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Lontano dai luoghi comuni

Uno studio del Porta di Milano sfata i pregiudizi più radicati sul rapporto scuola-lavoro

Uno studio del Porta di Milano sfata i pregiudizi più radicati sul rapporto scuola-lavoro

Di Massimiliano Sarti, 16 Gennaio 2014

Lo scollamento scuola-lavoro e la propensione degli studenti degli alberghieri a scegliere percorsi professionali diversi dal proprio indirizzo di studi sono alcuni dei luoghi comuni più diffusi del settore. Ma è davvero così? I dati raccolti nell’ultimo quinquennio dal Carlo Porta di Milano sembrano smentire gran parte dei pregiudizi più radicati: tra gli anni scolastici 2007-2008 e 2011-2012, gli alunni diplomatisi presso l’istituto meneghino, diretto dal preside Francesco Antonio Malaspina, hanno infatti trovato impiego in una percentuale costantemente attestata attorno al 70%, con un picco del 79,31% registrato nel 2009-2010 e un minimo del 68,04%, fatto segnare proprio durante l’ultima rilevazione riferita al 2011-2012. Non solo: l’82% degli occupati (2011-2012) lavora oggi proprio nel settore turistico: il 20% in albergo, il 37% nei ristoranti, il 12% nei bar e il 3% in pasticceria.
«L’idea di questa ricerca», spiega Massimo Casati, uno dei docenti del Porta che ha curato lo studio, «è sorta dall’esigenza di capire quali risultati generasse il nostro lavoro di insegnamento quotidiano. L’input iniziale è arrivato dalla nostra commissione qualità interna. Io, insieme a un’altra collega docente, Cristina Carrese, e con il sostegno tecnico di Vitaliano Rubino, l’ho solo raccolto e portato avanti nel tempo». La modalità è semplice: attorno al mese di luglio dell’anno successivo al diploma, gli ex studenti del Porta vengono contattati, prima via mail e ora telefonicamente, al fine di sottoporre loro un veloce questionario sulla loro situazione lavorativa. «Una serie di domande che abbiamo affinato nel corso degli anni, rendendole sempre più approfondite e segmentate, in modo da tracciare un quadro quanto più esaustivo possibile degli effetti della nostra offerta formativa».
Durante l’anno scolastico 2011-2012, in particolare, i diplomati del Porta sono stati 105. Di questi, gli autori dell’indagine sono riusciti a contattarne 97, pari al 92,38% del totale: a luglio 2013, il 68,04% del campione è risultato quindi essere occupato, l’8,25% stava proseguendo gli studi e il 23,71% era in cerca di prima occupazione. «Confrontando questi dati con quelli degli anni precedenti», racconta ancora Casati, «appare evidente come i livelli di placement siano rimasti sostanzialmente stabili, tenuto anche conto della particolare situazione economica del paese. Di contro è però aumentata la disoccupazione, a scapito soprattutto della quota di studenti che ha deciso di proseguire gli studi».
Per la prima volta da quando si svolge l’indagine, la ricerca condotta nel 2013 ha provato poi a scorporare i dati per area di studio, scoprendo alcune differenze affatto trascurabili: a trovare più facilmente occupazione paiono infatti essere gli studenti di sala-bar (82%), seguiti da quelli di cucina (72%), mentre qualche difficoltà in più incontrano gli allievi del corso di front office (52%). «Le spiegazioni, naturalmente, sono molteplici», riprende Casati. «Tuttavia è certo che i diplomati al ricevimento affrontano oggi la concorrenza degli studenti di altri istituti, come quelli turistici, e persino degli universitari, che sempre più spesso si trovano dietro al bancone delle lobby alberghiere. È evidente, perciò che dobbiamo sforzarci di rafforzare ulteriormente le competenze dei nostri allievi, soprattutto in ambito linguistico. Pensiamo perciò di sfruttare i momenti di attività extra-curriculari per organizzare nuove lezioni di approfondimento. Quest’anno, per esempio, abbiamo attivato una collaborazione con il Fai proprio per migliorare le conoscenze culturali e artistiche dei ragazzi del ricevimento».
Un altro dato interessante riguarda quindi la tipologia di contratti con cui gli ex-allievi del Porta vengono assunti: se l’11% di quelli usciti nel 2012 hanno infatti trovato un lavoro a tempo indeterminato (erano il 53% nel 2007-2008), il 34% lo ha ottenuto a tempo determinato, mentre il 24% è titolare di un contratto di apprendistato e l’11% di un rapporto a chiamata. Poco utilizzato appare invece lo stage (2%); significativa (9%), al contrario, è la percentuale di ex-studenti che hanno dichiarato di aver reperito solamente un impiego in nero. I dati del Porta sembrano infine confermare la scarsa propensione, dei giovani italiani, ad allontanarsi da casa. Il 95% dei diplomati 2011-2012 attualmente occupati lavora infatti in Italia: il 64% è rimasto a Milano, il 21% è impiegato in provincia e il 7% nel resto della Lombardia. Appena il 3% e il 5% lavora invece rispettivamente in altre regioni d’Italia o all’estero.
È chiaro comunque che l’indagine dell’istituto meneghino, data l’esiguità dei numeri considerati, non può certo dirsi esaustiva. Pur tuttavia segnala senz’altro una tendenza di fondo, che parla di una scuola sostanzialmente in linea con quelle che sono le esigenze di mercato e soprattutto in grado di fornire personale qualificato alle imprese del comparto. A conferma di ciò, basti pensare che ben il 32% degli occupati (sempre dell’anno scolastico 2011-2012) lavora oggi in grandi compagnie con più di 50 dipendenti. «Il nostro studio s’inserisce però in un percorso più ampio, che coinvolge anche altre scuole lombarde», conclude Casati. «Il Porta, infatti, oltre a essere accreditato dal ministero del Lavoro come soggetto che può stipulate convenzioni per i tirocini post-diploma e per i contratti di apprendistato, è pure, insieme all’istituto Vespucci di Milano e al De Filippi di Varese, tra i capofila del progetto Fixo: un programma Fse – ministero del Lavoro teso ad aiutare le scuole secondarie superiori e le università a realizzare e a migliorare i servizi di placement, a cui la nostra commissione qualità inoltra i dati delle ricerche da noi condotte». Speriamo quindi che l’iniziativa del Porta non rimanga un caso isolato, ma venga imitato anche da altri istituti, in modo da poter avere un quadro completo, e soprattutto scevro da pregiudizi e incomprensioni, del delicato rapporto scuola-lavoro.

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