Si avvicina il suono della prima campanella. È questione di pochi giorni, ormai, per il ritorno sui banchi degli studenti, che porterà con sé anche la ripresa delle attività legate al turismo scolastico. Un settore che ha ricominciato a marciare a pieno ritmo dopo la pandemia, ma è interessato anche da nuove tendenze che interessano, per esempio, la scelta degli alloggi e delle destinazioni – per effetto della crisi climatica – e che stanno aprendo nuove opportunità a operatori in precedenza esclusi da questo mercato.
La ripresa post-pandemia
Uscite didattiche e viaggi d’istruzione sono, infatti, aumentati in maniera significativa lo scorso anno e hanno superato i numeri pre-pandemia del 2019, con quasi il 100% dei docenti che ne ha organizzato almeno uno nel corso dell’anno, come ha rilevato l’indagine “Turismo scolastico, strumenti e prodotti di supporto alla didattica: dati e tendenze degli istituti scolastici italiani”, condotta dall’agenzia Didatour.
Le destinazioni
Il primo dato interessante a emergere dal sondaggio riguarda la scelta delle destinazioni, che vede aumentare le mete artistiche e culturali – preferite dal 49% delle scuole primarie, dal 77% delle secondarie di primo grado e dal 59% delle secondarie di secondo grado – e calare le esperienze naturalistiche a causa delle condizioni meteorologiche imprevedibili. L’Italia si conferma prima scelta rispetto all’estero, anche per le gite di più giorni, e sul podio delle destinazioni predilette rimangono le classiche Firenze, Napoli e Roma, seguite da Trieste, Venezia, Milano, Perugia e Torino. Eppure, benché nel 14% delle uscite vengano scelti i musei più conosciuti, una certa tendenza alla diversificazione, propria anche di altri target turistici, si inizia a cogliere anche qui, con una quota molto ampia di docenti (25%) che ha scelto mete meno classiche per proporre ai propri studenti esperienze diverse e attinenti al programma didattico.
I criteri di scelta
Ma quali sono i criteri in base ai quali i docenti organizzano i viaggi di istruzione? Per quelli di più giorni i requisiti più importanti sono l’accessibilità dei luoghi, le proposte di attività per studenti BES (con Bisogni Educativi Speciali), la possibilità di svolgere attività in lingua inglese e l’utilizzo di strumenti digitali durante l’esperienza. Tra le tipologie di viaggio crescono in particolare i soggiorni studio, che arrivano a una percentuale del 5%, sia per le scuole secondarie di primo che di secondo grado, mentre in fatto di durata, le scuole secondarie di secondo grado optano per viaggi di più giorni (85%) come anche le secondarie di primo grado (75%), mentre rimane positivo il trend delle uscite lunghe anche per le primarie (25%), tenendo conto che il dato pre-pandemico era decisamente molto basso (8%).
Le strutture ricettive
E i pernottamenti? Quelli di una notte vengono preferiti principalmente dalle scuole primarie, quelli di due notti sia dalle primarie sia dalle secondarie di primo grado, quelli di tre e quattro notti vedono una maggiore presenza di alunni delle secondarie di secondo grado. Per quanto riguarda le strutture ricettive, la maggior parte dei docenti ha optato per hotel a 3 stelle, ma si evidenzia una sempre maggiore attenzione verso tipologie di alloggio differenti, come quelle legate all’ospitalità religiosa e ai villaggi, che dispongono di spazi adeguati per il tempo libero degli studenti.
Il nodo costi
C’è poi il tema dei costi: la maggioranza degli studenti (69%) spende intorno ai 300 euro per soggiorni di due giorni in su. Mentre per le uscite in giornata i costi sono contenuti (fino a 20 euro per studente nel 25% dei casi e più di 20 euro nel 48%). Incrociando i dati di spesa con quelli relativi al numero di notti di pernottamento, alla tipologia di struttura ricettiva e al mezzo di trasporto scelto, dal rapporto emerge come i dati relativi alle spese oltre i 300 euro siano coerenti e sostanzialmente proporzionali alla durata del viaggio.
Quello dei costi – spesso troppo alti per permettere la partecipazione ai viaggi di istruzione di tutti i bambini e ragazzi – rimane, tuttavia, uno dei punti dolenti per il settore, nonostante il “bonus gite scolastiche”: secondo l’indagine, infatti, l’aiuto economico fino a 150 euro destinato alle famiglie con figli che frequentano scuole statali secondarie di secondo grado con ISEE basso è stato richiesto soltanto dal 12% degli studenti.
Clima e destagionalizzazione
Infine, il tema caldo – avvertito anche quando si parla di turismo scolastico – della destagionalizzazione. Anche uscite didattiche e gite hanno, infatti, una loro “alta stagione”, che continua a corrispondere ai mesi primaverili di marzo e aprile: una tendenza che potrebbe, tuttavia, essere messa in discussione per i prossimi anni, sempre per le conseguenze del cambiamento climatico, che rendono il meteo imprevedibile, e anche per i costi maggiori che si registrano in un periodo considerato di punta per le gettonatissime città d’arte.
“In un Paese a vocazione turistica come l’Italia, dove il settore contribuisce in modo significativo al PIL, le gite scolastiche non rappresentano solo un’opportunità di apprendimento, ma anche un volano per l’economia e la valorizzazione del territorio – commenta Angela Mencarelli, amministratrice delegata dell’agenzia La Fabbrica, alla quale fa capo il brand Didatour. “Le scuole, infatti, sono in grado di portare i giovani alla scoperta di destinazioni meno conosciute dal turismo di massa, contribuendo a diversificare l’offerta turistica e a creare nuove opportunità di sviluppo per le comunità locali. Inoltre, le richieste sempre più evolute delle scuole, come l’attenzione all’accessibilità per i disabili, alle esigenze degli studenti BES e l’integrazione di esperienze in lingua inglese o con le tecnologie, spingono il settore turistico verso un miglioramento continuo e una maggiore inclusività”.
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