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L´arte di gestire una sala

Il tavolo è come l´accoglienza: sbagliarlo può rovinare una serata

Il tavolo è come l´accoglienza: sbagliarlo può rovinare una serata

Di Massimiliano Sarti, 2 Dicembre 2011

«I clienti abituali, e noi ne abbiamo davvero tanti, sono i più difficili da gestire. Perché vanno riconquistati ogni volta, sorpresi con piccoli dettagli sia nella sala sia dalla cucina. È così, per esempio, che da qualche tempo a questa parte abbiamo realizzato, appositamente per i nostri commensali più assidui, i tovaglioli personalizzati con le iniziali, come avviene nei club più prestigiosi. In occasione di compleanni o anniversari, inoltre, non mancano mai bouquet di fiori per le signore. Ma scattiamo anche sempre una fotografia di gruppo, che poi sviluppiamo subito e consegniamo agli invitati in una cornice personalizzata». A svelarci alcuni piccoli segreti della gestione della sala de La Pergola di Roma è Simone Pinoli, fresco vincitore, per la per la seconda volta nella sua carriera, del titolo di Miglior maître dell´anno della Guida Ristoranti d’Italia de L’Espresso. Al tre volte stellato Michelin ristorante del Rome Cavalieri Waldorf Astoria Hotels & Resorts, per la verità, Pinoli è giunto quasi per caso, affascinato dalla personalità di chef Heinz Beck: «Mi ricordo che quando arrivai a Roma, nel 1997, ero convinto di fermarmi per un brevissimo periodo. Giusto quello necessario ad attendere la nuova stagione, quando, pensavo, sarei tornato a Ginevra. Ma poi fui colpito da chef Beck, dalla sua estrema lungimiranza e determinazione. E dal fatto che considerasse il servizio in sala la logica prosecuzione del lavoro in cucina: uno step essenziale nella valorizzazione di ogni piatto. Sono trascorsi 14 anni da allora, ma il tempo è passato così veloce, che quasi non me ne sono accorto».
Domanda. È cambiato molto il lavoro in sala da allora?
Risposta. Parecchio: da un certo punto di vista, soprattutto in contesti di lusso come il nostro, la figura del maître è diventata persino più importante. Perché molte strutture puntano oggi sulla ristorazione e richiedono perciò standard davvero elevati. In linea generale, però, è cambiato il nostro ruolo, la nostra funzione: quando ero alle prime armi, all´inizio della mia carriera, prima ancora che approdassi al Rome Cavalieri, il maître era più legato alle preparazioni in sala. Oggi, invece, occorrono soprattutto competenze gestionali e capacità di coaching, mentre pratiche come quella del flambè si stanno ormai perdendo.
D. Come mai?
R. Credo dipenda soprattutto dal cambiamento delle abitudini dei clienti. Anche se da noi i commensali sono abituati a rimanere a lungo a tavola, il tempo per i pasti si è, in generale, notevolmente ridotto. E non c´è più spazio per servizi particolarmente lunghi. E poi oggi gli chef tendono a cercare l´esclusiva sulle loro creazioni. Il piatto, in altre parole, è esclusivamente opera loro. Ai maître spettano altri compiti.
D. Quali?
R. Il cliente contemporaneo chiede ancora più personalizzazione, dialogo e coccole di prima. Occorre coinvolgerli nella serata, stupirli con le presentazioni e proporre, magari, collezioni di sali e oli da abbinare con le portate. Il tipo di personalizzazione, poi, dipende da chi ci si trova di fronte e dal contesto: bisogna sapersi adattare. Gli uomini d´affari, per esempio, solitamente pretendono maggiore privacy, mentre le famiglie amano il dialogo e il coinvolgimento.
D. Anche la provenienza dei clienti può incidere?
R. Certamente. A cominciare dalla presentazione dei piatti, che è sempre meglio fare nella loro lingua. Ma anche le abitudini sono diverse: noi italiani, per esempio, tendiamo a cercare un servizio più rapido, mentre gli ospiti del Nord Europa spesso preferiscono soffermarsi un po´ di più. Quando vediamo tedeschi o austriaci in sala, perciò, salvo rare eccezioni, comunichiamo subito alla cucina di attendere sette-dieci minuti in più tra una portata e l´altra.
D. Quanto conta, a tal proposito, la collaborazione tra sala e cucina?
