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Obiettivo governance integrata

I privati non possono nascondersi dietro al paravento del pubblico

I privati non possono nascondersi dietro al paravento del pubblico

Di Massimiliano Sarti, 15 Luglio 2011

Turismo e cultura. Un binomio che in Italia dovrebbe essere sinonimo di grandi prospettive; di uno sviluppo, soprattutto, capace di riportare il nostro paese a quel ruolo di leadership dell´industria dei viaggi mondiale che molti operatori giustamente ritengono la penisola debba tornare a ricoprire. Eppure non sempre i rapporti tra questi due importanti fattori di ricchezza e immagine sono stati ottimali. «Una questione di relazioni», ha raccontato Francesca Albanese, della Federazione relazioni pubbliche italiane (Ferpi), in occasione del convegno Turistarth di Urbino. «Tra i protagonisti dell´offerta culturale italiana e di quella turistica la sinergia è davvero scarsa. Le politiche e le gestioni dei due comparti sono per lo più separate e gli operatori dei due settori si guardano troppo frequentemente con reciproco sospetto: i professionisti del turismo considerando spesso gli operatori della cultura autoreferenziali ed elitari, e questi ultimi, viceversa, reputando i protagonisti dell´industria dei viaggi poco sensibili nei confronti della cultura e preoccupati solo del business».
Una dicotomia non certo positiva che impedisce di sfruttare appieno le potenzialità di un segmento in realtà importantissimo per il nostro turismo. «I dati parlano molto chiaro», ha spiegato il docente di economia e gestione delle imprese dell´università di Urbino Carlo Bo, Tonino Pencarelli. «Nel 2009 le città d´interesse storico-artistico nazionali hanno raccolto il 17,9% delle presenze complessive dei viaggiatori italiani e il 33,4% di quelle internazionali. Si tratta di livelli del tutto paragonabili alle performance delle località marine; quindi del turismo balneare, da sempre considerato indiscusso segmento di punta dagli operatori dei viaggi e dell´ospitalità italiana». La questione allora è come collegare tra loro gli stakeholder di questi due comparti scarsamente comunicanti. Un problema di branding, secondo Pencarelli, da intendersi tuttavia soprattutto come una strategia multidimensionale e diffusa, capace di coinvolgere molteplici attori su livelli diversi, nonché fortemente legata alla dimensione territoriale dell´offerta.
La complessità della materia può essere sintetizzata da un´evidenza tanto intuitiva quanto peculiare di questo prodotto specifico: «Il valore di un brand turistico-culturale», ha infatti fatto notare Pencarelli, «si lega fortemente al capitale culturale del target a cui ci si rivolge, cioè al livello di educazione posseduto dagli stessi fruitori». È però altrettanto indubitabile che un marchio forte e conosciuto è in grado di generare non solo flussi finanziari incrementali, ma anche di attirare investitori non esclusivamente locali, rafforzando in questo modo il capitale sociale territoriale. «Le sfide manageriali per chi intenda andare in tale direzione sono molteplici», ha proseguito Pencarelli. «Occorrono, in particolare, degli approcci integrati alla materia, con un forte coinvolgimento sia del pubblico sia del privato». Perché se è evidente che, in tema di beni culturali, non si possa prescindere dall´azione delle istituzioni, è altrettanto vero che gli operatori non possono nascondersi dietro al paravento del pubblico, «dimenticando il loro fondamentale ruolo in tema di commercializzazione di prodotti, servizi e pacchetti» legati alla stessa offerta culturale del territorio. Da qui anche l´importanza di «disciplinari pubblici, in grado di proteggere il valore del brand, nonché la necessità di andare oltre la semplice comunicazione pianificata, verso strategie promozionali di rete e non convenzionali, con un ruolo ovviamente crescente per il web e le tecnologie informatiche».
Quello che ci vuole, insomma, è una governance integrata del prodotto turistico culturale. Lo si è sentito dire spesso, in questi casi. Come fare allora? «La governance, in realtà», è stata la risposta di Albanese, «non è solo un problema politico, ma anche di professionalità adeguate. E i professionisti delle relazioni pubbliche sono, a mio parere, proprio quei costruttori di ponti, in grado di valorizzare il rapporto tra cultura, turismo e territorio, capace di generare la reale integrazione delle risorse e, soprattutto, l´interazione con il mercato. Perché il turismo ha bisogno della cultura quale attrattore di domanda con forti potenzialità destagionalizzanti, mentre la cultura ha bisogno del turismo per valorizzare siti eccellenti al di fuori dei circuiti più noti».
E allora il punto d´incontro tra i due elementi non comunicanti è proprio il loro ruolo intrinsecamente relazionale: «La cultura», ha concluso Albanese, «intesa come scambio di valori, legame tra tradizione e innovazione, coinvolgimento emozionale; il turismo, come accoglienza, incontro di persone e confronto di culture sul territorio». Il tutto con un occhio di riguardo al web 2.0, quale ambiente relazionale innovativo, «dove il turista non può però essere considerato un semplice target, ma un interlocutore attento: una persona da ricondurre sempre all´esperienza diretta sul territorio, per farlo diventare, infine, il primo testimone della qualità dell´offerta turistica».

