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Le risorse umane nell’era 2.0

Valutare i candidati: punti di forza e limiti delle informazioni contenute nei social network

Valutare i candidati: punti di forza e limiti delle informazioni contenute nei social network

Di Mary Rinaldi, 11 Luglio 2013

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Che Internet abbia cambiato il mondo è opinione ormai talmente diffusa da renderci difficile persino immaginare come sarebbe la vita senza web: l’adattamento dell’uomo allo sviluppo e alle conquiste (tecnologiche o di qualsiasi altra natura) è infatti un processo naturale, rapido e spontaneo. Tanto che accade spesso di guardare a un passato di pochi decenni come fosse preistoria.
Sovente mi torna in mente come, non moltissimi anni fa, girasse la convinzione, preannunciata da opinionisti, manager e strateghi delle organizzazioni, che la sfida degli anni a venire sarebbe stata la gestione dell’informazione, la ricerca delle notizie, l’interesse al dato. Era qualcosa che molti di noi non capivano fino in fondo. Salvo poi improvvisamente renderci conto che davanti a un monitor, con un clic, si poteva avere il mondo dentro casa, inteso come libero accesso alle informazioni e al villaggio globale. Di fatto oggi è quasi impossibile non ottenere elementi e notizie inserendo poche parole nella stringa di Google o di analoghi motori di ricerca. Quello che si è verificato con il boom dei social network, da Facebook e Twitter a LinkedIn, solo per citare i più diffusi, è poi sotto gli occhi di tutti.
Da tutto ciò il mondo del lavoro ha tratto vantaggi innegabili: in particolare, pare che la prima funzione aziendale, a usufruire di questi benefici, sia stata l’area marketing, seguita a ruota dall’human resources. La rapidità con cui si possono ottenere informazioni, sia professionali sia comportamentali, ha infatti trasformato il web in una piattaforma ideale per una prima conoscenza del personale da assumere: tutti cercano informazioni su tutto, e tutti, compresi gli hr manager, utilizzano questi strumenti per conoscere, entrare in contatto, verificare e valutare i candidati, le loro competenze, gli interessi, lo stile di vita…
Se è vero quindi che ormai in tutto il mondo è costume che colleghi, clienti, amici, fornitori e manager cerchino informazioni su di noi sul web, allora è probabile che occorra occuparsi della cosiddetta online reputation. Ognuno di noi conosce persone che, per scelta, non sono iscritte a nessun social network per motivi di privacy, o semplicemente per evitare di condividere le proprie cose con il resto del mondo. L’obiezione più immediata, in questi casi, è che ognuno sceglie di pubblicare e di rendere noto solo ciò che ritiene utile e che, possibilmente, non lede in alcun modo la propria immagine e la propria privacy. È anche vero, tuttavia, che atti di superficialità o di leggerezza possono spesso indurre a pubblicare dati o informazioni in grado di originare giudizi negativi che, per quanto affrettati e legati a luoghi comuni, data la velocità con cui girano le notizie, possono avere conseguenze rilevanti. Una persona, per esempio, è liberissima di comunicare che odia la scuola o che detesta lo studio delle lingue. E ciò potrebbe persino renderla popolare in contesti goliardici e di «branco». Ma questa stessa informazione, in possesso di un selezionatore o di un manager, si può trasformare in un boomerang; senza neppure avere la possibilità di potersi spiegare, rettificare, integrare: una recente ricerca, infatti, rivela che il 43% dei candidati viene scartato per le informazioni trovate online.
La soluzione, però, non sta nel mentire o nel mistificare: l’importante è conoscere l’impatto dei propri atti e la portata di questi strumenti di comunicazione online, consapevoli che in ogni momento è possibile che qualcuno stia cercando notizie e si stia formando un’opinione su di noi. È questo un concetto che soprattutto i giovani dovrebbero tenere ben presente, per trasformare una potenziale vulnerabilità in un vantaggio. Per questo occorre essere sé stessi, e offrire quanto più possibile un’immagine congrua e veritiera della propria personalità, delle proprie competenze e delle esperienze maturate.
Il web, insomma, sembra diventato uno strumento fondamentale per i professionisti hr: la rete rappresenta un potentissimo mezzo capace di annullare le distanze e i tempi di contatto tra le persone, in un’ottica di reciproca valutazione. Ecco, appunto, un altro concetto fondamentale: il tempo. Anni fa, tra la redazione dell’annuncio, la sua pubblicazione, il ricevimento dei cv, lo screening, la convocazione ai colloqui, la valutazione delle persone, la presentazione della short list al committente e i colloqui in azienda, si parlava di quattro-cinque settimane di lavoro e di attesa prima di conoscere i candidati. Oggi, invece, gli specialisti hr possono entrare in contatto, in tempi brevissimi, con profili interessanti e di ogni natura. Incredibilmente, in altre parole, è possibile l’accesso a un gran numero di persone, in tempi straordinariamente limitati e a costi contenuti.
Ma è davvero così? Non proprio: nessun network o clic potrà mai sostituire del tutto l’incontro reale, il confronto effettivo, lo stare fisicamente davanti a una persona e il ricavare informazioni mediante l’interazione, la comunicazione, l’empatia; alcune azioni ed esperienze sono e restano appannaggio della magia e del valore intangibile di un incontro reale. Ogni specialista hr che fa bene il proprio lavoro sa che nella valutazione globale di una persona non si guarda solamente alle competenze professionali; queste, per quanto indispensabili, vanno valutate e contestualizzate in una visione tridimensionale, in grado di prendere in considerazione la persona nel suo insieme: le sue scelte, le leve motivazionali, l’interesse a quella posizione… E ciò unitamente allo studio di aspetti più immediati e comunque predittivi: dalla semplice stretta di mano al contatto visivo, dalla gestualità all’essere a proprio agio…
Non credo pertanto che l’efficacia dei social network, nella funzione hr, sia esclusivamente legata all’accelerazione dei tempi di selezione e alla riduzione dei costi: a un certo momento, infatti, si avrà bisogno di opportune verifiche e, alla fin fine, di incontrare e valutare con una certa professionalità e mestiere le persone, i candidati. Come se ne esce allora? Gli strumenti online, più che come alternativi, vanno inseriti in un approccio integrato, non esclusivo ma complementare ad altre azioni strategiche. Usati da soli, e soprattutto da persone che non hanno una specifica formazione, rischiano di far incappare in errori madornali: dall’iper-valutazione al rifiuto di candidati pertinenti alla ricerca in atto. Ecco perché è irrinunciabile l’integrazione tra l’analisi virtuale e quella diretta e reale. E allora: consideriamo pure i social network un punto di partenza, un bacino in cui lanciare la canna da pesca, ma integriamo con tutto il resto, con azioni e strategie complesse, articolate e ben finalizzate: prima fra tutte l’incontro reale che inizia sempre con una robusta stretta di mano!

Mary Rinaldi è Partner Resume Hospitality Executive Search, nuova divisione indipendente Job in Tourism dedicata all’head hunting, alla consulenza e alla formazione in tema di risorse umane nel settore hospitality

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