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San Domenico Palace, alla scoperta del “miglior hotel al mondo”

È tornato alla ribalta internazionale come location d’eccezione di una serie di successo e ha appena vinto il premio Virtuoso come miglior hotel al mondo: l’anno d’oro dello storico hotel di Taormina nel racconto del General Manager Lorenzo Maraviglia

È tornato alla ribalta internazionale come location d’eccezione di una serie di successo e ha appena vinto

Di Silvia De Bernardin, 20 Settembre 2023

È arrivato anche uno dei riconoscimenti più prestigiosi dell’hôtellerie – quello di Virtuoso – a suggellare l’anno d’oro del San Domenico Palace. Lo storico hotel di Taormina, che due anni fa ha riaperto le proprie porte agli ospiti sotto le insegne Four Seasons, è stato premiato nelle scorse settimane come “Best Hotel 2023” dall’esclusivo network internazionale di agenzie specializzate in viaggi luxury. Un premio che arriva dopo la ribalta globale ottenuta quest’anno grazie a The White Lotus, la serie tv americana prodotta da HBO con la regia di Mike White – e con la nostra bravissima Sabrina Impacciatore nel ruolo della direttrice della struttura – che della vita di un hotel di lusso racconta, in chiave cinematografica, i protagonisti, la vita e i segreti e alla quale il San Domenico Palace ha fatto da location d’eccezione. Al punto da diventarne quasi la protagonista e, come già fu nel lontano 1960 con L’Avventura di Michelangelo Antonioni, far sognare l’Italia e Taormina a milioni di spettatori nel mondo. Un destino insito nel dna di questo antico convento siciliano che, diventato albergo alla fine dell’Ottocento, non ha mai smesso di attirare scrittori, artisti e gente del cinema. E che oggi è tornato a essere punta di diamante di una destinazione unica, che sta scrivendo una nuova pagina della sua storia, come ci racconta il General Manager Lorenzo Maraviglia in questa intervista dal numero di questa settimana del magazine di “Job in Tourism” (che potete leggere qui).

Il “Best Hotel 2023” è un riconoscimento prestigioso per un hotel iconico come il San Domenico Palace, che vanta una storia antica. Qual è l’essenza della sua ospitalità oggi?

Quello di Virtuoso è un premio importante, che è tornato in Italia dopo molto tempo, in un anno che ha visto la forte ripresa del turismo nel nostro Paese. Lo è per la Sicilia, che questo riconoscimento non lo aveva mai avuto, e in particolar modo per la nostra destinazione, Taormina, che da “vecchia gloria” del lusso sta tornando ora allo sfarzo di un tempo. Un rinascimento al quale Four Seasons ha dato una grande spinta rispetto a un mercato – quello del lusso – che qui come in tante parti del mondo funziona poi da traino per il turismo tutto. Oggi i nostri clienti cercano esperienze che siano il più autentiche possibile, ciò che apprezzano di più è entrare nel tessuto sociale della destinazione, vedere e frequentare i luoghi della gente del posto. È come se un certo tipo di clientela si fosse allontanata dalla vita “vera” e in vacanza volesse tornare a sentirsi “normale”. Ecco, in questo il San Domenico Palace vince facile perché è circondato da autenticità ed esperienze naturalistiche, artistiche, culturali, enogastronomiche e umane incredibili. Tutto collegato a una struttura molto efficiente, con standard internazionali e un livello di servizio che il Sud Italia garantisce essere empatico ed emozionale. In chi lavora qui c’è una grande passione, che i nostri ospiti riescono a toccare con mano – e che certamente va anche gestita, ma questo è il mio compito.

In che modo? Come si esercita la leadership nell’hotel riconosciuto come il migliore al mondo?

Credo che la cosa fondamentale sia stata, quando due anni fa siamo partiti con Four Seasons, andare a toccare corde emozionali capaci di creare senso di appartenenza. Four Seasons è stata una delle prime grandi compagnie del lusso a scommettere e a investire sulla Sicilia, una grande opportunità – anche di rivalsa – per questa destinazione. È stato importante far capire ai siciliani – che oggi sono il 95% dello staff – che non stavamo solo aprendo un hotel, ma che questa poteva essere un’occasione per Taormina e la Sicilia tutta di far capire quanto potenziale la destinazione avesse. Due anni dopo abbiamo ottenuto il premio come miglior hotel al mondo: credo che la scommessa sia stata vinta. Oltre ai riconoscimenti, l’hotel sta avendo risultati finanziari importanti, più alti delle aspettative: tutto ciò contribuisce a creare una spirale estremamente positiva. Dal punto di vista della leadership, credo che la chiave sia stata, insieme a Four Seasons, riuscire a dare la giusta prospettiva a tutti e cinque i nostri stakeholders: la proprietà, il brand, i nostri clienti, i nostri collaboratori e la comunità locale.

Che profilo bisogna avere per lavorare al San Domenico Palace?

Dipende chiaramente dai ruoli. Se si cercano figure apicali, la storia personale, il curriculum e l’esperienza tecnica sono molto importanti. Per quanto riguarda i ruoli entry level, invece, non abbiamo grandi richieste tecniche. Il mondo è cambiato: una volta le competenze professionali erano molto più importanti di quelle attitudinali, oggi lo sono di più quelle umane. Anche la clientela dà più valore alle doti umane – in questo una grande mano ce l’ha data la tecnologia, che in alcuni ambiti fa gran parte del lavoro tecnico lasciando più spazio all’interazione tra le persone. È per questo che noi chiediamo ai nostri collaboratori chi sono, quali sono i loro valori, cosa pensano della vita, come vivono la loro di vita, quali sono le loro passioni: è da questo che capiamo se sono persone da Four Seasons oppure no. Quest’anno abbiamo assunto persone da pizzerie locali, che avevano pochissima esperienza e sono diventate dei camerieri fantastici perché hanno l’attitudine giusta. Questo è il requisito fondamentale: essere allineati alla cultura Fous Seasons.

