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Nel segno di trophy asset ed Expo

I molti punti critici e i pochi spiragli del mercato italiano del real estate alberghiero

I molti punti critici e i pochi spiragli del mercato italiano del real estate alberghiero

Di Massimiliano Sarti, 23 Ottobre 2014

Rischio paese e difficoltà di accesso a opportunità di acquisto interessanti per gli investitori internazionali. Due punti critici che affondano le proprie radici in altrettante questioni strutturali della Penisola: le indubbie difficoltà economiche in cui si dibatte il paese da ormai troppo tempo e un’offerta raramente in linea con le esigenze della domanda straniera, al momento l’unica a mostrare peraltro qualche discreto segno di vitalità. Gli spiragli di positività si chiamano invece trophy asset ed Expo, e si possono trovare soprattutto nelle grandi città, in primis a Roma e a Venezia, subito dopo a Firenze e a Milano.
È il quadro sintetico del mercato italiano del real estate alberghiero, così come è stato tratteggiato in occasione del recente convegno Tourism Investment, organizzato dalla società di consulenza R&d Hospitality, presso la fiera No Frills di Bergamo. Nulla di nuovo sotto al sole, insomma; oltre ai perduranti effetti della crisi, a ostacolare la ripresa delle transazioni, ha spiegato Daniele Grianti dell’Immobiliare Percassi, sarebbe infatti una delle ataviche caratteristiche del mercato alberghiero italiano: «Le strutture ricettive messe in vendita provengono quasi sempre da antiche storie di hôtellerie locale: famiglie che hanno costruito negli anni un’attività legata al mondo dell’ospitalità e che ora desiderano vendere gli immobili mantenendo però la conduzione dell’albergo. Gli investitori internazionali, tuttavia, sono generalmente più interessati a dare in gestione la struttura ai grandi player del comparto».
Prospettive migliori si intravedono, viceversa, per un prodotto di cui il mercato italiano è tradizionalmente ricco: «Il termine trophy asset risuona sempre positivamente nelle orecchie degli investitori», ha fatto notare ancora Grianti. «Anche in questo caso, però, non mancano le criticità: gli immobili disponibili spesso non sono molto conosciuti, mentre ancora una volta le aspettative di domanda e offerta tendono a divergere notevolmente. La situazione, in sintesi, non è affatto semplice, sebbene in questi ultimi tempi stiamo effettivamente notando una crescita della propensione all’acquisto, in particolare della domanda proveniente dall’Estremo Oriente».
Più complesso lo scenario real estate alberghiero legato a Expo 2015: «Per l’Esposizione universale le richieste dall’estero stanno finalmente arrivando, seppure un po’ in ritardo», ha raccontato Marco Bertazzi, collega di Grianti all’Immobiliare Percassi. «Il problema è che si cercano soprattutto immobili molto grandi, da 250-300 camere in su: strutture difficili da reperire sul mercato italiano». Le prospettive migliori, quindi, paiono più che altro legate al post-Expo. «Nell’area Rho-Pero, dove si svolgerà l’evento», è intervenuto infatti Guido Castellini, oggi in Alessandro Rosso Group ma con una recente esperienza nel campo dell’asset management, «a oggi sono stati realizzati circa il 30% degli hotel cantierabili». Dopo il semestre dell’Esposizione universale, inoltre, gli investitori impegnati nella zona dovranno fare i conti con i risultati delle proprie iniziative immobiliari: «Ci saranno strutture che non avranno performato secondo le aspettative e che, quindi, verranno presumibilmente messe sul mercato a prezzi particolarmente interessanti. Ma anche chi, grazie al traino di Expo, avrà ottenuto risultati eccellenti potrebbe essere invogliato a convertire gli immobili in realizzo».
Difficile tuttavia, al momento, capire con precisione quale sarà l’effetto dell’Esposizione universale sulla domanda turistica aggregata. Nonostante gli operatori continuino a mostrare un sano ottimismo, la stima dei 20 milioni di visitatori attesi (per un totale di 24-25 milioni di biglietti staccati) è ripetuta a ogni occasione ufficiale, quasi fosse un mantra utile a scacciare ogni possibilità di flop. Oggi però essa appare a molti una previsione eccessivamente ottimistica, come ha tra gli altri recentemente ribadito alla stampa anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Non solo: dei 20 milioni di individui che si pensa transiteranno attraverso i cancelli dell’Esposizione universale, ben 12 milioni dovrebbero essere di provenienza domestica. E, se si considera che la sola Lombardia conta circa 9 milioni di abitanti, è facile pensare che una buona fetta dei visitatori italiani non possa essere considerata domanda turistica tout court: almeno per il comparto alberghiero, dato che difficilmente trascorrerà alcuna notte fuori casa. Per di più, ha lamentato sempre Castellini, «le potenzialità per il settore ricettivo sono ancora tutte da verificare, visto che gli hotel non si decidono a fornire gli allotment a noi operatori. Eppure la storia delle Esposizioni universali precedenti dovrebbe suggerire agli albergatori una maggiore saggezza».
Una provocazione, quella di Castellini, a cui non ha peraltro risposto nessuno dei protagonisti del mondo ricettivo presenti al convegno. Arco Buijs, ceo di Voihotels, brand alberghiero del gruppo Alpitour, si è limitato infatti a dirsi soddisfatto del proprio 2014, le cui performance sarebbero state sospinte soprattutto dal buon andamento della domanda internazionale, favorito anche dalle difficoltà geopolitiche dell’area nordafricana. Per quanto riguarda le prospettive italiane di sviluppi futuri della sua compagnia, Buijs si è quindi allineato sulle posizioni degli altri relatori: «Fondamentalmente dipende dalle zone considerate: la Puglia e Roma, in particolare, ci paiono mete interessanti. Ma puntiamo a essere presenti anche a Milano. Sicuramente, però, non prima di Expo: aspettiamo le opportunità del dopo».
Simile, infine, la posizione di Paolo Bonomi di Falkensteiner (gruppo con sede a Vienna, dotato di 30 hotel in totale, di cui cinque in Italia), che ha rivelato come i piani di espansione della propria compagnia guardino soprattutto verso le grandi città: «Principalmente Roma e Venezia, seguite a ruota da Firenze e Milano. Ma ci interessano molto pure le destinazioni a forte vocazione leisure, tanto che a marzo dell’anno prossimo è prevista l’apertura di un nostro 5 stelle a Jesolo».

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