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Le sofferenze del turismo

Di Antonio Caneva, 28 Luglio 2016

Sono entrato nel ripostiglio e le valigie mi hanno fatto l’occhiolino, così mi sono reso conto che è tempo di vacanze.
Le associazioni del settore turismo si proclamano (ancora adesso?) ottimiste sull’andamento della stagione. E questo malgrado i recenti fatti delittuosi. Effettivamente, non credo che andare a Madonna di Campiglio o nel Gargano possa essere più pericoloso che stare a Milano o Roma.
Una conoscente poi mi dice che non prende più la metropolitana a Milano, perché una città, importante, può essere mira del terrorismo; ma questo non è un rimedio al terrore globalizzato, quando si legge, per esempio, di un attacco a colpi d’ascia su un treno locale a Wuerzburg: località poco conosciuta persino ai tedeschi!
La realtà è che questi episodi cruenti sono ormai quasi quotidianità in tutto il mondo; non importano le dimensioni e rilievo delle località: Asia, Africa, America e, in Europa, Francia, Belgio, Germania, Turchia; il terrore è diventato globale ed, essendo possibile in ogni luogo, per definizione non è più da nessuna parte.
Malgrado lo straziante dolore per le vittime nessuno può chiamarsi fuori. E non c’è motivo di cambiare le nostre abitudini e rinunciare al turismo, antidoto alla depressione; non bisogna dare argomenti a chi ci vorrebbe in un angolo spauriti: la vita continua e dobbiamo persistere, continuando a farla nostra.
In una attenta analisi del momento in relazione al turismo, Beppe Severgnini, sul Corriere delle Sera, afferma: «È ragionevole cedere all’ansia? No, è comprensibile, ma non ragionevole».
Mi riprometto di andarlo a sentire in montagna, alla programmata presentazione di un suo libro.
Secondo i casi, auguri di buone vacanze o di buon lavoro, e arrivederci al 1° settembre.

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