Chi sono, invece, gli ospiti, come profilo e come mercati di provenienza?

Il mercato di provenienza fondamentale per noi è quello americano, come credo quest’anno lo sia stato per tutto il settore lusso in Italia. È una clientela molto piacevole e aperta, che apprezza l’Italia forse più degli italiani stessi, che si lascia impressionare e coinvolgere e che negli ultimi anni ha anche aumentato la propria conoscenza culturale ed enogastronomica. Oggi il turista americano, quando viene in Italia, si prepara e sa apprezzare in modo più ampio ciò che vive. Certo, per noi – come per tutti – può essere un rischio essere esposti a un solo segmento, per questo investiamo e cerchiamo di aprirci ad altri mercati. Taormina era destinazione molto ambita da quello asiatico e russo, che ora sono più chiusi e che speriamo riprendano a breve. Poi ci sono quelli del Nord Europa e del Sud America, che già ci stanno dando segnali importanti e crediamo avranno una crescita significativa nei prossimi anni. In particolar modo il mercato brasiliano, che ha cominciato a viaggiare tantissimo in Italia, spende bene e, un po’ come gli americani, conosce e sa apprezzare, che per noi è la cosa più importate: avere un ospite che riconosce il valore di ciò che ha vissuto e lo racconta alla propria comunità.

Per quanti forse non lo conoscevano – e non conoscevano la sua storia legata anche al mondo del cinema – il San Domenico Palace è diventato quest’anno la meravigliosa location della serie di successo The White Lotus. Che esperienza è stata, per lei e per lo staff, ospitare le riprese?

Un’esperienza incredibile. Sono stati tre mesi nei quali abbiamo toccato con mano un livello di professionalità altissimo, con una produzione e budget molto importanti. In più era inverno, mesi per noi di bassa stagione, e questo ci ha dato la possibilità di entrare in contatto con i produttori, gli attori, i tecnici con i quali uscivamo a cena o ci trovavamo al bar a fine giornata. È stato, anche dal un punto di vista umano, un viaggio interessante. In più alcuni di noi sono stati coinvolti nelle riprese, come il nostro bar manager e molti dei nostri ragazzi, che hanno fatto le comparse e si sono sentiti parte del progetto. The White Lotus è stato importante perché ha dato grande visibilità alla destinazione, all’hotel e alla bellezza dei nostri scenari naturali a tal punto che tante volte mi è stato domandato quanto avessimo pagato per fare da location e, invece, sono stati loro a pagare noi.

Si è parlato addirittura di un “effetto The White Lotus” sul turismo a Taormina: è stato così?

Da un punto di vista pr e conversione booking assolutamente sì. Già dalla messa in onda dei primi episodi negli Stati Uniti, lo scorso novembre, abbiamo notato un volume di traffico e di booking sul sito davvero importante. L’effetto non c’è stato soltanto per noi, ma per Taormina tutta proprio perché la serie è riuscita a valorizzare non solamente l’hotel, ma le esperienze e la bellezza di questi luoghi.

Oltre agli spazi fisici, c’è qualcosa della vita del vero San Domenico Palace nell’hotel che ospita le vicende della serie? Il suo successo internazionale sembra dimostrare che ciò che accade in un albergo può diventare una sceneggiatura perfetta per un film…

Le dinamiche della vita in hotel sono molto ben rappresentate nella serie – anche se poi chiaramente alcuni aspetti sono stati portati all’eccesso in chiave cinematografica. Però la vita dell’hotel è molto reale, la produzione si è basata anche su quello che facciamo noi tutti i giorni. Sabrina Impacciatore, che in The White Lotus è la direttrice dell’hotel, ha passato un mese dentro e fuori dal mio ufficio durante i miei meeting per prendere ispirazione – per quanto poi il suo personaggio si comporti in modo molto diverso da me. Credo che il successo di questa serie sia dovuto anche al fatto che rispecchi dinamiche reali, per questo è molto interessante anche per noi hotelier.

Lei ha lavorato per gran parte della sua carriera all’estero prima di rientrare in Italia, a Taormina. Che differenze ha notato?

Qui in Italia, soprattutto al Sud, c’è un livello di empatia, anche con gli ospiti, che in giro per il mondo non ho mai trovato. A Dubai avevo uno staff composto da persone di 56 nazionalità diverse e non sono mai riuscito a generare il senso di appartenenza che si è creato qui, in una destinazione come Taormina, nella quale la quasi totalità dei collaboratori è del posto – cosa che raramente accade anche nelle altre destinazioni italiane. E poi, può suonare come un cliché, ma l’Italia è davvero il Paese più bello del mondo: quello che sa offrire in termini di autenticità e di umanità dell’esperienza e del servizio non l’ho trovato da nessun’altra parte.

Per approfondire: La Stella del Principe Cerami

Tra i riconoscimenti ottenuti quest’anno dal San Domenico Palace c’è anche la Stella Michelin, che lo Chef Massimo Mantarro ha riportato allo storico ristorante dell’hotel, il Principe Cerami. La Sicilia e i ricordi legati alle antiche e nobili tradizioni e materie prime e il rispetto della loro stagionalità sono i protagonisti delle creazioni di Mantarro e della sua brigata: la cultura siciliana, storicamente basata sull’agricoltura, rivive dunque nei piatti – serviti con una mise en place in puro stile Four Seasons – in un menu che celebra la materia prima vegetale dando spazio a nuove carni. “Studiamo tutti gli elementi che utilizziamo in ogni piatto – racconta lo chef – per dedicare a ogni singola ricetta una personalità unica”.

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