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Location, tradizione e appartenenza

Daniel Barr racconta il proprio modo d'intendere la gestione del Grand Hotel Plaza di Roma

Daniel Barr racconta il proprio modo d'intendere la gestione del Grand Hotel Plaza di Roma

Di Massimiliano Sarti, 30 Luglio 2015

«Noi siamo molto più creativi e sensibili ai rapporti umani. Negli Stati Uniti, invece, è tutto più organizzato, con una grande attenzione a normare anche il singolo dettaglio. Però quella sottile linea di confine tra hotel e cliente, che separa la correttezza professionale dal calore di una giusta affabilità, qui in Italia si oltrepassa più facilmente che Oltre-oceano». Daniel Barr conosce bene le differenze tra il mercato della Penisola e quello a stelle strisce: nato in Austria, da padre americano e madre italiana, ha trascorso gran parte della propria carriera facendo la spola tra gli Stati Uniti e il nostro paese, con una particolare predilezione per la Capitale: «Rome is my home», Roma è la mia casa, ama infatti dire ai suoi amici americani. Dopo le prime esperienze a New York, Barr entra in particolare in Ciga Hotels, dove è direttore vendite e marketing per cinque anni. Collabora successivamente con la holding Silvano Toti (Capo d’Africa, Visconti Palace, Hotel dei Mellini, tutti di Roma), per poi assumere la direzione del Parco dei Principi, sempre nella Capitale. Negli ultimi anni, infine, dopo un’esperienza in Colorado, segue l’apertura di Palazzo Montemartini, ancora a Roma, per poi approdare, pochi mesi fa, alla direzione di una vera icona dell’ospitalità capitolina come il Grand Hotel Plaza di Via del Corso.

Domanda. Come è cambiata l’ospitalità in tutti questi anni? E come è cambiata anche la Città eterna?
Risposta. Roma è sempre la stessa. A essere diverso è il turismo in generale: prima ci si muoveva di meno e le prenotazioni avvenivano quasi tutte per via diretta. Oggi ci sono molti più viaggiatori in giro per il mondo e il mercato, con l’avvento di Internet, è diventato estremamente più dinamico.

D. Anche le esigenze degli ospiti si sono evolute?
R. Le aspettative, a mio avviso, sono rimaste più o meno le stesse. A mutare è stata l’attenzione al prezzo. Fino a poco tempo fa i margini di trattativa sulle singole tariffe erano ridotti. Il diffondersi di campagne promozionali sempre più pervasive, l’avvento delle agenzie online e lo sviluppo continuo dell’offerta hanno però cambiato le carte in tavola e ora la competizione è decisamente più serrata. Basti pensare che negli ultimi 20 anni il numero di 5 stelle a Roma si è letteralmente moltiplicato, e oggi la Capitale può contare su ben 23 hotel di lusso. Per non parlare poi delle strutture di categoria inferiore ma dotate di servizi assolutamente di eccellenza, nonché dei b&b esclusivi e persino dell’offerta di appartamenti luxury che si può trovare su canali come Airbnb.

D. Venendo all’attualità: vi preoccupa il grande battage mediatico conseguente all’articolo del New York Times sul degrado di Roma?
R. Seguiamo la vicenda con grande attenzione, cercando di evitare qualsiasi disagio ai nostri clienti. E spiegando anche loro che la questione è stata un po’ esagerata. In fondo, non è certo solo Roma ad avere questo tipo di problemi.

D. Quali le altre sfide quotidiane da affrontare nella gestione di un hotel tanto prestigioso?
R. Abbiamo una grande responsabilità: quella di mantenere il nostro status e il nostro posizionamento storico, al contempo cercando di migliorare laddove è possibile.

D. Come, e in cosa, in particolare?
R. Nell’attenzione al servizio al cliente. E ci sforziamo di farlo ogni giorno. Certo, si tratta di una variabile decisamente intangibile, difficile da quantificare. Ma il nostro mestiere è fatto così: sono le sensazioni impalpabili di un sorriso in più a fare la vera differenza.

