Dall’entrata in vigore della legge 30-2003 sulla riforma del mercato del lavoro, la cosiddetta legge Biagi, il job on call non è più una fattispecie riservata a pochi comparti, come il turismo e lo spettacolo, ma è stata estesa anche agli altri settori. Tuttavia la ristorazione e l’ospitalità rimangono i rami economici dove ancora adesso è più utilizzata, soprattutto nel sottocampione delle micro imprese con meno di cinque dipendenti. «Il settore turismo, inoltre», spiega l’avvocato Sergio Barozzi, specialista in diritto del lavoro, dello studio Eversheds Bianchini & partners di Milano, «è quello in cui il contratto nazionale ne disciplina meglio l’applicazione, tramite la fattispecie del lavoro extra e di surroga, che consente alle imprese, in determinate circostanze, di assumere direttamente manodopera per una durata non superiore ai tre giorni». Data la natura del comparto, spesso caratterizzato da una forte elasticità della domanda, la cosa non stupisce più di tanto. Ma può essere interessante effettuare un confronto con gli altri settori economici, per capire se, e in che modo, ristorazione e ospitalità si differenzino nell’utilizzo di questa fattispecie contrattuale.
Lo spunto di questa riflessione nasce da uno studio statistico sul job on call recentemente pubblicato dall’Istituto nazionale di statistica (Istat). L’indagine si riferisce al periodo 2007-2009, ma, come nota ancora Barozzi, «lo scenario generale non può essere radicalmente cambiato nell’ultimo anno». I dati rivelano, così, come i lavoratori a chiamata del settore turistico rappresentassero, nel 2009, il 55,9% del totale nazionale, per un numero di operatori complessivo pari a 66.460 dipendenti: una cifra quasi doppia rispetto a quella dell’anno precedente, quando i lavoratori a chiamata nel comparto erano 38.100. Un chiaro sintomo, quest’ultimo, del maggiore ricorso, da parte delle aziende, a forme di lavoro più flessibili per affrontare la difficile congiuntura del 2009.
Ma i dati più interessanti riguardano sicuramente il confronto tra comparti sulle qualifiche dei lavoratori a chiamata, sulla quantità media di ore retribuite e sugli aspetti salariali. In generale, l’indagine Istat fa emergere come le imprese ricorrano al contratto di lavoro intermittente quasi esclusivamente per coprire posizioni lavorative con qualifica operaia, che rappresentano il 90% circa del totale. Ma tale percentuale sale al 98% proprio nel settore degli alberghi e dei ristoranti. «È la natura stessa del rapporto, così come è disciplinato dal contratto nazionale del turismo, a comportare questo risultato», racconta Barozzi. «Il Ccnl determina, infatti, l’obbligo di legare il lavoro extra a specifici servizi speciali, tra cui, per esempio, il banqueting, i meeting e le fiere. Si tratta di occasioni in cui agli alberghi servono soprattutto figure come quelle dei camerieri, dei portabagagli o dei commis. Mentre è raro il ricorso alla qualifica contrattuale dell’impiegato. È però, questo un aspetto particolarmente delicato della questione. Perché la maggior parte dei contenziosi tra lavoratori e imprese riguarda proprio la mancata corrispondenza tra la causale del contratto e la mansione effettivamente svolta. Il mio consiglio, in tutti questi casi, è quello naturalmente di stipulare un contratto scritto, in cui descrivere nel dettaglio il tipo di servizio. Succede spesso, infatti, che le liti sorgano parecchio tempo dopo il periodo di lavoro effettivamente svolto dal collaboratore. E non sempre è facile, senza una documentazione dettagliata, risalire con precisione all’evento particolare che ha comportato la necessità di un servizio speciale».
Interessante, poi, appare il dato relativo alle ore retribuite. Nonostante, infatti, «non sia affatto infrequente il caso di professionisti che hanno sviluppato una sorta di specializzazione nel campo del job on call», come afferma sempre Barozzi, l’input lavorativo medio mensile dei lavoratori a chiamata del turismo risulta particolarmente basso: un settimo dell’orario full time previsto dal Ccnl. Relativamente agli aspetti retributivi, infine, i livelli più ridotti si registrano nel settore delle attività immobiliari, altre attività professionali e imprenditoriali (9,34 euro lorde all’ora), nonché proprio in quello degli alberghi e ristoranti (10,10 euro). Anche se, a onor del vero, la distanza con il picco massimo (gli 11,08 euro del comparto trasporti, magazzinaggio e comunicazioni), non è elevatissima. «Una qualche differenza la potrebbe fare l’introduzione di un’eventuale indennità di disponibilità nei periodi in cui il lavoratore non è utilizzato», conclude Barozzi. «Ma, a dir la verità, sono poche le aziende che ricorrono a questo espediente, preferendo la maggior parte dotarsi di una sorta di pool di collaboratori a cui ricorrere in caso di necessità».
Le novità in materia introdotte dal nuovo Ccnl
Negli scorsi mesi, le organizzazioni di categoria facenti capo a Confcommercio, Confturismo e Confesercenti hanno siglato, in tempi ravvicinati, l’ipotesi di rinnovo del Ccnl per il periodo 2010-2013 assieme alle controparti sindacali. Il nuovo contratto, come si legge nella guida di Federalberghi, prevede un ampliamento delle causali per le quali è previsto il ricorso al lavoro extra e di surroga. Oltre alle attività già individuate dall’articolo 87 del Ccnl turismo 19 luglio 2003 (banqueting, meeting, convegni, fiere, congressi, manifestazioni, presenze di gruppi ed eventi similari, attività di assistenza e ricevimento agli arrivi e alle partenze in porti, aeroporti, stazioni e altri luoghi similari, ulteriori casi individuati dalla contrattazione integrativa), l’accordo ha introdotto due ulteriori ipotesi di ricorso a questa tipologia contrattuale: le prestazioni rese nei fine settimana e quelle rese in occasione delle festività. Appare opportuno, si legge sempre nella guida Federaberghi, evidenziare la natura oggettiva delle causali introdotte, che sono tali cioè da consentire il ricorso a prestazioni di lavoro extra indipendentemente da ulteriori valutazioni, sicché è corretto ritenere che esse possano svolgersi in tali periodi con riguardo a qualunque tipo di prestazione, purché collocata nel fine settimana o durante le festività.
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