tourism, 28 Febbraio 2023

È un tema del quale si discute sempre più spesso, quella della settimana lavorativa “corta” di quattro giorni. Dopo il successo dell’esperimento condotto nel Regno Unito nella seconda metà del 2022 su un campione di 61 aziende, che ha coinvolto poco meno di 3mila lavoratori – il più ampio test condotto sulla rimodulazione degli orari lavorativi mai fatto fino ad ora – la proposta è stata rilanciata anche in Italia dai sindacati, che nei giorni scorsi si sono detti pronti a formulare un piano concreto da presentare al Governo. Questo mentre alcune aziende private, come Lavazza e Banca Intesa, già da alcuni mesi stanno facendo prove in tal senso.

Gli italiani e la settimana “corta”

Ma cosa ne pensano gli italiani? A sondare il sentiment dei lavoratori sulla possibilità di rimodulare l’organizzazione orario del lavoro era stato lo scorso autunno l’ADP Research Institute in un’indagine condotta a livello globale, con focus anche sull’Italia. Dallo studio era emerso come il 56% degli italiani intervistati fosse disposto a passare alla settimana lavorativa da 4 giorni, portando a 10 ore l’impegno di lavoro giornaliero, così da ottenere un maggiore equilibrio tra vita privata e professionale. Pari al 35%, invece, la quota di coloro disponibili a ridursi lo stipendio nell’ottica sempre di un migliore work-life balance. Il 26% degli intervistati, invece, accetterebbe una riduzione media del 9,9% dello stipendio se questa garantisse loro la flessibilità di decidere come strutturare le ore lavorative, anche senza una riduzione dell’orario di lavoro settimanale.

Nuovi bisogni

La questione è certamente complessa e, sperimentazioni a parte, se pensata a livello sistemico comporterebbe non pochi nodi da affrontare di natura economica, oltre che di organizzazione dei tempi del lavoro e della vita sociale. Senza contare che in alcuni settori, proprio come nell’ospitalità e nella ristorazione dove già si lavora su turni molto stretti, una revisione in tal senso risulterebbe di ancor più difficile attuazione. Eppure, come ha sottolineato Marcela Uribe, General Manager di ADP Southern Europe a proposito dei dati italiani, “i lavoratori riflettono molto più di prima su ciò che desiderano dal lavoro e dalla vita. Le aziende farebbero bene a non ignorarli. Ovviamente non sarà possibile accettare tutte le richieste o soddisfare tutti i lavoratori, ma capire i punti di vista globali della forza lavoro consentirà loro di attrarre e fidelizzare i talenti ed elaborare piani per il futuro. I reparti delle risorse umane svolgono l’importante ruolo di mediare tra le parti, aiutando ad allineare necessità e aspirazioni. Data la posta in gioco – ha evidenziato ancora – non sarà certo un compito facile, ma chi riuscirà a portarlo a termine riceverà in cambio una forza lavoro più stabile, impegnata e produttiva”.

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