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Quando l’hotel si chiamava casa

Di Massimiliano Sarti, 2 Luglio 2010

Proseguono gli appuntamenti con i personaggi della European hotel managers association (Ehma). È questa la volta di Vincenzo Pagano: di origine partenopee, l’attuale direttore del San Clemente Palace hotel & resort di Venezia vanta una lunga carriera nel mondo dell’hôtellerie, che gli è valsa anche i titoli di cavaliere ufficiale e commendatore della repubblica italiana.

«Forse non ho girato tanto il mondo come avrei voluto, ma sicuramente il mondo ha continuato a girare attorno a me». Vincenzo Pagano è l’attuale direttore del San Clemente Palace hotel & resort di Venezia. Dopo 51 anni di carriera nell’ospitalità non è ancora stanco di lavorare nell’universo dell’accoglienza, anzi è convinto di non poter vivere senza: «Non esiste una professione capace di darti tante emozioni. È piena di imprevisti e novità e non annoia mai. E nonostante tutte le difficoltà, a fine giornata, mi sento felice».
Le soddisfazioni, in effetti, non sono decisamente mancate nella vita professionale di Pagano. «Mi ricordo, per esempio, quando ero al Grand Hotel Vesuvio di Napoli. Giorgio Napolitano era stato eletto due giorni prima presidente della repubblica. Tornato nella sua città natale, decise di non cenare nella residenza partenopea istituzionale di Villa Rosebery, ma di festeggiare la nomina proprio da noi, dove spesso amava trascorrere momenti piacevoli in compagnia. E mi invitò persino a tavola. Per comprensibili motivi di opportunità io mi limitai a bere una tazza di caffè con lui, ma fu davvero un grande onore».
E non era questa la prima volta che accadeva un episodio simile: sette anni prima anche il predecessore di Napolitano, Carlo Azeglio Ciampi, fece un salto in un hotel guidato da Pagano il primo giorno della sua permanenza a Napoli da presidente della repubblica: «Quella volta era l’hotel Excelsior, parte dello stesso gruppo del Vesuvio, il Prestige, e anch’esso sotto la mia direzione. Mi ricordo ancora il suo ordine: un caffè con le sfogliatelle».
Certo, non ci sono stati solo episodi positivi nella carriera di Pagano, ma le emozioni non sono mai mancate. «All’età di 17 anni andai a lavorare in Germania, al Frankfurter Hof. Anche lì ebbi modo di conoscere alcune celebrità, come Gianni Agnelli o re Faruk d’Egitto. Ma l’esperienza più particolare a Francoforte, la ebbi a causa di un italo-americano, a cui feci da segretario personale per due o tre mesi. Il personaggio, in effetti, era un po’ singolare: aveva molte difficoltà a leggere e a scrivere e mi aveva chiesto di aiutarlo a sbrigare la corrispondenza. All’inizio ne fui molto lusingato, anche perché era di origini napoletane, proprio come me. Un giorno, però, mentre richiudeva una lettera, se ne uscì con un’esclamazione allarmante: “Scrivi, scrivi, che ci facciamo la festa coi fiori se non fa quello che dico io”. Come era arrivato all’improvviso, così un giorno quell’ospite insolito sparì senza lasciare traccia e io non conobbi mai la verità. Ma il riferimento a un eventuale funerale a me parve chiaro: era un gangster, da cui io mi cercai di allontanare il più in fretta possibile». Raccontata oggi, la vicenda riesce a strappare un sorriso a Pagano, ma certo al momento non dovette essere un’esperienza particolarmente piacevole. «Mi spaventò molto. Ma come tutte le disavventure, il tempo aiuta a farle diventare episodi divertenti da raccontare».
E di storie da ricordare ce ne sono davvero tante in una carriera lunga cinque decadi: mezzo secolo di storia, durante il quale anche il modo di fare ospitalità è cambiato. «La differenza tra i giovani e noi della vecchia guardia la si percepisce persino nel modo con cui ci riferiamo all’albergo in cui lavoriamo», riprende Pagano. «Noi lo chiamiamo ancora casa, loro lo considerano un’azienda. Non voglio dire, con questo, che fosse meglio prima, ma semplicemente che è mutato il modo con cui si approccia la gestione di un hotel: una volta si passava molto tempo nella hall, come un vero padrone di casa, appunto, che accoglie i propri ospiti; oggi report e budget da compilare occupano la maggior parte del nostro tempo».
Con il passare degli anni, peraltro, anche gli ospiti si sono evoluti e ora sono molto differenti da quelli di una cinquantina di anni fa. «Oggi non c’è più il classico viaggiatore di un tempo, che scendeva dalla propria auto con il sigaro in bocca e l’autista che gli apriva la portiera. C’è, invece, il manager super indaffarato e molto esigente, che arriva con il jet privato all’aeroporto per un breve soggiorno in hotel, prima di tornare al lavoro o di partire alla volta di una nuova destinazione. Pur essendo personaggi molto differenti tra loro, però, cercano entrambi ancora la stessa cosa: tranquillità, attenzione alle loro esigenze e un po’ di calore senza troppi formalismi».
Le regole profonde dell’ospitalità, insomma, non sono cambiate. Ed è anche per questo che Pagano intende rimanere ancora a lungo sulla chiglia di comando: «Oggi mi considero più un direttore a noleggio: un consulente che si sposta da una struttura all’altra, a seconda delle esigenze della compagnia per cui lavoro. Ciò non toglie, però, che intendo superare l’esempio del mio predecessore al Vesuvio: Albert Farhni, quando lo sostituì alla guida dell’albergo partenopeo, aveva 82 anni».

La sua storia

Napoletano, con un diploma di tecnico delle attività alberghiere e uno di laurea in scienze turistiche, Vincenzo Pagano vanta una lunga carriera nel mondo dell’hôtellerie, che gli è valsa anche i titoli di cavaliere ufficiale e commendatore della repubblica italiana. Numerosi gli alberghi che ha diretto durante la sua storia professionale, tra cui molti nell’area campana, come l’hotel Royal di Positano, l’hotel Capri Palace di Anacapri e l’hotel La Palma, sempre a Capri. Pagano è stato anche direttore generale della Società Ischialberghi e area manager del gruppo Prestige hotels, di cui ha guidato i napoletani Grand Hotel Vesuvio, hotel Excelsior e hotel Majestic. Prima di approdare al San Clemente Palace è stato, infine, general manager del San Domenico Palace hotel di Taormina.

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