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Se outsourcing fa rima con qualità

Di Marco Bosco, 18 Giugno 2010

Come gestire il processo di esternalizzazione. È stato questo il tema principale della tappa felsinea dell’evento sul cost saving organizzato da HotelVolver e Job in Tourism. «Credo sia difficile oggi pensare di tornare all’epoca in cui gli hotel mantenevano tutti i servizi al proprio interno», ha spiegato il general manager dello Starhotels Excelsior Bologna, Michele Palma. «E non solo per una semplice questione di costi: i ruoli all’interno dell’albergo stanno raggiungendo un tale livello di specializzazione, che sarebbe assai arduo riportare tutto sotto una gestione diretta. Anche solo per la difficoltà di reperire le competenze necessarie».
Non è unicamente una questione di costi, insomma, «perché esternalizzare, contrariamente a quello che alcuni ritengono», è intervenuto Franco Grassi, amministratore delegato di Hotelbox, società parte di HotelVolver dedicata alla fornitura di servizi di yield management, controllo di gestione e strategie commerciali, «significa anche migliorare la qualità del servizio. Certo, occorre rivolgersi a partner affidabili, capaci di portare professionalità ad alto valore aggiunto».
Non solo: «Bisogna anche spostare gli obiettivi dei propri sforzi dal tasso di occupazione alla gestione della marginalità», ha ripreso Palma. «È chiaro, infatti, che i costi dell’esternalizzazione aumentino al crescere del riempimento dell’hotel. La curva dell’utilità marginale delle prenotazioni ha perciò, a tariffe costanti, un culmine che non corrisponde esattamente alla piena occupazione, ma a un livello leggermente più basso».
Per Roberto Boccacelli, titolare dell’hotel Montreal di Firenze, però, l’esternalizzazione non è l’unica soluzione possibile alla questione cost saving: «Ci sono anche altre strategie, che in alcuni contesti, soprattutto quelli delle realtà più piccole, possono rivelarsi più convenienti». «In realtà», ha confermato sincero Massimiliano Tricca, amministratore delegato del gruppo Cegalin, azienda HotelVolver, specializzata in pulizie d’albergo e organizzazione del lavoro, «l’esternalizzazione apporta grandi benefici soprattutto alle imprese alberghiere che rispondano a determinati parametri: gli hotel con meno di 40 camere e a conduzione prevalentemente familiare, per esempio, non sono certo i nostri target di mercato principali. Ma anche gli hotel che registrano tassi di occupazione costanti nel tempo ricorrono poco all’esternalizzazione».
Non si tratta però, in quest’ultimo caso, di situazioni particolarmente diffuse. Anzi, recentemente gli hotel business stanno avendo a che fare con un fenomeno relativamente nuovo, che sta portando la domanda a concentrarsi soprattutto nei primi quattro giorni della settimana. «Per molte strutture a vocazione business», ha raccontato, infatti, Leandro Modelli, direttore dell’Aemilia hotel di Bologna, «il venerdì è ormai un giorno quasi equiparabile al resto del weekend, in termini di livello della domanda. Mi chiedo, perciò, come si gestiscano, in questi casi, i rapporti con i fornitori di lavoro in outsourcing».
Con il dialogo e la chiarezza di comunicazione. Almeno secondo Tricca, che ha spiegato come la propria azienda programmi la fornitura dei servizi in base ai colloqui con gli alberghi partner: «Sono i nostri referenti di area a occuparsi dell’organizzazione dei turni. È fondamentale però il momento iniziale: quello dei primi colloqui con i nuovi clienti. Sulle informazioni ricevute, infatti, noi parametriamo le nostre attività. Dopodiché, grazie alla nostra organizzazione e alla flessibilità delle norme contenute nel Contratto nazionale del lavoro Federalberghi, che noi applichiamo, siamo in grado di rispondere adeguatamente alle fluttuazioni della domanda».
Proprio la materia Ccnl, infine, è stata lo spunto per discutere di un altro tema caldo in materia di outsourcing. «L’esternalizzazione», ha, infatti, osservato ancora Boccacelli, «può avere ripercussioni negative sulla fidelizzazione del cliente interno. E i dipendenti costituiscono la risorsa fondamentale di qualsiasi hotel».
Ancora una volta, però, è l’affidabilità dell’azienda partner a fare la differenza. A cominciare dalla stessa applicazione del Ccnl, che garantisce ai collaboratori della società outsourcing tutte le garanzie di un pari ruolo direttamente assunto in albergo. «Per il resto», ha precisato Liliana Meggiolaro, della divisione commerciale Cegalin, «la nostra gestione del personale non differisce molto da quella di un hotel. Anche perché sarebbe poco logico anche per noi continuare a spostare le risorse da un albergo all’altro. È chiaro allora come i nostri collaboratori normalmente vengano mandati sempre negli stessi hotel».

Il core business

L’outsourcing nasce soprattutto dall’esigenza di dare in appalto a società terze la gestione di determinati servizi, per razionalizzare i costi e migliorare le performance di un hotel. Solitamente, inoltre, si dice che, in linea teorica, è possibile esternalizzare ogni comparto di un albergo, tranne quei settori che rappresentano il core business dell’azienda. Ma qual è il core business di un albergo? È questo un argomento particolarmente interessante, che ha acceso un mini-dibattito tra i presenti all’appuntamento felsineo sul cost saving. «È vendere le camere», ha così asserito Leandro Modelli. Mentre Roberto Boccacelli ha esteso un po’ il concetto arrivando a parlare di ospitalità nel senso più ampio del termine. Il direttore del B4 di Bologna, Gabriele Ioseffini, che ha ospitato l’evento, ha invece introdotto il concetto di viaggio esperienziale, arrivando poi a dirsi convinto che il core business alberghiero abbia subito una sorta di evoluzione verso un modello per qualche verso simile a quello delle low cost: «In una realtà in cui i margini si fanno sempre più ristretti, la commercializzazione delle stanze è diventato uno strumento di revenue, ma non l’unico. Vendere camere, a volte, significa attrarre degli ospiti a cui offrire servizi extra: dai trattamenti della spa alla ristorazione, fino alla commercializzazione di gadget e oggetti collegati al brand, all’hotel o alla destinazione».
A concludere simbolicamente il dibattito, Franco Grassi, che è tornato a sottolineare l’importanza primaria, per l’industria alberghiera, della vendita delle camere, precisando tuttavia che un ruolo importante può assumere anche l’up-selling: «Capire quali siano le esigenze degli ospiti e provare a proporre loro nuovi servizi atti a soddisfarli è un’attività che può portare a buoni risultati, integrando proficuamente il revenue primario proveniente dalla commercializzazione delle camere».

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