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Quando social fa rima con flop

Turismo online: ecco quali sono i cinque peggiori fallimenti 2.0 registrati nel 2012

Turismo online: ecco quali sono i cinque peggiori fallimenti 2.0 registrati nel 2012

Di Marco Beaqua, 24 Gennaio 2013

I social media sono di moda si sa. Molte compagnie del comparto turistico cercano perciò di sfruttarne le potenzialità a proprio vantaggio, creando campagne sempre più sofisticate, per provare ad attirare il maggior numero di utenti online possibile. Il sogno è quello di raggiungere il tanto agognato effetto virale, capace di convogliare l’attenzione di migliaia, se non di milioni, di internauti nel mondo. Il problema è che, nel World wide web non è sempre facile ottenere la sperata visibilità. E le iniziative social, anche se spesso dai costi ridotti, impiegano frequentemente risorse e tempo in quantità non trascurabili. Quel che è peggio, però, è che, a volte, i progetti 2.0 non solo non si rivelano fruttiferi, ma si trasformano anzi in veri e proprio boomerang dagli effetti perniciosi per le compagnie che li hanno sponsorizzati. Emile Breure, della società olandese Olery, specializzata in strumenti per il monitoraggio della reputazione corporate online, ha così recentemente pensato di stilare una vera e propria top 5 dei peggiori fallimenti social 2012 nel comparto del turismo:

1. Visit Sweden
Nel tentativo di creare visibilità online attorno al proprio paese, l’ente nazionale di promozione turistica svedese decide, all’inizio dello scorso anno, di affidare il proprio account Twitter @sweden a un cittadino differente ogni settimana. Le cose, inizialmente, vanno bene. Poi, però, protagonista dei cinguettii online diventa Sonja Abrahamsson e l’intera iniziativa precipita: l’internauta svedese, infatti, comincia a pubblicare tutta una serie di domande inopportune, cercando di aprire dei dibattiti online sui motivi per cui gli ebrei non sarebbero particolarmente amati da alcune persone e su altre questioni controverse. Si può facilmente comprendere il pesante contraccolpo sull’immagine del paese, generato dalle disinvolte «twittate» dell’improvvida protagonista di @sweden.

2. #QantasLuxury
Lo scorso novembre, la linea aera Qantas lancia un concorso su Twitter, incoraggiando i propri follower a condividere online l’idea di un’esperienza di volo di lusso utilizzando l’hashtag #QantasLuxury. Sfortunatamente per la compagnia, Qantas non comprende che il momento è decisamente sbagliato: gli utenti non si sono infatti ancora dimenticati della serrata indetta dalla linea aerea alla fine del mese precedente, con conseguente messa a terra di tutti gli aerei della flotta. In pochi minuti l’hashtag della Qantas viene letteralmente assaltato da una serie di passeggeri arrabbiati, ansiosi di condividere online le proprie lamentele per i voli cancellati.

3. Thomas Cook vs Thomas Cook
Questa è una storia allo stesso tempo di un successo e di un fallimento: sempre lo scorso novembre, Thomas Cook, un ventiseienne di York omonimo del celebre tour operator britannico, pubblica, sulla pagina Facebook dell’operatore, una richiesta per un viaggio gratuito a Parigi, a titolo di compensazione per i fastidi che l’omonimia gli ha provocato negli anni e per la pubblicità indiretta che il suo stesso nome ha fino ad allora garantito alla compagnia. Mentre il tour operator Thomas Cook perde l’occasione di sfruttare l’iniziativa a proprio vantaggio, rispedendo al mittente la richiesta con scarso senso dell’umorismo, una brillante operatrice marketing dell’agenzia online lowcostholidays.com coglie la palla al balzo per offrire al ventiseienne di York un soggiorno gratuito nella capitale francese. Inutile dire che l’intera vicende assume immediatamente connotati virali su Twitter.

4. Che vergogna, British Airways!
Qualche mese fa, la compagnia aerea britannica «ritwitta» per sbaglio, a tutti i propri contatti, un messaggio pesantemente razzista, pubblicato da un suo dipendente alle prese con un passeggero arrabbiato per un volo perso. Il protagonista dell’incidente prova, subito dopo, a spiegare che si tratta di un semplice scambio di comunicazioni scherzose tra amici, ma ciò non basta a British Airways per evitare delle imbarazzanti scuse online.

5. Jetstar: un caso di furto di identità su Facebook
Questa, infine, è una vicenda negativa, gestita però successivamente in maniera sostanzialmente positiva: non molto tempo fa, un millantatore virtuale apre un profilo falso su Facebook, assumendo il nome della low cost australiana Jetstar e servendosi pure del suo logo. Dalla stessa pagina comincia quindi a rispondere, in maniera piuttosto diretta e scortese, alle lamentele dei clienti della linea aerea. A un certo Frank, per esempio, che si rivolge alla compagnia per chiedere come mai la propria richiesta non sia stata ancora evasa, l’internauta truffatore replica così: «Ciao Frank: hai mai pensato di lasciar perdere? Riceviamo un sacco di lamentele e sfortunatamente non sempre riusciamo a rispondere a tutti in tempo. Per favore smettila di comportarti come un marmocchio viziato e comincia a crescere. Grazie». Venuta a conoscenza del problema, la Jetsar reagisce però in maniera piuttosto tranquilla, spiegando la situazione sulla propria pagina Facebook reale. In questo modo molti dei clienti della compagnia australiana trovano la vicenda più divertente che fastidiosa.

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