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L´Italia torna nella top 10 Cbi

Non è solo una questione di buone performance economiche

Non è solo una questione di buone performance economiche

Di Marco Bosco, 2 Dicembre 2011

Dopo il Canada, che si conferma davanti a tutti, è la Svizzera la vera storia di successo del 2011. Ma anche l´Italia può tirare un sospiro di sollievo e, passato un anno di Purgatorio, rientrare nella top 10: se non delle agenzie di rating internazionali, almeno del Country Brand Index 2011-2012 (Cbi). Lo studio globale della società di consulenza FutureBrand, giunto ormai alla sua settima edizione prende in esame, ogni anno, il valore del marchio-nazione di 113 paesi differenti, in base ai parametri tradizionalmente utilizzati per giudicare le performance di qualsiasi brand commerciale. E il paese elvetico è riuscito nell’impresa di passare in tre anni dall´undicesima alla seconda posizione, imponendosi, in particolare, al vertice della classifica relativa all´indice del miglior paese dove fare affari. Come nel 2010, la Svizzera, una delle indiscusse culle dell´ospitalità mondiale, attrarrebbe visitatori e investimenti grazie alle sue normative favorevoli e alle sue infrastrutture efficienti, combinate con alcune delle più apprezzate bellezze naturali al mondo, a un solido portfolio di marchi «Made in» e a un’economia stabile.
Tra le stelle cadenti del firmamento dei brand-paese mondiali compare, invece, il Regno Unito che, come era capitato all´Italia l´anno scorso, esce per la prima volta dalla top 10: uno scivolone doloroso, e forse inaspettato, per la nazione britannica, si legge nello studio FutureBrand, soprattutto se si considera che il 2011 è stato l´anno del matrimonio reale, con il relativo seguito di grande copertura mediatica. Il Regno Unito, tuttavia, rimane fiducioso per il 2012, quando spera che l’effetto Olimpiadi possa rimediare ai risultati deludenti di quest’anno.
Ma la Gran Bretagna non è l´unico paese importante a perdere colpi. Anche il brand Stati Uniti scende di due posizioni: un trend negativo specchio di una situazione socio-politica ed economica negativa. Lo stesso discorso vale per la Francia, il cui marchio, che scivola anch´esso di due piazze, passando dal settimo al nono posto, sconta tutte le difficoltà che stanno investendo l’Unione europea. Paradossalmente, a leggere i motivi dei declini americani, britannici e francesi, va invece meglio al Giappone, che quest´anno ha vissuto una delle sue peggiori crisi dalla fine della Seconda guerra mondiale: oltre al trauma causato dalla morte di tante persone, le stime indicano, infatti, che l’impatto finanziario dello tsunami e del terremoto dello scorso marzo potrebbe superare i 300 miliardi di dollari. Ciononostante, il Cbi rileva l’ascesa al quarto posto in classifica del paese del Sol levante, grazie alle ottime performance dei suo indici sugli standard dell´offerta turistica, dove raggiunge il primo posto, e sulla qualità della vita, dove scala ben cinque posizioni. A spiegare, almeno parzialmente, questo fenomeno apparentemente contraddittorio, il fatto che l´esposizione mediatica, a prescindere dalla natura stessa della notizia, ha avuto sicuramente effetti positivi sulla visibilità generale del paese nipponico. A ciò si deve poi aggiungere pure l’apprezzamento generale per i decenni di solida reputazione che il Giappone ha saputo costruire e che oggi costituiscono la base in grado di sorreggere il proprio brand-nazione in momenti tanto difficili.
«Alla categoria dei paradossi appartiene peraltro anche l’Italia, che rientra nella top 10 dopo esserne scivolata fuori nel 2010, e dopo aver sperimentato l’ebbrezza della prima posizione nel 2005», racconta il ceo di FutureBrand Milano e Parigi, Susanna Bellandi. Anche in questo caso pare essere stata l´esposizione mediatica uno dei fattori trainanti: «L´insperata risalita dell´Italia», spiega infatti Bellandi, «sembra figlia del detto “male o bene, l’importante è che se ne parli”. E se lo scorso anno, fattori come il persistente stato di conflittualità, le campagne stampa internazionali dedicate agli scandali della politica e i pesanti riflessi della crisi economica, avevano giocato a sfavore dello stivale, quest’anno la rafforzata esposizione mediatica sembra aver generato nuovo interesse per il nostro paese. Ma la caduta si è arrestata anche perché esiste, a livello mondiale, un generale apprezzamento per la nostra storia, per i valori che le sono legati e, forse, per i primi segnali di un risveglio dell’opinione pubblica sui temi improrogabili che riguardano la vita di tutti». Il brand Italia, in particolare, rimane, come da tradizione, leader nella classifica dell´indice tradizione e cultura, ma è solo al ventitreesimo posto nella graduatoria relativi ai paesi ideali per fare affari.
Al primo posto della classifica generale, come dicevamo, rimane ancora una volta il Canada, nonostante il paese della foglia d´acero non risulti ai vertici di nessuno dei cinque indici principali di valutazione. Ciò dimostra che è la coerenza il più importante dei singoli criteri di giudizio. Ma la forza del Canada deriva anche da un´attenta gestione attiva del proprio brand, realizzata attraverso azioni concrete e migliorative. «In breve», conclude Bellandi, «i migliori brand-paese presentano tutti un forte senso di identità, sviluppato nel corso del tempo e presentato in maniera coerente in tutti i punti di contatto con il resto del mondo. La forza del marchio-nazione va peraltro ben al di là delle dimensioni geografiche, delle prestazioni finanziarie o della notorietà di un paese. Sebbene molti stati ritengano che la consistenza del proprio brand dipenda dalle prestazioni economiche, possiamo infatti affermare che l’economia da sola non basta a garantire loro una buona posizione in classifica. Come negli anni passati, inoltre, anche nel 2011, i paesi che occupano i primi posti condividono alcuni tratti comuni: sono democratici, progressisti, mediamente stabili dal punto di vista politico ed economico, e sono abituati a condurre i propri affari in inglese. Per far primeggiare il proprio marchio, insomma, serve molto di più di buone performance economiche: un brand-paese forte rende migliore la vita delle persone».

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