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Più carta in hotel per pensare in modo costruttivo il mondo che ci circonda

Di Marco Bosco, 4 Aprile 2013

Stupire e colpire positivamente il proprio destinatario. È questo l’obiettivo di qualsiasi oggetto di design pensato per l’ospitalità secondo Stefano Falconi, Gabriele Gastaldin, Lara Muzzi e Paul Jesus Romero, protagonisti di uno dei gruppi dell’Accademia di comunicazione di Milano impegnati nel concorso «Più carta in hotel», dedicato alla realizzazione di due linee di cortesia alberghiere ricavate da carta riciclata. Prosegue, infatti, il viaggio di Job in Tourism tra i partecipanti all’iniziativa voluta dal Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica (Comieco), in collaborazione con la nostra testata, nonché con la stessa Accademia di comunicazione e con la società di forniture alberghiere, Fas Italia. «Ma è anche importante», proseguono Stefano, Gabriele, Lara e Paul Jesus, «che il nuovo oggetto sia in grado di rappresentare l’anima della società, di ricordarne le sue specificità». In tutto ciò i materiali riciclati giocano un ruolo fondamentale, in quanto «base della progettazione moderna. Le loro potenzialità sono pressoché infinite ed è quindi importante conoscerne le varie sfumature. Ma soprattutto è fondamentale pensare, oltre che progettare, in maniera costruttiva, e non distruttiva, il mondo che ci circonda».
Delle caratteristiche che una linea di cortesia alberghiera dovrebbe sempre avere parlano invece i componenti di un altro dei gruppi impegnati nel concorso: «Quello che non può mai mancare è sicuramente il comfort e il facile utilizzo», spiegano, in particolare, Laura De Mattia Carbonini, Marco Minniti e Dilruba Usta. «L’idea, infatti, è quella di coccolare gli ospiti con qualsiasi oggetto presente in albergo: semplicità, intuibilità e creatività legata all’utilizzo funzionale del prodotto sono quindi le caratteristiche immancabili di qualsiasi oggetto di design per l’ospitalità». Ma c’è un limite alla fantasia in fase di progettazione? «Certamente», concludono Laura, Marco e Dilruba. «Un oggetto, per essere di design, non può risultare solo bello esteticamente: deve essere anche funzionale. È come nell’architettura: chi progetta fa uso della propria creatività, ma deve pur sempre rispettare determinate regole prefissate per far sì che, alla fine, la struttura pensata stia veramente in piedi».

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