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Prima intervista negli U.S.A.

Di Ettore Nigro, 6 Luglio 2001

Ettore Nigro, direttore d’albergo, che ha vinto la green card che permette di lavorare e risiedere negli U.s.a., ci invia un’altra simpatica corrispondenza sulla sua esperienza, alla ricerca di un impiego a Boston. Salve signor Caneva, come va la vita nella sua bella Milano? Da Boston tutto okay, ho avuto la fortuna di fare altre importanti esperienze e vorrei condividerle con i lettori di Job in Tourism. Dopo aver spedito il resume e telefonato un paio di volte senza riuscire a trovare la persona con cui si voleva parlare e lasciato diversi messaggi sulla segreteria telefonica, non è successo nulla. Non bisogna scoraggiarsi. Molte volte, dopo 2 settimane si riceve una telefonata che non ci si aspettava più. Qui, in America, si lavora in un modo “diverso” che in Europa, il che non significa che il sistema non sia efficace, e’ solamente diverso; inoltre, se l’albergo dove si è fatto domanda è grande, la risposta richiederà un po’ più’ di tempo. Qui la gente cambia lavoro come i calzini! Un’altra ragione del ritardo è che gli Human resource manager sono molto impegnati con la formazione interna ed hanno sovente meeting organizzati dalla società per migliorare il sistema di reclutamento Ricevuta la telefonata inaspettata tutto diventa più interessante: si è a chiamati per la prima intervista. Ci si presenta come dovuto, eleganti, in anticipo e con un notes sul quale sono annotate alcune domande da fare. Non dimenticare che un colloquio non e’ un interrogatorio ma uno scambio di domande e risposte, e anche voi potete, anzi dovete farne, cosi’ si dimostra che si è preparati ed interessati, evitando naturalmente quelle del genere: quante ore lavorerò, quanto é il salario, ho festa la domenica, eccetera. Raramente la persona che intervisterà sarà puntuale; l’importante è che lo siate voi! Non è ancora arrivato il momento di parlare del lavoro perché la segretaria vi rifilerà una Application form di 4 pagine che richiede almeno mezz’ora per essere completata. Precedentemente si è già compilato il resume con tutte le informazioni che e’ il biglietto di visita per attirare velocemente l’attenzione del potenziale datore di lavoro; l’application form invece, prassi comune, viene usata per qualunque attività si faccia domanda. I dati vengono poi inseriti nel computer, cosi’ che se in futuro si rifarà domanda alla stessa azienda avrà già i dati; in poche parole si viene schedati. Avere riempito questo formulario non vuol dire essere assunti, ma serve al datore di lavoro per ricavare ulteriori informazioni; se siete pazienti, com’è la scrittura, se si capiscono tutte le domande e inoltre, con una firma, si da il permesso alla società di effettuare ricerche sulla vostra persona, cioè referenze professionali, crimanali, sanitarie e di credibilità. Quindi, il suggerimento è di indicare solo informazioni veritiere: le bugie hanno le gambe corte. Ora il difficile deve ancora arrivare. L’human resource vi invita nel suo ufficio, che in genere è terribilmente piccolo. I tutti i posti in cui sono stato per una intervista ho notato che gli uffici del personale sono sempre piccoli e non hanno mai finestre, e non importa se l’albergo ha 1500 letti, l’ufficio del personale è di 30 mt. quadrati. Gli spazi sono tutti riservati ai clienti! Ritornando alla intervista, comincia ad essere tutto un ritornello che si conosce già a memoria. Il resume, la lettera, le telefonate, il formulario, e adesso l’intervista con le sue domande che talvolta sono un po’ strane ma alle quali bisogna rispondere con attenzione e sicurezza perché questi manager sono terribilmente ben preparati e non si fanno passare neanche una mosca senza aver chiesto: “e questo perché”? E tutte le domande hanno la loro risposta, costruttiva o distruttiva. Perciò, prima di rispondere, bisogna pensarci bene, evitando risposte arroganti ma, nel contempo, rimanendo naturali e dando il segno di collaborazione, fermezza e flessibilità. Da noi gli human resource hanno tutti o quasi un titolo di scuola alberghiera, qui invece al 90% provengono dall’università con lauree di dottori in psicologia. Sono veramente in gamba nel loro campo, anche se non sanno come funzioni un hotel: non e’ il loro compito. Il loro compito e’ di reclutare del personale intelligente, onesto, e adatto allo stile dell’albergo. Il resto è responsabilità dei manager dei reparti, con il loro sistema di formazione; tutti possono diventare camerieri, receptionist o general manager senza avere fatto la scuola alberghiera, perché ogni hotel ha un proprio sistema. Quando si inizia, per 2 o 3 settimane si impara il sistema con i loro ottimi programmi di formazione interna e dopo questo periodo si è pronti. E’ completamente diverso che in Europa, inizialmente si deve regredire di qualche gradino per entrare nel sistema, e poi gradualmente risalire. La politica di reclutamento privilegia il team work, il piacere del posto di lavoro e chiaramente l’essere gentili con i clienti e collegiale con i colleghi di lavoro. Alla prima piccola grana o litigio con un collega si può essere sicuri che all’indomani si viene licenziati, senza preavviso. Anche se il colloquio e’ andato bene non è ancora finita: ogni candidato prima di essere definitivamente assunto deve fare il test dell’urina per stabilire se assume droghe e solo dopo il risultato negativo si viene ufficialmente assunti. Sono rimasto molto sorpreso, pero’ devo dire che non e’ una idea sbagliata, a me e’ capitato di assumere del personale che, malgrado l’apparenza, assumeva stupefacenti. Il test si svolge in maniera molto attenta: ogni minimo particolare viene osservato. Dopo 3 giorni si riceve una telefonata dall’hotel sull’esito dell’esame. Se il risultato e’ negativo si viene chiamati un’ultima volta per partecipare ad una giornata di orientamento dove l’human resource manager spiegherà come funziona il sistema assicurativo, vacanze, orari, disciplina eccetera, oltre al regolamento interno. Dopo il pranzo si fa un giro di tutto l’hotel, e si finisce con il conoscere il sistema di prevenzione incendio. Si riceve il badge, le chiavi, l’uniforme per chi deve averla e dopo si va nel proprio reparto a conoscere il Manager ed i colleghi di lavoro. Si è a bordo.

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