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Professione barman: classico e flair a confronto

Di Giorgio Bini, 25 Febbraio 2011

Non solo due diversi approcci di lavoro ma due stili, a volte antitetici, altre volte complementari, che aprono la strada a mondi professionali diversi. Qual è il futuro? Questo il tema del seminario Barmood – Job in Tourism in programma durante l’edizione 2011 del Tfp Summit. Un argomento che nasce dalla constatazione di come, nel mondo delle figure professionali del bar, le offerte di lavoro richiedano oggi competenze molto specifiche.
«Il barman continua a essere una figura professionale molto ricercata e si prevede che lo sarà ancora di più nei prossimi anni», spiega il presidente dell’Associazione italiana barman e sostenitori (Aibes), Giorgio Fadda, tra gli invitati all’appuntamento del Tfp Summit. «Con alcune differenze rispetto al passato, però: la richiesta riguarda infatti prevalentemente i giovani, mentre i professionisti di età più elevata fanno fatica a trovare delle opportunità di collocamento. Negli Stati Uniti il barman fa oggi parte di quelle figure per le quali inizia a essere richiesta una maggiore qualificazione, con percorsi formativi persino a livello universitario. Anche noi, come Aibes, ci stiamo perciò muovendo in questa direzione e stiamo stringendo accordi con importanti realtà universitarie per qualificare i nostri associati».
A livello di competenze, in particolare, ogni tipologia di locale richiede specializzazioni diverse e già oggi i barman seguono percorsi di formazione differenziati. «Il free style», racconta Paola Gallas, direttore responsabile di Barmood, «costituisce una grande attrazione per i giovani, in particolare in questo momento, valorizzato anche da competizioni a livello italiano e internazionale. Dal punto di vista occupazionale, il flair è richiesto soprattutto nell’ambito di discoteche o locali serali. In generale, poi, nei locali in cui ci sono ritmi di lavoro molto intensi, le tecniche che danno la possibilità di realizzare un gran numero di drink in poco tempo sono molto utilizzate, al di là degli aspetti spettacolari. In ogni caso è tuttavia necessaria una solida base di conoscenza, in termini di merceologia e preparazione dei cocktail. Alla fine, quello che il cliente giudica è quello che ha nel bicchiere. Ma anche per quanto riguarda i barman fedeli allo stile classico la preparazione deve aprirsi a competenze diverse, soprattutto sul fronte gestionale: un professionista deve essere in grado di utilizzare moderni software di gestione, deve conoscere gli elementi chiave per la definizione di una cocktail-list e la determinazione del relativo posizionamento in termini di pricing, deve essere costantemente aggiornato sulle tecniche di comunicazione. È forse giunto, insomma, il momento di ripensare la formazione, inserendo elementi nuovi, come già alcune realtà stanno facendo».

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