D. In qualche modo dovrete però pur sempre misurare gli eventuali progressi…
R. Ci serviamo di strumenti interni per la valutazione di ogni singolo reparto: diamo grande peso ai commenti dei clienti, coinvolgendo i capi reparto e lo staff interessato a ogni specifica questione. La chiave, insomma, sta tutta nel confronto e nella comunicazione.

D. Un indiscutibile vantaggio competitivo del Plaza è sicuramente il fatto di essere un albergo dove è passata una parte importante della cronaca della città dell’ultimo secolo e mezzo: come ci si rinnova per rimanere al passo coi tempi, pur preservando la forza della propria tradizione?
R. Noi puntiamo soprattutto su tre fattori fondamentali: la location, la stessa storicità della nostra struttura e il senso di appartenenza del personale, unito a un grande impegno formativo. Da queste basi si muovono quindi tutti i nostri sforzi di aggiornamento continuo, per venire incontro alle evoluzioni della domanda. Insomma, siamo un hotel storico, ma dedichiamo grandi attenzioni ai cambiamenti.

D. Sul vostro sito non compare alcun marchio a parte il logo del Plaza: è davvero possibile rimanere completamente indipendenti in un mercato altamente competitivo come quello attuale?
R. Mi piace affermare che operiamo liberi da qualsivoglia catena. Non è facile, certo, però ci riusciamo grazie soprattutto all’esperienza del nostro team di direzione, affiancato dai capi servizio e dall’ufficio commerciale. Senza presunzione, posso dire che sappiamo come muoverci. Con tutto che 200 camere in pieno centro di Roma non siano facili da riempire per nessuno.

D. Se riesco a immaginare che su bacini storici quale quello Usa, una struttura come la vostra abbia ormai un’immagine consolidata, mi chiedo però quanto sia difficile, per voi, provare a entrare nei mercati emergenti senza l’ausilio di un qualche brand internazionale, seppure solo in modalità soft.
R. Diciamo che mantenere la base è già importante. Per noi significa, nell’ordine, curare particolarmente la domanda proveniente dall’Italia, dagli Stati Uniti, dal Medio Oriente e dai principali paesi europei. Poi, certo, ci interessa anche altro. Alla Cina, per esempio, ci stiamo avvicinando proprio adesso. Abbiamo già alcuni rapporti con consolati e ambasciate, ma soprattutto contiamo su una risorsa interna completamente dedicata al mercato dell’area Asia – Australia, che conosce perfettamente il mandarino. Il futuro, per il resto, non è ancora scritto…

Breve storia dell’albergo

Con le sue attuali 200 camere, il Grand Hotel Plaza, progettato dall’architetto Antonio Sarti, si trova da un secolo e mezzo nell’antico Palazzo Lozzano di Via del Corso. Inaugurato nel 1865, divenne rapidamente un punto d’incontro privilegiato per viaggiatori, nobili, ambasciatori, artisti, dignitari, politici e regnanti in visita alla Città eterna. Negli anni 1920, il nome originario di Albergo Roma fu mutato in quello, maggiormente internazionale, di Plaza. In un ambiente e in un contesto tanto stimolanti, innumerevoli sono stati quindi gli artisti e le personalità, che hanno scelto di trascorrere alcuni periodi della loro vita presso questa struttura: primo fra tutti, il compositore Pietro Mascagni, che per oltre 20 anni dimorò in una delle sue suite. Va inoltre ricordato che, nel 1957, si tennero nel salone delle feste gli incontri preliminari per la stipula dei trattati di Roma, che istituirono la Cee e l’Euratom. Ma il Grand Hotel Plaza è stato prescelto in innumerevoli occasioni anche come set cinematografico: tra i tanti, basti citare Luchino Visconti, che qui girò gli interni de Il Gattopardo e de L’innocente. Più recentemente vi sono invece state ambientate pure alcune scene di Ocean’s 12, con Brad Pitt e George Clooney, nonché di Gangs of New York di Martin Scorsese.

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