Turistarth in breve

Un momento di incontro annuale per valorizzare le città italiane, come simbolo di arte e di turismo culturale, e per sensibilizzare e rafforzare il rapporto tra beni culturali e nuove tecnologie. È questo l’obiettivo di Turistarth – Festival del turismo culturale e delle nuove tecnologie. L’evento, organizzato da Trait d’union e sostenuto dalla società di comunicazione crossmediale Alphabeti, nasce dalla consapevolezza che le innovazioni tecnologiche applicate alla valorizzazione dei beni culturali del nostro paese non sono ancora adeguatamente utilizzate per attirare turisti e visitatori italiani e internazionali verso città d’arte, siti di interesse archeologico o naturalistico, musei e grandi mostre. Giunto alla sua terza edizione, si è svolto quest’anno in forma itinerante tra le terre di Urbino e del Montefeltro. La manifestazione si è aperta in concomitanza con il premio internazionale Rotondi di Sassocorvaro, istituito per rendere omaggio allo straordinario impegno di Pasquale Rotondi, il sovrintendente che ha salvato migliaia di capolavori d’arte dal secondo conflitto mondiale, e assegnato ogni anno ai protagonisti di esemplari azioni di salvaguardia del patrimonio artistico in ogni angolo del mondo. A seguire, un tour enogastronomico e culturale con la collaborazione della comunità montana, che ha toccato le località montefeltrine di Pietrarubbia e Carpegna, e il convegno vero e proprio, tenutosi presso l’università Carlo Bo di Urbino.

Al San Domenico di Urbino un evento interattivo, tra arte e gioco

Arte digitale, interattività e gioco. Queste le tre caratteristiche della mostra laboratorio di Streamcolors, che si è svolta a Urbino nella cornice della hall dell’albergo San Domenico, a margine della quindicesima edizione del premio Rotondi ai salvatori dell’arte e del festival Turistarth. Un evento sostenuto dal direttore del San Domenico, Fabrizio Marcucci Pinoli, che per l´arte contemporanea ha una passione ereditata dal padre, Alessandro Marcucci Pinoli, direttore dell’Alexander Museum hotel di Pesaro e vincitore l’anno scorso del premio Rotondi per le Marche. I partecipanti hanno così potuto conoscere l’universo visivo di Streamcolors, dalla sua nascita, con filmati e foto, fino alla sua ultima incarnazione su Instagram, la piattaforma sociale di condivisione delle immagini usata da più di 3 milioni di utenti. Streamcolors è un progetto nato e coordinato da Giacomo Giannella, 31 anni, art director della software house di videogiochi Milestone di Milano: un’ officina creativa che collabora con persone e tecnologie per generare una nuova estetica digitale da condividere in luoghi reali e virtuali. «Dal 2004, ho iniziato per gioco a elaborare, attraverso processi creativi e tecnologici, le immagini che nella vita reale mi affascinavano», si legge sulla pagina Facebook realizzata dallo stesso Giannella. «Volevo generare qualcosa di diverso da quello che generalmente faccio nel mondo dei videogiochi dove devo rappresentare il reale nella maniera più realistica possibile». A Urbino, in particolare, una raccolta selezionata di immagini ha permesso ai visitatori di generare contenuti personali, imprevedibili e inaspettati, elaborando le figure attraverso il proprio gusto estetico.

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