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Rendere redditizia la ristorazione

Di Santo Alba, 6 Novembre 2009

Inizia, da questo numero di Job in Tourism, una nuova collaborazione. Sulle pagine del nostro giornale ospiteremo, infatti, una serie di interventi di Santo Alba. Professionista con una lunghissima esperienza internazionale nel mondo dell’hôtellerie, Alba si è trovato spesso, nel corso della sua carriera, a confrontarsi con i temi dell’f&b: un argomento delicato, soprattutto nel nostro paese, dove la ristorazione rappresenta molte volte una spina nel fianco per gli albergatori. Gli interventi di Alba mireranno, perciò, proprio a capire come riuscire a valorizzare un comparto troppo spesso sottovalutato.

Parlare di ristorazione in Italia non è una cosa che si possa fare in poco tempo: attraverso l’alimentazione noi italiani esprimiamo il nostro modo di vivere; la buona alimentazione è un nostro aspetto culturale peculiare, una cosa che tutti gli stranieri ci invidiano. La ristorazione d’albergo, poi, è un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che ho avuto occasione di trattare molto da vicino, in diverse situazioni in Italia e all’estero. E sono convinto che qui da noi ci siano un’infinità di opportunità. Disponibili, però, solo per chi vorrà sfruttarle in modo corretto. Perché le questioni aperte rimangano ancora tante.
La maggior parte degli albergatori italiani si lamenta, infatti, che il food and beverage sia un peso: nel nostro paese non c’è la cultura di andare a mangiare in hotel e gli stessi ospiti di un albergo escono spesso alla ricerca di locali all’esterno. Da noi, al contrario che in molte altre nazioni, ci sono tanti buoni ristoranti indipendenti dalle strutture ricettive, con un’ampia scelta di piatti e un buon rapporto qualità prezzo. I ristoranti d’albergo sono perciò spesso sottoutilizzati, mentre i costi di gestione sono alti e i margini di utile rimangono bassi. È questo un problema che ci portiamo dietro da anni. Noi del mestiere ne parliamo a ogni occasione e tanti studi sono stati fatti a questo proposito. Qualche risultato, per la verità, l’abbiamo anche visto, ma la strada è ancora lunga e tante sono le sfide che ci attendono.
Molte destinazione nordeuropee e altrettanti paesi emergenti del Medioriente o del continente asiatico, invece, non sono dotati di una cultura del cibo sviluppata come la nostra: lì, la scelta di ristoranti di qualità è ridotta, così come inferiore è mediamente il rapporto qualità prezzo dell’offerta. C’è perciò, da sempre, maggiore convenienza a frequentare i ristoranti interni agli alberghi. Così, nel corso degli anni, l’offerta f&b degli hotel si è evoluta. E gli investitori, visto il buon ritorno economico delle nuove iniziative, hanno continuato a finanziare progetti in tale direzione, creando, in questo modo, una sorta di competizione fra alberghi, che ha contribuito grandemente allo sviluppo della ristorazione in hotel. In queste destinazioni, oggi, è facile trovare strutture alberghiere dotate di cinque o sei ristoranti: il francese, l’italiano, l’asiatico, l’indiano, il giapponese e poi quello tipico che offre specialità locali. In questi alberghi, inoltre, anche se la figura dell’f&b manager con la sua struttura organizzativa è pur sempre presente, essa ha ruoli soprattutto di coordinamento, direzione e controllo, mentre i vari punti di vendita food and beverage vengono gestiti in modo assolutamente autonomo, nel rispetto della loro tipicità e dei loro concetti ristorativi, ma soprattutto con l’idea che ognuno di loro debba apportare un utile economico e rispondere di eventuali conti in rosso.
In linea con tale visione più internazionale, in Italia, per cambiare il trend, è perciò necessario che non si veda più la ristorazione come un peso, ma come un asset importante, da sfruttare quale punto di forza per portare più clientela in albergo. E nel nostro paese, peraltro, già esistono alcuni esempi eclatanti di strutture alberghiere famose e conosciute anche per il buon nome del loro ristorante, come, per esempio, gli indirizzi, entrambi romani, della Pergola del Cavalieri Hilton o della Terrazza dell’hotel Eden.
Ma la situazione, quando si esce dal contesto delle eccellenze, è purtroppo spesso differente. In Italia, in particolare, i ristoranti d’albergo mancano troppo frequentemente di un carattere specifico. Hanno cioè tendenza a essere luoghi anonimi, senza una missione e senza un concept ben determinato. Il caso classico è quello in cui si costruisce l’albergo e poi si fanno bar e ristorante senza un’idea precisa dei loro target: giusto perché, secondo una mentalità diffusa, devono per forza esserci. Spesso, inoltre, più è elevato il livello dell’hotel, più si ha la tendenza a realizzare locali pomposi e costosi, che poi non sono frequentati né dai clienti dell’albergo, né dagli esterni. Questo perché molte volte lo stesso cliente d’albergo compie le proprie scelte non esclusivamente in base al prestigio e al prezzo dei locali, ma prendendo in considerazione anche molti altri fattori.
La ristorazione d’albergo va perciò pensata e studiata nel dettaglio, possibilmente già durante lo studio di fattibilità dell’albergo e tenendo conto di tutta quella serie di variabili, atte a definire mission e concept del nuovo locale. In poche parole, ancora prima di chiedersi come fare il bar o il ristorante, un imprenditore e il suo architetto dovrebbero sedersi attorno a un tavolo con carta e penna, e ragionare sul target di clientela che intendono attrarre. È molto importante, infatti, fare bene i conti prima: sapere quanto si spenderà per il ristorante e che genere di ritorno si avrà. In particolare, tra i fattori determinanti da tenere presente in fase di progettazione, c’è sicuramente il territorio su cui insiste la nuova struttura, nonché la location, la tipologia dell’albergo, il livello qualitativo dell’hotel e le esigenze dei potenziali clienti, soprattutto in termini di disponibilità di spesa e di tipologia d’ambiente desiderato. In questo modo, grazie a uno studio di mercato ben fatto e a una buona pianificazione, si possono anche fare enormi risparmi sugli arredamenti, nonché avere un ritorno sull’investimento più rapido, e persino creare gli spazi di manovra atti ad adeguare il prodotto ai cambiamenti di trend e d’abitudini della clientela.

Chi è di Santo Alba

Dopo il diploma alberghiero, Alba inizia la propria carriera in InterContinental, per il cui gruppo, nel 1986, assume la carica di food and beverage manager presso l’Albustan Palace hotel di Muscat, nel Sultanato d’Oman. Ricopre, poi, la stessa carica al Le Méridien hotel Cairo, in Egitto, e al Le Méridien hotel Damascus, in Siria. Dal 1992 è resident manager per il Grand Hotel Palazzo della Fonte di Fiuggi, per poi diventare, due anni dopo, general manager dei Ramada hotel Giardini Naxos e Holiday club Naxos, in Sicilia. Dal 1997 al 2000 è resident manager presso il Forte Crest hotel (oggi Crowne Plaza Milan Linate) di San Donato, in provincia di Milano, mentre dal 2000 al 2001 dirige gli Holiday Inn Bologna e Modena. Successivamente è ancora al Crowne Plaza Milan Linate in qualità di hotel manager, per poi trasferirsi, nel 2005, al Milan Marriott hotel di Milano, dove ricopre la carica di general manager fino al settembre 2009.

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