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Ma dove finiscono gli studenti?

Di Floriana Lipparini, 31 Marzo 2006

«Dove vanno a finire i nostri studenti? Diplomiamo centinaia di allievi che poi si disperdono e non seguono la strada che costituirebbe il logico sbocco professionale di questo ordine di studi. A parte alcune eccezioni, non li ritroviamo nelle grandi compagni alberghiere, nelle catene internazionali, nelle importanti imprese turistico-ricettive. A cosa si deve questo abbandono? Le ragioni sono molteplici, da una parte la poca propensione delle nuove generazioni al sacrificio che questo tipo di professioni inizialmente richiede per affermarsi, dall’altra però una certa arretratezza culturale del settore. Molti manager di successo, in questo campo, sono venuti su dal niente e forse sentono un po’ di gelosia verso chi ha buona preparazione scolastica di base. Qualcuno insiste col dire che in Italia da questo punto di vista non siamo all’altezza delle esigenze e che all’estero non è così. Non è vero, la formazione di base nella ristorazione italiana è più che sufficiente e tutti nel mondo ne hanno sempre riconosciuto la qualità. I problemi nascono nel tipo di ordinamento che si blocca troppo presto e non indirizza al successivo livello universitario come si dovrebbe».
Carlo Columbo, tornato come preside all’Istituto Alberghiero Carlo Porta di Milano dove anni prima aveva lavorato come docente, disegna un’acuta e appassionata analisi dello stato dell’arte nel settore della formazione turistico-alberghiera e del conseguente accesso alla professione dei giovani diplomati. Le sue opinioni sono giustamente critiche: «Stiamo ancora aspettando che gli istituti alberghieri vengano trasformati in percorsi liceali a pieno titolo. Scegliere un percorso di 4 anni invece che 5 ai giovani già dà un senso di svalutazione, quindi è evidente che per superare questo senso di inferiorità sarebbe necessario dare all’alberghiero pari dignità con gli altri ordini di scuole, ma questo purtroppo è un discorso che in Italia non è mai passato. I ragazzi sono disorientati da questa situazione, non vedono chiaramente gli sbocchi futuri, non capiscono come venga valutata la loro preparazione e dove possa condurli, perché ancor oggi manca un percorso univoco, coerente, ascendente dalla scuola dell’obbligo all’università. Difatti, anche nei nuovi corsi di laurea che stanno sorgendo di recente, a Milano e in altre città italiane, i nostri studenti non ci sono, come invece sarebbe logico».
Ma davvero nulla è stato fatto per migliorare le prospettive della formazione scolastica del settore, e nemmeno le nuove facoltà universitarie contribuiscono a elevarne la qualità e le opportunità di crescita professionale? Il professor Columbo anche su questo piano è piuttosto scettico. «Diciamo che le nostre facoltà di turismo non sono la Cornell University di Ithaca, negli Usa. E che l’aggiornamento dei licei è stato assolutamente disatteso, così come gli impegni presi nell’Odg del 18 dicembre 2003. Nel legislatore non c’è mai stata la percezione dell’importanza del turismo, tanto che ci muoviamo in controtendenza rispetto al resto del mondo che invece su questo settore punta moltissimo. Non basta dire che il turismo è il petrolio dell’Italia, come qualche ministro ha fatto. Queste sono solo parole. Guardiamo la Tunisia, con cui tra l’altro il nostro Istituto è gemellato, e che guarda a noi per la formazione. Lì hanno scorporato il turismo dal Ministero dell’Educazione e hanno creato un Ministero a parte. Qui invece si vuole regionalizzare la formazione turistico-alberghiera, riducendola a pura pratica, senza nulla capire del fenomeno turismo, della sua complessità, della sua autonomia».
Secondo Columbo, non è comunque questo il solo problema che ostacola la crescita professionale dei diplomati. Mancano anche altre voci, altri soggetti. «Le grandi aziende alberghiere e turistiche tacciono, invece sarebbe necessaria maggior relazione scuola-azienda per studiare modifiche dei percorsi, e ad esempio agganciare il turismo universitario alle facoltà di economia. Ma la cultura del management non è ancora patrimonio italiano. Le aziende ricettive, poi, assorbono ben pochi diplomati. Ad esempio, molti nostri studenti sono affascinati dalla sommellerie, poi però non trovano lavoro perché a livello intermedio non c’è niente, solo pochissimi alberghi 4 e 5 stelle hanno la figura del sommelier. Allora i ragazzi sono costretti a trasferirsi all’estero dove invece questa figura è molto più diffusa, perché noi italiani in questo campo siamo produttori ma non intenditori. Così finisce che formiamo professionisti per darli agli altri. Qui al Porta cerchiamo di qualificarli in modo polivalente come bar manager, un ruolo più ampio e flessibile che può essere svolto in varie posizioni, ad esempio per organizzare happy hour o come consulenti in aziende interessate ad avere proprie enoteche».
E se il preside del Porta avesse la bacchetta magica, cosa farebbe per la sua scuola? Un sogno nel cassetto Columbo ce l’ha. «Vedrei un campus residenziale come a Ithaca, formazione dalle 8 alle 21, sperimentazione, apertura, innovazione. Qui lo spazio c’è, non sarebbe impossibile».

Cosa si studia al Porta

L’Istituto Alberghiero C. Porta ha iniziato la sua attività con l’anno scolastico 1979/80 presso il Centro Omnicomprensivo del Gallaratese e prende il nome dal poeta Carlo Porta.
Nel 1984 l’Amministrazione del Comune di Milano ha assegnato la sede definitiva all’Istituto in via Uruguay 26/2. A partire dal 1° settembre 1989 è stato introdotto il Corso sperimentale “Progetto 92” divenuto, poi, di ordinamento.
A conclusione di un biennio comune a indirizzo alberghiero e della ristorazione (con insegnamento biennale di discipline quali principi di alimentazione, laboratorio di ristorazione settore cucina e laboratorio di ristorazione settore bar), rilascia 3 diplomi di qualifica :
• Operatore dei servizi di ristorazione – settore cucina
• Operatore dei servizi di ristorazione – settore sala bar
• Operatore dei servizi di ricevimento
Con l’anno scolastico ’92/93 sono iniziate le attività di specializzazione, nella cosiddetta terza area, previste per i corsi sperimentali post-qualifica con l’intervento di esperti esterni:
• Cuoco tecnologo nel Tecnico dei servizi di ristorazione
• Catering-banqueting nel Tecnico dei servizi di ristorazione
• Sommellerie vini e bevande nel Tecnico dei servizi di ristorazione
• Front-office, convegni e ricevimenti nel Tecnico dei servizi turistici
Conseguentemente, è stata avviata la collaborazione con l’Assessorato Regionale per l’Istruzione e la Formazione secondo il Progetto Intesa, o in forma surrogatoria a finanziamento statale, con l’Hotel Michelangelo, la Società Antares Hotels, l’Angem, l’Apam, l’Ais, e l’Asi, Associazioni professionali di categoria, con la Sodexho Italia SpA., il Maestro di Casa, con le quali è stipulata convenzione.
Durante il terzo, quarto e quinto anno si effettuano tirocini formativi presso le aziende più importanti del settore turistico-ricettivo, presso aziende di ristorazione tradizionale e catering, alberghi, centri congressi, agenzie di viaggio, enoteche e aziende vitivinicole della Lombardia e di Milano in Particolare.

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