R. Tantissimo. Forse una volta c´erano più barriere, ma oggi credo siano finalmente cadute. Condividere le problematiche con tutti membri del team del ristorante è importantissimo. Qui alla Pergola siamo abituati a fare parecchi meeting insieme: creare dialogo, comunanza di intenti e obiettivi, è essenziale per gestire al meglio i momenti più difficili; crea quel livello di fiducia reciproca necessario a fare in modo che anche la richiesta più strampalata possa essere soddisfatta nel modo migliore possibile: perché gli chef si fidano del nostro lavoro, e noi del loro. Da un paio di anni, poi, abbiamo completamente rinnovato le cucine e capita spesso di accompagnare i commensali a visitarle: è un altro modo per creare comunicazione tra i due comparti; ma anche per gratificare quei membri della brigata di cucina, che solitamente non hanno mai contatto con i clienti.
D. Quanto è difficile gestire l´organizzazione di una sala come quella della Pergola?
R. È una sfida continua. Noi maître siamo in mezzo a due mondi: quello dei clienti e quello del nostro team. Dobbiamo perciò anche capire le mille sfaccettature dei nostri collaboratori, le loro diverse personalità. A volte capita di dover assegnare una determinata risorsa a un tavolo particolare, perché più adatta alle esigenze del caso. Ma questo lo si può fare solo con una conoscenza approfondita delle persone con cui si lavora. Qui al Rome Cavalieri abbiamo inoltre la fortuna di avere uno staff piuttosto stabile. Questo ci garantisce, certo, qualità e continuità, ma significa anche dover fare un grande sforzo motivazionale: formazione e possibilità di crescita personale e professionale sono così strumenti imprescindibili per fare in modo che tutti remino in direzione del medesimo traguardo. Che poi è sempre e solo la felicità dei nostri ospiti.
D. Un´ultima domanda: all´inizio dell´intervista ha accennato ad alcuni degli aspetti più complessi da gestire per chi lavora in sala. Anche l´assegnazione dei tavoli è sicuramente un aspetto delicato. Come lo affrontate alla Pergola?
R. Dipende dalle situazioni: ci sono clienti a cui dobbiamo dare sempre lo stesso tavolo; altri che possiamo gestire. Noi peraltro abbiamo anche l´opportunità di offrire tavoli con vista panoramica sulla città. Non tutti però. E allora, a partire dal rispetto della regola fondamentale per cui chi prenota prima ha diritto a scegliere per primo, quando comunque accade qualche disguido, ci prodighiamo ancora di più. Perché il tavolo è come l´accoglienza: se non è quello giusto, può rovinare una serata. Ecco allora che proviamo a usare qualche piccola attenzione ulteriore, per esempio proponendo a chi ha avuto un tavolo lontano dalle finestre, di spostarsi al bar per il caffè, dove è possibile trovare altre sistemazioni con vista panoramica sulla Città eterna. In fondo, sono proprio queste situazioni a rendere unico e bello il nostro lavoro. Perché ogni giorno è diverso dagli altri. Ed è come se fosse sempre una nuova, piccola, avventura.

La biografia

Già chef de rang e commis presso vari ristoranti internazionali, come il Windows of the world del London Hilton, il The Restaurant del The Berkeley, sempre nella capitale inglese, e il Le Cygne del Noga Hilton di Ginevra, Simone Pinoli approda al Rome Cavalieri nel 1997, dove decide di rimanere, in qualità di primo maître, fino a oggi. Due volte Maître dell´anno per le Guide de L´Espresso, è stato anche co-autore, insieme ai colleghi Heinz Beck, Umberto Giraudo e Marco Reitano, del libro Arte e scienza del servizio, che nel 2004 ha conquistato il Gourmand World Cookbook Award nelle categorie Best book for food professionals e Best cookbook photography. Oltre a numerose docenze in istituti alberghieri e scuole di cucina, come quella dell´Alma di Colorno, in provincia di Parma, Pinoli ha tenuto anche, nel gennaio del 2006, un corso allo staff di sala di Montecitorio sui temi dell´accoglienza, del servizio e delle nuove tecniche, per migliorare gli standard in occasione delle varie cerimonie di Stato.

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