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L’Italia sta vivendo un momento decisivo

Tra Brexit e crisi del Nord Africa, a Tourism Investment si è parlato delle prospettive del mercato alberghiero della Penisola

Tra Brexit e crisi del Nord Africa, a Tourism Investment si è parlato delle prospettive del mercato alberghi

Di Massimiliano Sarti, 20 Aprile 2017

Opportunità, sfide ed evoluzione del mercato alberghiero italiano, in termini di investimenti e prospettive del comparto. Il tutto cercando di contemperare in un’unica visione i punti di vista di istituzioni e operatori, locali e internazionali. È stata una giornata intensa quella organizzata al Meliá Milano da Pkf, in concomitanza con la settimana del Salone del mobile e della Bit. Tanto più che Tourism Investment si è immediatamente aperto con una provocazione di Michael Widmann: «Il governo italiano di oggi è noioso e flemmatico. Non succede niente…», ha infatti esordito il managing director della stessa Pkf. «Bene! Gli investitori hanno proprio bisogno di questo: di amministratori in grado di riflettere. Non di personaggi che propongono soluzioni semplici a problemi complessi, solo per fare effetto sugli elettori. In giro ci sono già abbastanza Brexit e Trump…».
Una considerazione da ponderare con attenzione, se è vero che l’attuale contesto di mercato potrebbe rivelarsi un momento decisivo per il futuro degli investimenti nella Penisola. Proprio l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, ha proseguito Widmann, sta cambiando le carte in tavola: con il ridimensionamento di quello che fino a pochi mesi fa era il principale mercato del real estate continentale, i capitali stanno oggi provando nuove strade. E per chi è alla ricerca di ritorni superiori al 3% le alternative si restringono. Ecco allora che l’interesse per l’Italia aumenta, e si aprono nuove opportunità.
Una prospettiva condivisa anche dal presidente di Confindustria alberghi, Giorgio Palmucci: «Non è solo merito nostro naturalmente. Rammentiamo che oggi ci sono 18 milioni di turisti orfani delle mete del Nord Africa, che abbiamo il dovere di intercettare. A tal riguardo il Piano strategico del turismo (Pst) va sicuramente nella giusta direzione. Perché per la prima volta ci troviamo per le mani uno strumento frutto di un lavoro di condivisione con tutti gli stakeholder di settore». Fondamentale è però anche riuscire ad attirare gli investitori internazionali. Ricordando la presenza di Confindustria alberghi all’ultimo International hotel investment forum di Berlino, Palmucci ha perciò preannunciato la propria intenzione di premere sugli organizzatori, al fine di far inserire il tema Italia all’interno del panel della prima giornata di lavori: «Quella durante la quale in platea ci sono veramente tutti».
D’accordo sulle potenzialità del Pst si è detto pure Walter Pecoraro: «Ora tuttavia non ci si può dimenticare di declinarne i contenuti sulle problematiche quotidiane e operative». Il presidente di Federalberghi Lazio ha poi difeso il modello nazionale di ospitalità, spesso caratterizzato da «quel senso di famiglia, che non può essere considerato una diminutio, come a volte si sente dire, bensì rappresenta un vero valore aggiunto», soprattutto nell’epoca contemporanea del cosiddetto turismo esperienziale. Non solo: il tema tipicamente italiano dell’azienda familiare ha anche altri vantaggi. Per esempio ti «permette di decidere quale hotel comprare durante il pranzo pasquale», ha fatto notare con seria leggerezza l’amministratore delegato di Planetaria Hotels, Sofia Gioia Vedani. «A tavola c’è poi certo ogni volta un fratello che non è d’accordo, ma finisce immancabilmente in minoranza».
Il modello tricolore non è però sempre tutto rosa e fiori, ha ricordato il presidente di Allegroitalia Hotels & Condo, Piergiorgio Mangialardi, citando un paio di esempi di eccessivo individualismo: «Noi abbiamo avuto due contratti di management in Italia. I proprietari erano simpaticissimi, però pretendevano di spegnere le luci alle 23.30, non appena anche l’ultimo degli ospiti in casa si era ritirato dalla hall». Nonostante le piccole difficoltà che qualsiasi realtà in fase di crescita incontra lungo il proprio cammino, la strategia del gruppo con sede presso il Golden Palace Hotel di Torino rimane ancora quella che ha ispirato sin dall’inizio le attività della compagnia: cercare hotel non performing, soprattutto business, da affiancare o acquistare per realizzare un piano coerente di rilancio.
Fabrizio Gaggio di Atahotels ha invece gettato un po’ di luce sullo sviluppo dell’integrazione con Una, a seguito della recente chiusura definitiva del deal tra i due operatori. L’idea, ha spiegato il direttore generale della compagnia controllata dal gruppo Unipol, è quella di rideclinare entrambi i brand, mantenendone tuttavia separate le entità. Al momento sarebbe in particolare in corso la definizione di una nuova architettura dei marchi, in collaborazione con un importante advisor di settore. Confermato inoltre il trasferimento degli uffici fiorentini di Una nel capoluogo lombardo, dove il team seguirà una fase di integrazione complessa, «per due realtà che hanno operato fino a oggi su logiche manageriali e comunicative differenti». Tra gli obiettivi futuri, Atahotels punterebbe quindi a nuove aperture nelle destinazioni primarie di Milano, Venezia e Roma, possibilmente tramite la stipula di contratti di affitto a lungo termine. Ma Gaggio ha anche accennato alla possibilità di una eventuale rivisitazione in chiave più contemporanea del modello di offerta alberghiera del gruppo, su ispirazione tra gli altri di alcuni brand all’avanguardia, quali il britannico CitizenM. Il riferimento, in questo caso, è alle nuove tendenze in tema di aree comuni condivise, con outlet f&b pret a manger e librerie che diventano un punto d’incontro con lo spazio Internet o un dj set ad hoc.
Ma se queste sono le prospettive locali, come vedono invece il mercato italiano dall’estero? «Penso che le sfide della Penisola non siano poi tanto diverse da quelle che si possono trovare anche altrove», ha dichiarato il vicepresidente senior attività operative internazionali di Best Western, Suzi Yoder. Certo, la proprietà familiare non è sempre un vantaggio dal punto di vista dei grandi gruppi globali. Soprattutto quando si ha a che fare con operatori non abituati a lavorare con i brand, ha fatto notare il regional vice president Marriott Europa occidentale, Timothy Walton. «Ora però stiamo osservando una crescita del numero di investitori istituzionali impegnati nel settore». E questo potrebbe rivelarsi un vantaggio decisivo.
In termini di sviluppo nella Penisola, il leasing è stata la tipologia contrattuale indicata da molti dei presenti alla tavola rotonda come la più adatta alle caratteristiche del mercato tricolore. D’altronde «il management non trova regolamentazione precisa nell’ordinamento nazionale e ciò cambia radicalmente il profilo di rischio di questo genere di affiliazione», ha osservato ancora Walton.
Una valida alternativa al leasing è invece il franchising. Seppure in Italia, come del resto avviene spesso anche altrove, ci sono troppe persone che pensano di poter prendere solo la parte che gli interessa del contratto, evitando per contro qualsiasi onere, ha sottolineato Georg Schlegel, managing director Central & Eastern Europe di Choice Hotels. Ma ancora una volta le opportunità non mancano: nella Penisola ci sarebbe soprattutto carenza di offerte lifestyle, di design e limited service dallo stile italiano. «Noi grandi gruppi internazionali non possiamo però pensare di espanderci cambiando il modo di pensare e di agire dell’ospitalità locale», ha ammesso ancora Schlegel.
Tiene infine aperte le porte ai contratti di management il gruppo Meliá, che in Italia si è sviluppato in questi anni proprio grazie a tale forma di affiliazione o all’affitto. Oggi presente nella Penisola con sei proprietà, il gruppo spagnolo punta a crescere ulteriormente nel paese arrivando a 11-12 hotel totali, hanno rivelato Sara Ranghi e Palmiro Noschese, rispettivamente global customer experience director e area manager Italia. Oltre al già annunciato albergo da realizzarsi all’interno della Torre Galfa di Milano, gli obiettivi sono quindi oggi le destinazioni balneari (Sicilia, Puglia e Campania su tutte) e poi Firenze, Venezia, il raddoppio delle strutture a Roma. E ancora Genova e Capri.

