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L’esperienza di un corso Fse raccontata da un’allieva: molte luci e qualche ombra

Di Vanna Guzzi, 6 Giugno 2003

Nei mesi scorsi ho partecipato a un corso finanziato dal Fondo sociale eropeo e dalla Regione Lombardia, indirizzato alla formazione della figura professionale di “ideatore di percorsi turistico-culturali”. Il corso era rivolto a laureati in materie umanistiche, ed è stato organizzato dall’Isu, Istituto per il diritto allo studio universitario dell’Università degli studi di Milano. Una parte delle ore previste era destinata a lezioni in aula, un’altra a un periodo di stage formativo, da svolgersi presso società, aziende o enti che si occupano di turismo, in consonanza con gli obiettivi.
Essendomi laureata da poco ho ritenuto che un’attività di questo tipo potesse essermi utile, rappresentando inoltre un graduale passaggio dal mondo dell’università a quello del lavoro. Arrivata ormai alla conclusione posso in effetti giudicare positivamente la mia esperienza.
A livello organizzativo penso che ci siano stati alcuni punti di forza, dati soprattutto dalla presenza di alcune materie molto ben strutturate. Per alcune di esse, ad esempio storia dell’arte e informatica, l’organizzazione è stata, a mio giudizio, quasi perfetta. Nel primo caso le ore di lezione sono state inoltre integrate da bellissime uscite in visita a Milano accompagnati da guide turistiche esperte. Nel secondo ci è stata invece offerta la possibilità di sostenere l’esame dell’Ecdl, la patente europea del computer. Altro elemento positivo che mi è rimasto è stato la presenza di alcuni professori veramente preparati, che mi hanno trasmesso le loro conoscenze riuscendo a volte a farmi apprezzare anche argomenti su cui partivo con un certo pregiudizio. Non trascurerei inoltre l’aspetto umano e sociale dell’esperienza vissuta, considerato che l’essermi ritrovata a trascorrere gran parte della giornata con un gruppo di nuove persone che non conoscevo, ognuna con la propria storia personale alle spalle, è stato sicuramente un arricchimento notevole.
Qualche problema si è presentato invece nella ricerca dei luoghi di lavoro dove io e i miei compagni avremmo dovuto trascorrere il periodo di stage previsto. Bisogna dire che c’è stata una oggettiva difficoltà in questo, dovuta al fatto che solo una parte dei luoghi contattati hanno offerto la loro disponibilità e a volte, purtroppo, con richieste che non rispondevano molto alle nostre esigenze. Penso che l’adattamento sempre necessario in queste circostanze fosse accettabile ma entro certi limiti. Mi sembra infatti importante che uno stage a conclusione di un corso abbia attinenza con lo stesso, ancor più considerato che ci veniva richiesto di scrivere una relazione su questo periodo lavorativo, da discutere poi di fronte a una commissione in sede di esame finale.
Io ho avuto la possibilità di lavorare nella redazione di un giornale, in consonanza coi miei interessi. Ho fatto quindi esperienza delle diverse fasi necessarie alla sua realizzazione e mi sono stati affidati compiti che ho particolarmente apprezzato: la partecipazione a conferenze stampa, interviste e la stesura dei relativi articoli che sono poi stati pubblicati. Posso quindi dire che, nel mio caso, lo stage è stato in effetti utile.
Ritengo pertanto che corsi di questo tipo possano risultare formativi se ben strutturati e organizzati con serietà. Elemento da cui soprattutto non bisognerebbe mai prescindere nella loro organizzazione è la concretezza e la coerenza del progetto, senza le quali se ne perderebbe un po’ il senso.

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