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Settimana bianca, costi “proibitivi”

Continuano a crescere i costi delle vacanze invernali in montagna, che Federconsumatori definisce "proibitivi". Da Legambiente l'appello per una revisione in chiave sostenibile dell'offerta turistica

Continuano a crescere i costi delle vacanze invernali in montagna, che Federconsumatori definisce "proibitivi

Di Job in Tourism, 25 Gennaio 2024

“Proibitivi”: così li definisce Fedeconsumatori. I prezzi per la settimana bianca continuano a crescere e – ha stimato l’Osservatorio Nazionale dell’associazione – hanno raggiunto quote molto elevate: per una famiglia di 4 persone, il classico soggiorno 7 giorni/6 notti in una delle principali località sciistiche di Veneto, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Lombardia, Abruzzo e centro Italia, è stimato mediamente a 7.104,96 euro, l’11% in più rispetto alla stagione precedente.

Tutti i rincari

I rincari maggiori interessano il costo dello skipass settimanale (+18%), ma crescono anche quelli per il noleggio dell’attrezzatura (+10%) e del soggiorno in hotel (+13%). Aumenti che, proprio per quanto riguarda la ricettività, rischiano di ripercuotersi contro gli stessi albergatori. Se è vero, infatti, che le presenze in montagna continuano a essere molto elevate, è anche vero che, pur di non rinunciare alla vacanza – stima Federconsumatori – tante famiglie stanno scegliendo di ridurre la durata del soggiorno a 3-4 giorni, anche optando per soluzioni extra-alberghiere meno costose, come appartamenti, b&b e ostelli.

La Regione in cui si conferma più costosa la settimana bianca è il Veneto, con un costo di 2.113,17 euro a persona. Decisamente meno costoso risulta trascorrere la settimana bianca in una delle località dell’Abruzzo o del centro Italia: in questo caso la spesa si aggira attorno ai 1.442,72 euro a persona.

E se la neve non c’è?

Intanto, Legambiente, in occasione della Giornata Mondiale della Neve che si è celebrata nei giorni scorsi, ha diffuso un’anticipazione del suo report annuale “Nevediversa”, che sarà pubblicato in primavera, rilanciando l’importanza di innovare l’offerta turistica montana invernale in chiave sostenibile, anche a fronte di un dato di contesto ambientale determinante: di neve ce n’è sempre meno e sempre di peggior qualità. Tanto che nel nostro Paese  – ha calcolato – il 90% delle piste da sci sono ormai innevate artificialmente (è la quota più alta di tutti i Paesi dell’arco alpino), con un dispendio di acqua calcolato in 97 milioni di m3: il quantitativo pari al consumo idrico annuale di una città di 1 milione di abitanti.

Non a caso, già lo scorso anno, erano risultati 249 gli impianti dismessi in alta quota, proprio per mancanza di neve (12 in più rispetto al 2022). Una situazione che incide, a cascata, anche sui prezzi dei servizi turistici legati allo sci che, ha ricordato sempre Federconsumatori, rendono sempre più élitaria la vacanza ad alta quota.

Obiettivo diversificazione

“Per L’Italia le prospettive degli anni a venire sono quelle di avere meno neve in quota, tenendo presente che quando c’è è una neve che dura poco”, ha spiegato Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi Legambiente, che nel report ha individuato una serie di “buone pratiche” di turismo montano sostenibile, senza neve. “Se le precipitazioni nevose non sono più la normalità dei nostri inverni, allora dobbiamo ripensare complessivamente il nostro rapporto con la neve, beneficiarne quando arriva e non pretenderla a tutti i costi quando non c’è. Bisogna andare oltre, lavorare sulla diversificazione dell’attività turistica sostenibile, su nuove forme di adattamento, perché il Paese paga già lo scotto di un accanimento terapeutico senza tener conto della crisi climatica che avanza e degli oltre 200 impianti dismessi e abbandonati che abbiamo censito nel 2023 sulle montagne italiane”.

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