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Parliamo di mance nel turismo

Di Antonio Caneva, 30 Maggio 2013

Mance, parola che talvolta si pronuncia con una sorta di pudore, ma che ha un significato ed impatto ben precisi.
Se ne è parlato nel corso di un convegno organizzato dalla Fipe (federazione italiana pubblici esercizi) a Tuttofood di Milano, per presentare un loro completo studio sull’ argomento.
Questa indagine compara le modalità di gestione delle mance in vari paesi europei, negli Stati Uniti e in Giappone, e in ognuno di essi si riscontrano differenze sia nelle modalità di erogazione sia nella normativa fiscale sottostante.
Nella ristorazione negli Stati Uniti le mance sono una consuetudine ( vedi quasi obbligo) perché impattano fortemente sulle retribuzioni degli addetti, altrimenti esigua, e generalmente vanno dal 12-15% dell’importo del conto a crescere e vengono indicate anche nelle carte di credito che, dopo la somma da pagare, hanno uno spazio dove indicare quanto si desidera lasciare alla persona che ha servito. Chi, come Starbucks, ha cercato di gestire in maniera poco opportuna questi importi, è stato condannato dalla Corte federale.
All’opposto, in Giappone, dove la mancia viene vista quasi come un’offesa, è assolutamente sconsigliata.
In Europa cambia da paese a paese ma è una prassi pressoché consolidata. La normativa poi prevede, a seconda delle nazioni ,una interpretazione diversa delle liberalità, per cui (almeno teoricamente) in alcuni paesi questi importi sono soggetti a tassazione ed in altri no.
La storia delle mance ha affiancato in maniera consistente quella dello sviluppo del turismo nel nostro paese e ha prodotto generazioni di professionisti di elevato livello che hanno contribuito in maniera determinante a rendere in un certo momento l’Italia il primo paese al mondo per movimento turistico.
Lasciando da parte il fenomeno attuale da show business degli chef di cucina televisivi, la propensione verso le professioni dell’ospitalità sta scemando e le ragioni vengono individuate nell’impegno richiesto da questa attività (basta ricordare il lavoro per turni, 365 giorni l’anno) a fronte di retribuzioni spesso non in linea con altri settori dell’economia. Effettivamente le retribuzioni nel comparto non sono mai state particolarmente elevate ma venivano compensate, abbondantemente, dalle mance che attualmente, per tutta una serie di ragioni, economiche e culturali, tendono a ridursi e, per certe professioni, a scomparire quasi completamente.
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Le aziende erano ben consce della possibilità di guadagno extra dei collaboratori e questo ha sempre condizionato le trattative sulle retribuzioni; ora, soprattutto in tempo di crisi che incide fortemente sulla quantità e sui prezzi del prodotto venduto, diventa difficile per i lavoratori recuperare aumenti retributivi e ciò limita la disponibilità e la propensione dei lavoratori all’impegno nel turismo.
Non parliamo di professionisti improvvisati, bensì di chi si costruisce una carriera ed è giusto che abbia chiaro davanti a sé un percorso gratificante; a conclusione di un periodo in cui generosamente erano distribuite mance, è indispensabile che le aziende individuino delle motivazioni diverse ( quindi non solo economiche) per coinvolgere collaboratori che svolgano con impegno e passione ( tali caratteristiche sono indispensabili) i compiti loro affidati.

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