Job In Tourism > News > F&B > Ristorazione e delivery, tutti i nodi delle piattaforme

Ristorazione e delivery, tutti i nodi delle piattaforme

Dagli incassi versati con tempi molto lunghi alle commissioni che sfiorano il 20%: nella ristorazione, come nel turismo, il ricorso alle piattaforme rischia di tradire le attese alimentate durante la pandemia e favorire fenomeni di dipendenza commerciale

Dagli incassi versati con tempi molto lunghi alle commissioni che sfiorano il 20%: nella ristorazione, come n

Di Job in Tourism, 23 Maggio 2023

Condizioni unilaterali, commissioni troppo alte e dilazioni eccessive nel versamento degli incassi. Quello che nel pieno della pandemia – a locali chiusi – si è rivelata un’ancora di salvezza per molte aziende della ristorazione, sta mostrando ora tutte le sue criticità. Il sistema del delivery rischia, infatti, di alimentare fenomeni di “dipendenza commerciale” della ristorazione dalle piattaforme, molto simili a quelli già conosciuti dal comparto turistico con l’avvento delle OTA.

E’ quanto emerge dal policy brief L’economia delle piattaforme digitali presentato nei giorni scorsi dall’Inapp – Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche. Il report trae spunto dall’indagine Inapp Digital Platform Survey, che nel corso del 2022 ha analizzato un campione di circa 40mila imprese, anche con meno di 3 addetti, rappresentativo delle 298.991 imprese operanti in Italia nei settori della ristorazione, del turismo e dei trasporti terrestri.

Le commissioni

Stando al brief, la commissione media che le imprese della ristorazione pagano alle piattaforme digitali per vendere i propri prodotti è del 18%, con valori che superano il 20% per un’impresa su tre (nel turismo la commissione media è del 16%), mentre solamente 1 impresa su 10 paga una commissione fissa. Nella ristorazione il 68% dei contratti stipulati dalle aziende con le piattaforme (37% nel turismo) prevede clausole di dipendenza per l’incasso dei pagamenti e ben sette volte su dieci le condizioni contrattuali derivano dall’imposizione di clausole unilaterali. Così come unilaterali sono le richieste di modifica contrattuale da parte delle piattaforme (32% nel turismo e 20% nella ristorazione). Poi, ci sono i numeri che incidono sulle strategie commerciali e le scelte di marketing, con un’impresa su 4 nella ristorazione che non ha accesso a informazioni sulla propria clientela (una su 8 nel turismo).

I rischi di dipendenza

“Esiste un rischio di dipendenza tecnologica, economica e finanziaria delle imprese dalle piattaforme, che richiama, anche se in misura ridotta, lo stesso rapporto sbilanciato che queste hanno coi lavoratori“, ha spiegato il professor Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp. “Il quadro si completa osservando i dati relativi alla rilevazione di sistemi di rating commerciale, i quali comportano potenziali rischi reputazionali derivanti dal rapporto commerciale instaurato con le piattaforme digitali. Al 32% delle aziende della ristorazione è capitato almeno una volta, infatti, di perdere clienti per disservizi causati dalle piattaforme con cui lavora, al 19% nel settore del turismo”.

Ma non è tutto. Secondo l’indagine, nella ristorazione le clausole di dilazione dei trasferimenti degli incassi dalla piattaforma all’impresa sono presenti in circa tre quarti dei contratti (il 37% nel turismo). Il ritardo nei tempi di incasso rappresenta un costo e un fattore di rischio finanziario intrinseco nel caso di pagamenti tramite piattaforma. Le condizioni meno vantaggiose risultano applicate più frequentemente nel settore della ristorazione in cui nel 92% dei casi gli incassi mediati dalla piattaforma sono differiti nel tempo.

Un riequilibrio necessario

I dati assumono particolare rilevanza se si pensa alla diffusione del fenomeno: in Italia le imprese dei settori del turismo e ristorazione che utilizzano le piattaforme digitali per vendere propri prodotti e servizi sono oltre 57mila. Nel turismo si registra la maggiore diffusione con una percentuale del 42% (pari a 38.615 imprese), il 13% nella ristorazione (pari a 18.898 imprese). Nel biennio 2020-2021 il fatturato intermediato dalle piattaforme digitali ha rappresentato circa la metà del giro d’affari nel turismo e quasi un quinto dei ricavi nella ristorazione, con commissioni medie rispettivamente del 16% e 18%.

Nell’ambito del turismo la distribuzione delle imprese che utilizzano le piattaforme è molto differenziata, con una prevalenza nelle attività alberghiere. In particolare, sono affittacamere o bed and breakfast e alberghi che ricorrono di più alle piattaforme, rispettivamente nel 77 e 75% dei casi.

Nella ristorazione la diffusione dell’utilizzo delle piattaforme è più omogenea, con oltre 13mila esercenti (13%) che pur effettuando la somministrazione in loco prevedono l’asporto di cibo. Quote più elevate si rilevano tra le attività di ristorazione che non prevedono la somministrazione in loco, con oltre 4.600 esercenti che utilizzano le piattaforme digitali per l’asporto (15%).

“Se è vero che una quota rilevante di imprese nel turismo faceva ricorso alle piattaforme già prima del 2020 – ha commentato Fadda – è altrettanto vero che per il 45% delle imprese della ristorazione che ha iniziato ad utilizzare le piattaforme digitali per l’asporto durante la pandemia si è aperto uno spazio di mercato altrimenti sconosciuto, che ha consentito anche lo svolgimento di una funzione sociale. Tuttavia, sarebbe opportuno riequilibrare i rapporti tra piattaforme e imprese al fine di non imporre oneri eccessivi a queste e ai consumatori”.

Non a caso, tra le imprese che non si avvalgono delle piattaforme digitali, un terzo circa non vi fa ricorso perché non ne avverte la necessità, un altro 25% perché preferisce gestire internamente il rapporto con i clienti. Un 6% per i costi eccessivi del servizio.

 

Comments are closed

  • Categorie

  • Tag

Articoli Correlati