Pubblichiamo qui di seguito una lettera inviataci da Maurizio Ferrante, direttore del Marcella Royal Hotel di Roma, su un argomento di attualità.
Da un articolo apparso di recente su di un noto giornale di settore rilevo, non senza una punta di ironia, la consueta posizione attendista del governo, peraltro analoga a tutti quelli che lo hanno preceduto, in materia di turismo. Il turismo, questo vitale segmento dell’economia del nostro paese, da sempre tenuto in minima considerazione e, da qualche tempo a questa parte, considerato come un’attività marginale della nostra economia nazionale. Rivolgendomi ad addetti ai lavori non starò qui a sciorinare dati e cifre a supporto di quella che sono convinto sia una tesi di pubblico dominio tra di noi; mi limiterò piuttosto ad alcune brevi considerazioni sull’intervista al ministro delle Attività produttive pubblicata dal quotidiano in questione.
Afferma il ministro Marzano: “Non si può negare che la situazione è difficile”. Asserisce poi che “il governo si deve occupare delle scelte di carattere internazionale” e aggiunge, ciliegina sulla torta, di “aver dato disposizioni al presidente dell’Enit per una maggiore partecipazione delle regioni sia nel consiglio di amministrazione che nelle singole decisioni operative”.
Personalmente non credo che Amedeo Ottaviani, che ha dedicato, lui sì, la sua intera vita alla crescita di un turismo di qualità nel nostro paese, abbia bisogno di discutere con le regioni le singole decisioni operative di un ente il cui principale problema non è rappresentato dalla mancanza di idee bensì di mezzi. Non c’è prodotto al mondo, compreso quello turistico, che si riesca a vendere senza una adeguata visibilità. Alla trascorsa edizione della Itb le nazioni che offrivano il proprio prodotto al mercato internazionale hanno superato ormai il numero di 200 e, chi più chi meno, sono concorrenti agguerriti della nostra Italia che deve il suo successo dal dopoguerra ad oggi esclusivamente alla straordinaria capacità degli operatori del settore e non certo alle esitazioni dei governi i cui rappresentanti si devono occupare in prevalenza di spostare la famosa coperta corta da un lato o dall’altro finendo poi per scontentare tutti.
In occasione del Mitt di Mosca, nel Marzo di quest’anno, in una improvvisata conferenza stampa organizzata nello stand dell’Enit dall’allora sottosegretario con delega al turismo (al quale è stato di recente revocato l’incarico) gli imprenditori presenti ebbero a chiedere maggiori risorse e, soprattutto, maggiori poteri all’Enit per consentirgli di svolgere in modo più adeguato il suo compito. Naturalmente la richiesta cadde nel vuoto.
Gli addetti ai lavori ricorderanno quando, anni or sono, il famoso maxi-referendum ottenne l’abrogazione di due ministeri ritenuti inutili: il ministero dell’Agricoltura e il ministero del Turismo. Con buona pace per la sovranità popolare dopo qualche tempo vedemmo risorgere il ministero delle risorse agricole. Il settore si era ribellato e il governo dell’epoca ci mise una pezza. Sul fronte del turismo invece, che per legge dello stato è di esclusiva competenza delle regioni, nessuna levata di scudi; e così ancora oggi siamo l’unico paese civile al mondo che non solo non ha un ministero del turismo, ma che dispone di un ente per la promozione turistica che è costretto a fare i conti con gli spiccioli, non ha le risorse adeguate per competere con la agguerrita concorrenza internazionale e che ora, secondo il ministro delle Attività produttive, dovrebbe perfino condividere la propria gestione con le regioni. Se così fosse sarebbe anche doveroso che le regioni intervenissero in modo sostanziale nella capitalizzazione dell’ente che potrebbe diventare una importante Spa dotata finalmente delle risorse adeguate. Ciò farebbe, finalmente, la sottile differenza che esiste tra l’essere e il non essere.
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