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Notazioni minime da Berlino

Di Antonio Caneva, 19 Marzo 2004

A chi si lamentava dell’eccessivo costo del biglietto d’ingresso alla Bit di Milano si può tranquillamente opporre quello riservato agli operatori professionali che hanno visitato la Itb a Berlino: 38,50 euro ( per i visitatori invece il costo era di euro 12). Nel corso della manifestazione milanese (a ragione) si recriminava che per visitare tutti gli stand fosse necessario uscire dai padiglioni surriscaldati e fare un percorso all’aperto, con il rischio, molto concreto, di prendersi un malanno; ebbene, ciò succede anche tra gli immensi padiglioni della Fiera di Berlino e, notoriamente, a Berlino non fa più caldo che a Milano.
Io sono pigro e quando esco dalla metropolitana milanese utilizzo le scale mobili che, spesso, sono “immobili”; anche nel corso del recente viaggio in Germania ho sperimentato la stessa cosa; mi sembrava di essere a Milano. Nella metropolitana poi sentivo la mancanza dei suonatori, zingari e poveracci che domandano la carità: neanche il tempo di pensarci che anche nella metropolitana di Berlino appaiono le medesime figure (anche se con un po’ più di circospezione). I vagoni della metropolitana milanese sono coperti di graffiti, beh, qui vi deludo, quelli di Berlino sono lindi (si vede che li puliscono), però in cambio sono incisi i vetri dei finestrini e delle porte, tanto che spicca un bel cartello in cui si promettono fino a 600 euro a chi consentirà di individuare i danneggiatori, perché, e qui è la differenza sostanziale, nel cartello è ricordato che i mezzi pubblici (come peraltro la cosa pubblica) è un bene della collettività e che quindi, la collettività deve impegnarsi a salvaguardarli.
Berlino è una città molto bella, come molto bella è la Germania e trovo che questo senso di appartenenza traspaia nel modo di avvicinare i problemi che, peraltro, anche qui sono molti. Mi raccontava un tassista: “Per i cittadini di Berlino Est, la caduta del muro ha portato il benessere ai giovani che avevano una professione e che ora possono valorizzare il loro lavoro, e ai pensionati che con l’equiparazione del marco hanno visto rivalutate le loro rendite, mentre chi, come me, aveva un impiego pubblico (lui era nella cultura) si è trovato improvvisamente disoccupato dalla razionalizzazione degli impieghi e ora – con grande decoro, direi io – faccio il tassista. Quelli come me hanno perso due volte: dopo la guerra sono stati conglobati nell’Est e ora soffrono della fine di una fase storica”. Mentre finiva il racconto sono arrivato all’hotel Adlon Kempiski di Unter den Linden, un albergo di grande atmosfera che rispecchia quanto dice un mio giovane amico: “Puoi fare gli alberghi lussuosi quanto vuoi, ma la storia non te la puoi inventare”.
Fantastica Berlino.

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