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Le basi del comune saper vivere

Piccole e grandi gaffe che rischiano di compromettere qualsiasi possibilità di assunzione

Piccole e grandi gaffe che rischiano di compromettere qualsiasi possibilità di assunzione

Di Mary Rinaldi, 26 Marzo 2015

Vengo ricevuta dallo human resources manager di un hotel 5 stelle lusso, non dirò di quale città. Mentre sorseggiamo un aperitivo al bar, si avvicina un giovanotto affettato, che mi viene presentato come il primo assistente del food and beverage manager. Il mio stato di allerta sale: sto cercando un f&b manager e, col beneplacito dell’hr manager, so che questa persona è sul mercato. Lo invitiamo a sedersi con noi: resta in piedi, costringendoci a stare con la testa alzata mentre lui si guarda in giro altezzoso e risponde con disinteresse alle nostre domande, commentando con noncuranza le nostre osservazioni. Quante probabilità avrà di essere preso in considerazione?
Intervisto una sales manager che non nasconde il proprio evidente e neppure malcelato disappunto per aver aspettato tre minuti di orologio (forse due e mezzo) in saletta prima del colloquio. Accoglie le mie scuse con sufficienza e si concede all’intervista come chi sta facendo una grazia. Peccato che, nel corso del colloquio, emerga che non si ricordi la sua data di laurea: non il giorno e nemmeno il mese; manco l’anno. Delicatamente incalzata e messa volutamente sotto stress, dichiara che non ritiene troppo importante l’informazione. Sarà mica lei a deciderlo? E ce l’avrà davvero questa laurea?
Per un pre-screening telefonico faccio due chiacchiere con una persona per la posizione di governante: in maniera fastidiosa, risponde alle mie domande con domande. Esempio: «Si è mai occupata di aspetti sindacali?». Risposta: «Secondo Lei, nell’hotel tal dei tali, con 35 persone sotto, l’ho fatto o no?». La butto là: «Probabilmente sì». Ho indovinato? Certo, ma non vedo l’ora di chiudere la telefonata.
È incredibile come si possa cadere su una buccia di banana in maniera così banale. Queste persone, sul mercato praticamente come tutti o quasi, hanno perso un’opportunità. E ciò non già perché l’head hunter in questione è permalosa, tutt’altro, quanto perché nessun head hunter è disposto a rischiare di introdurre in un’azienda persone che sono problematiche nei primi dieci minuti di colloquio. Figuriamoci il seguito!
Io personalmente mi mostro flessibile su quelle che sono ritenute gaffe classiche: il candidato arriva in ritardo, ma si scusa, ti guarda dritto negli occhi, ti spiega perché, e magari io so che oggi in città c’è il summit dei 24 capi di Stato… Pazienza. Il candidato non indossa la cravatta: non posso fare a meno però di notare la camicia immacolata e l’ottimo taglio della giacca; so per certo che non mi farà fare brutta figura se lo mando in hotel. Ancora, posso dare del Lei a chiunque per tutta la vita, ma non chiedetemi l’etichetta sui titoli: dott, prof, cav… Come diceva un mio ex capo, «quando ti rivolgi a una donna chiamandola Signora, non c’è niente di più nobile che tu le possa dire!». Vale anche per gli uomini. Ancora meglio il nome di battesimo. Punto.
Scivolare su aspetti di base del comune saper vivere, o insistere su aspetti eccessivamente formali, ci mette nelle condizioni di ostacolare la nascita di relazioni che potrebbero sfociare in qualcosa di importante. È vero, si potrebbe obbiettare, se non sperimentiamo non lo sapremo mai, ma potrei anche non volerlo neppure sapere. Certe cose, certi modi di essere e certi atteggiamenti, adeguati o meno, valgono sempre, per tutti e in tutto il mondo. Chi si pone in contatto dialettico con una persona, a maggior ragione se lo scenario è la ricerca di un lavoro, farebbe bene a tenerne conto.

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