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Le stelle sono tante, ma una è quella della Stüa

Il ristorante dello storico Hotel La Perla guidato da Michil Costa riconquista la Stella Michelin grazie all'ambiziosa proposta gastronomica dello chef Simone Cantafio

Il ristorante dello storico Hotel La Perla guidato da Michil Costa riconquista la Stella Michelin grazie all'

Di Silvia De Bernardin, 18 Gennaio 2023

Una stella è tornata a splendere in Alta Badia. È quella della Stüa de Michil, il ristorante gourmet dell’Hotel La Perla, a Corvara. Incastonato nel cuore delle Dolomiti e interprete dell’autentica ospitalità ladina, a esprimerne la proposta gastronomica è, da due anni, lo chef Simone Cantafio. Proprio lui – milanese dall’anima calabrese, formato alla scuola di Gualtiero Marchesi e arrivato in terra altoatesina dopo molti anni trascorsi in Giappone – ha riportato qui l’ambita Stella Michelin. Con una proposta che mescola territorio e sapori d’Oriente, alla ricerca di una sintesi gastronomica ambiziosa. Come ci racconta in questa intervista insieme a Michil Costa, padrone di casa dello storico Hotel La Perla e fine interprete del mondo dell’ospitalità.

Domanda. “Da quando siamo nati, le stelle ci portano in un mondo altro”, si legge nella newsletter con la quale, qualche settimana fa, avete annunciato la riconquista della Stella. E questa, di stella, dove porterà?
Risposta – S. Cantafio. Per noi questo è un punto di inizio. Sono solamente due stagioni che siamo qui con il gruppo di lavoro e questo è il nostro modo di lavorare ad alto livello. Siamo giovani, siamo molto ambiziosi, e siamo in tanti: i ragazzi di cucina e di sala, ma anche un gruppo alle spalle che ci dà la possibilità di esprimerci e di fare un certo tipo di cucina. Oggi non è più come vent’anni fa: si parla sempre di più di sostenibilità umana, ambientale, economica e tutto deve incastrarsi. Ecco, la sensazione che abbiamo qui oggi è che tutti si incastri bene.
Risposta – M. Costa. Le stelle sono la poesia del cielo. Sono delle cicatrici dell’universo che tengono insieme, che congiungono: aver raggiunto la stella è una scusa per pensare a mondi altri, che ancora non sono stati scoperti. Ci unisce questa volontà di fare le cose per bene, il metterci in gioco per fare una cosa bella e di qualità, dal punto di vista umano (prima ancora che economico).

D. Sempre in quella newsletter fate riferimento alle Stelle che in Alta Badia c’erano in passato e che poi si sono perse, a scapito di tutti. Cosa rappresenta questa Stella oggi anche per il territorio, oltre che per Stüa de Michil?
R. M. Costa. Una Stella che riappare nel territorio unisce la comunità perché la spinge a dare il meglio di sé. Anni fa noi fummo i primi, poi seguirono altri ad altissimi livelli. Ed è successo che tutta la comunità, anche gli esercizi ricettivi più semplici e i rifugi di alta montagna si sono messi a fare qualità. Come territorio abbiamo raggiunto un’importante consapevolezza di quanto sia importante la qualità per attrarre le persone. Chi oggi viene in Alta Badia lo fa non perché c’è la Stüa, ma perché c’è un sistema che funziona.

D. Chef, come definirebbe la sua cucina?
R. S. Cantafio. Io dico sempre che cucino quello che sono e quello che ho vissuto. Ovvero, quello che ha vissuto un ragazzo che è nato in provincia di Milano da una famiglia calabrese, che a 18 anni ha incontrato Gualtiero Marchesi e ha visto aprirsi il mondo dell’alta gastronomia, che da lì è partito per un viaggio all’estero durato 14 anni che lo ha portato dall’altra parte del mondo, soprattutto sull’isola di Hokkaido, in Giappone. E che poi è tornato sulle Dolomiti. Sono questi i quattro pilastri della nostra cucina: il Nord e il Sud Italia, il Giappone e l’Asia e poi il territorio in cui siamo. È qui che reperiamo gran parte delle materie prime, ma è uno sguardo sulla montagna diverso: quello di un ragazzo che non è nato qui e che ha viaggiato per tanto tempo.

D. Una cucina “naturale”. Un termine oggi molto usato. Cosa significa per lei?
R. S. Cantafio. Oggi a far parte del progetto Stüa non sono solo i ragazzi di sala e di cucina, ma anche i produttori locali. È un progetto di produzione e sostenibilità basato su una cucina che rispetta più che la stagione, la giornata. Abbiamo due menu degustazione, che sono percorsi molto strutturati, ma poi ci divertiamo con i fuori carta che sono, appunto, quello che la natura ci dà in quel singolo giorno e che ci stimola.

