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Mi capita spesso di riflettere sulle affermazioni di personaggi noti e meno noti in merito al sistema della ristorazione nazionale, che fino a poco tempo fa sembrava essere sano e senza particolari criticità e che ora, invece, viene colpito fortemente dalla crisi. Negli ultimi giorni, in particolare, tanto si è detto e tanto si è scritto a proposito dell’offerta enologica italiana, presentata da molti come una barca alla deriva. Il vino, in altre parole, secondo le parole di molti grandi produttori, è arrivato a un bivio il cui approssimarsi era annunciato ormai da anni: c’è bisogno di regole vere e disciplinari freschi, capaci di ridare vita a un sistema, che altrimenti, tra non più di due anni, rischia la congestione assoluta. E non è demagogia. Si tratta solo di guardare in faccia la realtà: nessuno si potrà tirare indietro, tantomeno lo stato e le regioni che sono chiamati a investire seriamente sul territorio e a migliorare i propri disciplinari in materia.
Il tutto senza però fare del facile e generico allarmismo, mettendo magari tutti gli operatori della filiera enogastronomica nello stesso pentolone: negli ultimi mesi, infatti, ho avuto frequentemente modo di leggere sui giornali molti titoli critici a proposito del vino italiano. Benché veritieri (ed è materia opinabile), tali articoli tendevano però spesso a denigrare il prodotto in generale e non tanto il produttore responsabile del danno. Ma in questo modo si condanna un intero settore, anziché giudicare solamente colui che ha sbagliato. Si dovrebbe, invece, imparare a prendere le proprie responsabilità, parlando di problemi e criticità riferibili con precisione ai responsabili della situazione, al posto di utilizzare facili scorciatoie non certo utili per la crescita del settore. Ma soprattutto occorre investire nella ristorazione e nelle campagne con trasparenza e modernità. Di questo ha in realtà bisogno la nostra Italia!
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