Piano strategico del turismo: peccato per la mancanza di fondi dedicati

Tax credit riqualificazione strutture turistiche, per il quale sono confermate risorse pari a 460 milioni di euro fino al 2020; un accordo con il Ministero dello sviluppo per la realizzazione di una rete wifi a banda larga a livello nazionale; E ancora 90 milioni di euro per promuovere la mobilità dolce. Sono alcune delle misure promosse recentemente dal Ministero del turismo italiano, che si vanno ad aggiungere all’approvazione del Piano strategico: un documento importante, soprattutto perché si tratta del primo di questo respiro, per di più stilato con l’attiva collaborazione degli operatori del comparto. Peccato solo che non sia dotato di strumenti finanziari propri, rischiando così di diventare un’arma spuntata. Una scelta che invece la responsabile relazioni internazionali del Mibact, Alessandra Priante, ha definito «strategica». In tale contesto, il compito del ministero sarebbe infatti quello di aiutare chi ha a disposizione i fondi (come per esempio le istituzioni locali, ndr) ad armonizzarne l’utilizzo nella direzione sperata. Alessandra Priante ha poi anche accennato a un ennesimo tentativo di riorganizzazione del sistema di classificazione alberghiera nazionale, con un occhio di particolare riguardo a sostenibilità e accessibilità.
Più concreto invece l’intervento di Aldo Mazzocco, che ha finalmente fornito qualche indizio sul Fondo investimenti per il turismo. Dotato lo scorso luglio da Cassa depositi e prestiti di 100 milioni di euro, lo strumento mira a operare favorendo la separazione tra proprietà immobiliare e gestione alberghiera, tramite operazioni di «buy and lease back». Il responsabile Group Real Estate di Cdp (presto in uscita, visto che sta per assumere l’incarico di a.d. del team immobiliare di Generali, ndr) ha quindi rivelato che una prima operazione sarebbe già stata approvata, mentre si attende a momenti la chiusura di una seconda. In estate si dovrebbe quindi partire con sette-otto strutture, date in gestone a tre-quattro gestori specializzati.

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