D. C’è molto della cucina asiatica nella sua proposta. Eppure, il Giappone e le Dolomiti sembrano lontanissimi…
R. S. Cantafio. La cosa più bella che ho assaporato in queste due esperienze è che, anche a 10mila km di distanza, la natura è la stessa. Il Giappone ha una geografia che si sviluppa grosso modo sulle stesse linee dell’Italia, ci sono parallelismi molto interessanti: sono due terre così lontane eppure vicinissime, se guardiamo ai prodotti. Certamente, si tratta di due culture differenti, ma sta al cuoco metterle insieme e legarle. Il bello è proprio scoprirle e trovare un punto di incontro. Ed è quello che cerchiamo di fare noi.

D. Nell’epoca dei social e delle recensioni, ha ancora senso un riconoscimento come la Stella Michelin?
R. M. Costa. Le guide famose di un tempo sono praticamente scomparse, soppiantate da altre forme di comunicazione. L’unica guida che conta ancora davvero per noi ristoratori è la Michelin. Per quanto riguarda le recensioni, non possiamo farne a meno. Viviamo in questo mondo digitale e come fai a opporti allo spirito del tempo? Non è possibile. A noi interessa ogni recensione. Quello che, piuttosto, mi spiace è che il giornalismo enogastronomico serio non venga abbastanza preso in considerazione e abbia oggi meno visibilità perché non è vero che per valutare la qualità di un piatto un palato vale l’altro.

D. I ristoranti hanno difficoltà a trovare personale. Cosa sta succedendo?
R. M. Costa. Dobbiamo continuare a investire sul benessere delle persone, che significa fare formazione, avere in casa una persona che si occupi di loro anche dal punto di vista psicologico. Chi non vuole più avvicinarsi a questo lavoro lo fa per diversi motivi, non è solo colpa del reddito di cittadinanza. Siamo stati noi ristoratori che abbiamo sfruttato le persone fino all’altro ieri, che abbiamo vissuto la cucina come una caserma, e ancora adesso la vecchia scuola degli chef di cucina funziona così. Ma i giovani oggi vogliono anche altro, ad esempio capire come funziona la comunicazione. Se non lo fa la scuola alberghiera, siamo noi imprenditori a dover dare ai ragazzi la possibilità di capire davvero cosa piace loro. Diamo dignità all’uomo. Per me essere albergatori è una missione, e questa missione contempla anche la formazione dei giovani: dobbiamo metterci la faccia in primissima persona.

D. Non è quindi una questione generazionale…
R. S. Cantafio. Qualche anno fa, quando ho iniziato io a fare cucina, c’era una parola che si usava molto: avanguardia. Oggi credo che la nuova avanguardia noi stia tanto nello sfornare ricette nuove quanto nel capire come il personale vuole lavorare, trovare un equilibrio e tenere alto il livello. La mancanza di personale è un problema che sentiamo molto attuale, fortunatamente qui riusciamo a gestirlo perché con il gruppo si è deciso di analizzare la questione alla base parlando con le persone per capire cosa vogliono e quali sono le condizioni ideali per lavorare oggi in un ristorante. Non è vero che i giovani non vogliono lavorare: come in tutte le epoche ci sono quelli che hanno voglia e quelli che non ce l’hanno. È ovvio che bisogna metterli in condizione di poterlo fare. Qui c’è un ambiente di benessere che passa dalle ore lavorative, che teniamo costantemente monitorate, dagli stipendi che sono importanti, da cose come avere colazione, pranzo e cena serviti seduti e caldi e dallo spazio dato per vivere le proprie passioni. Sono tutti aspetti che danno dignità al lavoro. Oggi i nostri ragazzi sono motivati e carichi, c’è il gruppo e questo per me è fondamentale perché poi si risente nei piatti: una persona che sta bene, cucina bene.

D. Dopo questa Stella, a cosa punta Stüa de Michil?
R. M. Costa. Con Simone ho capito subito di avere a che fare con una persona molto molto capace. Gli obiettivi sono molto alti. Dal punto di vista imprenditoriale siamo disposti a investire soldi, energia e tempo per raggiungere il massimo riconoscimento. Ne abbiamo la capacità e la voglia, i ragazzi sono giovani, arriveremo molto lontano, lo sento.
R. S. Cantafio. Per raggiungere grandi obiettivi è importante stare bene. Io qui sto bene, la mia famiglia sta bene e con il gruppo di ragazzi siamo ambiziosi, abbiamo un territorio intorno a noi incredibile. I presupposti per crescere ci sono tutti, noi facciamo il nostro, cercando di farlo al meglio tutti i giorni, divertendoci, e queste credo siano le premesse per un grande futuro. Il resto lo facciamo fare a chi scrive le guide.

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