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Quali misure per l’occupazione

Tra le priorità, flessibilità, cuneo fiscale e formazione

Tra le priorità, flessibilità, cuneo fiscale e formazione

Di Massimiliano Sarti, 21 Ottobre 2011

Le aziende appartenenti a Confindustria Aica prevedono di portare a termine circa 3 mila nuove assunzioni entro la fine del 2011, di cui l’80% a carattere stagionale. Nei primi sei mesi dell’anno, inoltre, il numero degli occupati diretti nel settore turistico in Italia è aumentato del 2,5% rispetto al medesimo periodo del 2010 (fonte: World Travel & Tourism Council). Sono i principali dati sull’occupazione, emersi in occasione della presentazione del settimo Focus dell’Associazione italiana compagnie alberghiere dedicato alle performance economiche e ai bilanci delle imprese del settore dell’ospitalità.
Numeri tutto sommato positivi, che fanno sperare in un prossimo miglioramento del clima generale, segnato dai non certo brillanti risultati del 2010, quando i livelli di occupazione, nel comparto dei viaggi e dell’ospitalità, sono scesi dello 0,9% e, nelle sole aziende Aica, del 3% rispetto all’anno precedente. «La flessione», ha raccontato il vicepresidente vicario dell’associazione confindustriale, Chema Basterrechea, «ha riguardato, nelle nostre compagnie, soprattutto le qualifiche più basse, mentre quadri e dirigenti sono aumentati mediamente di circa il 2%». A essere colpiti sono stati soprattutto la componente femminile della forza lavoro (-10% rispetto al 2009), tradizionalmente impiegata nei servizi a bassa qualificazione, e i lavoratori con i titoli di studio inferiori, mentre è cresciuto il numero degli occupati in possesso di laurea.
Tale tendenza sta così contribuendo ad aumentare, anche tra le compagnie alberghiere, la percentuale di personale sovraqualificato. Secondo il Focus, nelle aziende Aica solo il 31,3% dei laureati assunti non stagionalmente ricoprirebbe, infatti, posizioni a elevata competenza, con il 6,2% che sarebbe inoltre impiegato in professioni di basso profilo (pur sempre a fronte di una media nazionale del 9,8%: dato Istat). Per gestire questo fenomeno, e per favorire ulteriormente l’occupazione, c’è bisogno quindi di maggiore flessibilità: un mantra caro a Confindustria, che pure le compagnie alberghiere si sentono di fare proprio. «Una maggiore flessibilità che però, nel nostro caso, non si traduce solo in ambito contrattuale», ha specificato il consigliere dell’associazione, Palmiro Noschese, «ma anche in materia di cross-training». Le compagnie, in altre parole, domandano una maggiore disponibilità dei collaboratori a vivere esperienze in più reparti possibili, così da aumentare la propria conoscenza complessiva del mondo hotel. «Solo in questo modo», ha infatti aggiunto Noschese, «si possono aprire le porte dei percorsi e dei programmi di crescita, che molte compagnie alberghiere, e non solo quelle internazionali, mettono a disposizione di quelle risorse interne che dimostrano di conoscere meglio l’azienda e le sue dinamiche».
Al centro delle considerazioni Aica, anche la contrattazione di secondo livello, oggetto dell’acceso dibattito sull’articolo 8 della manovra agostana e soprattutto dell’accordo interconfederale del 28 giugno, recentemente ratificato in via definitiva da Confindustria e dalle maggiori organizzazioni sindacali del paese. «Siamo ovviamente assolutamente d’accordo con la possibilità di aumentare la rilevanza dei contratti di secondo livello», ha dichiarato, a tale proposito, Basterrechea. «Chiediamo, però, prima di tutto un maggiore consolidamento degli accordi nazionali, in modo tale che diventino una vera normativa comune a livello settoriale». Il problema, secondo Basterrechea, è che nel comparto ci sono realtà in cui persino i sindacati fanno fatica a entrare.
Ma, per incentivare l’occupazione, la flessibilità da sola non basta. Anche perché le elaborazioni 2011 della banca dati Excelsior di Unioncamere prevedono, per l’intero settore dei servizi di alloggio e ristorazione, ancora un calo del numero di assunzioni complessive rispetto al 2010 (-7%). Secondo Aica serve quindi una serie di azioni coerenti per sostenere il comparto, tra cui l’abbattimento del cuneo fiscale, misure volte all’inserimento in azienda dei giovani già durante il loro periodo di studi e iniziative pensate per stimolare le assunzioni di donne e risorse junior. Nonostante l’importanza crescente del comparto, ha fatto notare Basterrechea, è purtroppo ben chiaro a tutti come il turismo, per i politici italiani, non rappresenti affatto un settore strategico: «Gli esempi sono tantissimi, tra cui sicuramente spicca l’introduzione della tassa di soggiorno, che è stata una manovra soprattutto mediatica». La richiesta delle compagnie alberghiere è che per lo meno si faccia finalmente un po’ di chiarezza sulle modalità della sua applicazione, dato che i comuni sembrano per ora procedere in ordine sparso, ciascuno per conto proprio. Anche il recente annuncio dei 400 milioni di euro, messi a disposizione dall’esecutivo per il sostegno dei piani d’investimento turistici, con particolare riguardo alle aree sottoutilizzate del paese (si veda in proposito la notizia a pagina 5), pecca, per Aica, di approssimazione: il pericolo, sempre secondo Basterrechea, è che si possano in questo modo creare delle cattedrali nel deserto, perché all’iniziativa manca l’appoggio di un solido piano di sviluppo delle infrastrutture.
C’è infine un ulteriore pilastro necessario al miglioramento dei livelli di occupazione nel settore: la formazione. E anche a questo proposito, l’associazione confindustriale ha le idee molto chiare: perché la formazione possa diventare una leva essenziale per lo sviluppo del comparto occorre aumentare l’integrazione tra corsi di laurea e percorsi professionali nelle imprese e nelle istituzioni pubbliche del turismo; stimolare e accelerare i processi di innovazione necessari alla competitività dell’Italia nel comparto dei viaggi e dell’ospitalità; migliorare l’integrazione tra atenei e favorire la specializzazione dei centri di formazione dedicati; aumentare l’attrattività internazionale del paese nella formazione di livello superiore sui temi del turismo. Inoltre l’offerta di formazione è oggi ancora eccessivamente articolata (59 corsi di laurea nel 2010-2011) e soprattutto disomogenea, con figure professionali diverse, nonché lontane dai campi di competenza del turismo, e una incoerenza tra le skill dei laureati e le attese delle aziende. Coerentemente con tali premesse, Aica si propone quindi per la costituzione di partnership sistemiche con gli stakeholder più autorevoli della formazione in ambito ricettivo, disposti al dialogo e a una collaborazione fattiva.

