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Rischio NEET: un maturando su tre non sa cosa fare del proprio futuro

Un'indagine tra i ragazzi che hanno appena sostenuto l'esame di maturità certifica il forte spaesamento dei più giovani rispetto al mondo del lavoro: una situazione che, senza adeguati interventi di orientamento già nelle scuole, rischia di aumentare la quota di NEET e lo scollamento tra formazione e mondo del lavoro

Un'indagine tra i ragazzi che hanno appena sostenuto l'esame di maturità certifica il forte spaesamento dei

Di Job in Tourism, 20 Luglio 2023

E ora, che faccio? È la domanda che si stanno ponendo in queste settimane molti dei ragazzi che hanno appena terminato la scuola con l’esame di maturità. Parecchi, stando ai dati raccolti dall’Osservatorio Giovani e Orientamento di Skuola.net in collaborazione con Gi Group. Secondo l’indagine, infatti, tra i maturandi solamente 1 su 5 ha le idee molto chiare su cosa fare “dopo” mentre quasi la metà (46%) ha ancora qualche incertezza su come muoversi. Uno su tre, addirittura, non ha ancora la minima idea di quale strada intraprendere da qui ai prossimi mesi.

Il rischio NEET

Un’incertezza che risulta collegata a una dei nodi più problematici del mondo del lavoro in Italia (che impatta anche il settore del turismo, come abbiamo raccontato qui): quello dei NEET, ovvero i Not engaged in Education, Employment or Training, i giovani che non studiano né lavorano e la cui quota nel nostro Paese – circa 3 milioni di persone tra i 15 e i 34 anni – è la più elevata dell’Unione europea. Secondo la ricerca, infatti, i neodiplomati mettono già in preventivo la possibilità di entrare a far parte di questa categoria di inoccupati: quasi 6 su 10 lo temono, circa la metà di questi, addirittura, ne è quasi certa. Un numero, il loro, che in soli dodici mesi è ulteriormente cresciuto: nel 2022 gli “spaventati” erano poco più del 50% del totale.

La mancanza di orientamento

Una delle motivazioni alla base di questo forte spaesamento dei ragazzi – evidenzia l’indagine – è la debolezza delle attività di orientamento, che risultano scarse, poco efficaci e eccessivamente concentrate sull’università a scapito delle altre possibilità di formazione post-diploma, come gli ITS, gli Istituti Tecnologici Superiori, e gli IFTS, l’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (percorsi sui quali il turismo sta investendo, per esempio), ma anche su concorsi e selezioni nel settore pubblico o privato o sui passaggi principali necessari per “fare impresa”.

Poi, c’è l’atavico nodo del raccordo tra scuola e mondo del lavoro e del mismatch di competenze, particolarmente avvertito negli ambiti professionali, come quelli turistici e della ristorazione. Non a caso – ha evidenziato la ricerca – sono gli stessi ragazzi a chiedere di “sporcarsi le mani” entrando di più nel vivo del mondo del lavoro già negli anni della scuola con stage e tirocini formativi più concreti di quelli che si svolgono ora, ma anche con la possibilità di fare visite in contesti lavorativi, incontrare personaggi provenienti dalle aziende e ascoltare le testimonianze di giovani lavoratori che sino a pochi anni prima si trovavano nelle stesse condizioni.

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