I bilanci delle compagnie nel 2010

Dopo il difficile biennio 2008-2009, il 2010 ha segnato una generale ripresa per l’industria turistica e sarà ricordato, in particolare, come l’anno degli arrivi internazionali. Nonostante la tendenza al rialzo si sia dimostrata meno marcata nei mercati europei, e soprattutto in Italia, il buon andamento generale del comparto ha avuto ripercussioni positive anche sul fatturato alberghiero delle compagnie nazionali aderenti ad Aica che, dopo anni di contrazioni, ha riportato nel 2010 un aumento del 4,3% rispetto al dato 2009, salendo a 1,33 miliardi di euro contro gli 1,27 miliardi di euro dell’esercizio precedente. Tale dato è stato tuttavia controbilanciato da un consistente incremento dei costi, in particolare delle spese per servizi (+8,9% rispetto al 2009), nonché di quelle per il personale (+5,5%) e per l’acquisto di materie prime (+1,7%). Unica voce in riduzione, gli ammortamenti e le svalutazioni, che hanno segnato un -14,6% rispetto all’esercizio precedente. L’aumento delle uscite, superiore a quello dei ricavi, ha portato così a una situazione di disequilibrio della gestione caratteristica, che ha chiuso con un risultato operativo (ebit) in perdita per 135 milioni di euro. Da segnalare, tuttavia, il miglioramento rispetto al risultato 2009, quando la perdita era stata superiore per un valore pari a 8 milioni di euro.
Negativo, seppur anche in questo caso in miglioramento rispetto all’esercizio precedente (grazie a una diminuzione degli interessi e degli oneri finanziari), pure il saldo della gestione finanziaria. Si evidenzia tuttavia un rapporto di indebitamento in aumento, con un’incidenza, nel 2010, del capitale preso in prestito, sul totale delle fonti di finanziamento, del 63,1%, a fronte del 62,9% del 2009. Un’inversione di tendenza, purtroppo sempre in senso negativo, ha anche registrato la gestione straordinaria che, negli anni precedenti, aveva in qualche maniera contenuto i risultati negativi delle altre gestioni. Il 2010 si è chiuso, in particolare, con una perdita di oltre 14 milioni di euro. Il risultato ante imposte ha fatto così segnare un risultato negativo di 235 milioni di euro. Tale perdita è stata tuttavia in parte attenuata dal credito di 9,2 milioni sulle imposte dovute, che ha determinato un risultato netto d’esercizio pari a -226 milioni di euro.

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