Job In Tourism > News > Strategie > La scoperta di una vocazione

La scoperta di una vocazione

Mi piace la possibilità di relazionarmi con le altre persone

Mi piace la possibilità di relazionarmi con le altre persone

Di Massimiliano Sarti, 16 Dicembre 2011

«Nel mondo del turismo ci sono sinceramente arrivata per caso. Non sono mai stata una grande viaggiatrice e conoscevo solo molto vagamente le professioni legate all’ospitalità e all’accoglienza. Basti pensare che da bambina avrei voluto fare il medico o la farmacista. Poi crescendo, ho scoperto che mi piaceva molto la matematica e la statistica e quando fu il momento di andare all’università, in Romania, scelsi di iscrivermi ai corsi di management aziendale. Solo due anni fa, se qualcuno mi avesse detto che avrei presto iniziato a lavorare in un albergo non ci avrei mai creduto. Eppure…». Eppure, dopo essere venuta in Italia quattro anni fa, «con mio marito, perché ci è sempre piaciuta la penisola e ci venivamo già spesso in vacanza», e aver frequentato un corso in management delle risorse umane promosso dalla regione Lombardia, la ventiseienne Amalia Mihuta si è trovata a fare uno stage all’Hilton Milan, che si è presto trasformato in un’assunzione come receptionist e guest service agent executive lounge: l’anticamera che le ha permesso di partecipare e vincere il concorso Receptionist of the year Italia 2011 dell’Amicale internazionale dei vice direttori e capi ricevimento 4 e 5 stelle (Aicr).
Domanda. Quando ha scoperto la sua vocazione per questo lavoro?
Risposta. Nel momento in cui ho iniziato lo stage. Il fatto di provare a lavorare in una struttura di un brand prestigioso come Hilton naturalmente mi allettava molto, ma quando accettai la loro proposta non sapevo ancora bene a cosa sarei andata incontro. Mi interessava, però, fare questa esperienza: quando sono arrivata in Italia, infatti, mi sono impegnata moltissimo per perfezionare la mia conoscenza della lingua e migliorare ulteriormente le mie qualifiche curriculari, perché non avevo alcuna intenzione di lavorare solo come baby sitter. L’offerta della Hilton mi parve perciò una buona occasione per provare. E ho scoperto un mondo affascinante.
D. Che cosa la ha conquistata del lavoro in hotel?
R. Mi piace molto la possibilità di relazionarmi e comunicare con le persone. E poi c’è la soddisfazione di ricevere la gratitudine dei clienti per quello che fai per loro. Una delle emozioni più grandi, per me, è stata la volta in cui il nostro general manager mi ha consegnato una lettera di ringraziamento di un ospite, in cui veniva esplicitamente citato il mio nome.
D. Si sente spesso dire che lavorare nel turismo comporti degli orari poco compatibili con le esigenze della vita privata, soprattutto delle persone giovani come lei. Qual è la sua esperienza personale a questo proposito?
R. È vero: gli orari sono un po’ difficili da gestire. All’inizio mi trovavo male anch’io e facevo fatica a organizzarmi. Poi però ci si abitua: alla fine, se una cosa ti piace, non possono certo essere degli orari a fermarti. In fondo si lavora sempre otto ore al giorno e i nostri responsabili, per di più, sono molto attenti a gestire i turni in modo che le festività di riposo vengano distribuite al meglio tra tutti noi. Certo, magari prima di iniziare a lavorare in hotel, le uscite con gli amici le organizzavo di sabato e domenica, così come il momento della spesa. Ora, però, mi sono accorta che posso fare le stesse cose anche durante la settimana. E ho scoperto che, a volte, è anche più bello, perché c’è meno folla in giro.
D. E con gli amici che magari fanno un lavoro con orari più tradizionali, come si fa?
R. È sempre una questione di organizzazione, e di volontà: se vuoi vedere veramente una persona, in qualche modo una soluzione si trova sempre.
D. Come è venuta a conoscenza di Aicr e del premio di Receptionist of the year?
R. Ne avevo già sentito parlare l’anno scorso mentre facevo lo stage. Una mia collega aveva infatti partecipato al concorso e mi è sembrata da subito un’occasione molto interessante. Così quando i miei responsabile mi hanno proposto di andarci ho accettato con entusiasmo. Certo, non pensavo affatto di vincere. E forse è stato proprio questo il segreto del mio successo: ero tranquilla. E ho affrontato le prove con la sincerità e la sicurezza che metto nel mio lavoro quotidiano. Anche perché, prove e simulazioni vertono tutte sugli episodi che in albergo accadono realmente quasi ogni giorno.
D. È stato emozionante?
R. Moltissimo. Soprattutto quando sono tornata a Milano e tutti mi hanno fatto i complimenti: mi sono sentita davvero bene.
D. Quali pensa siano oggi le migliori doti di un receptionist?
R. Credo che un buon impiegato al ricevimento debba soprattutto essere sempre aggiornato. E non solo dal punto di vista tecnologico. Anche sapere cosa accade nel mondo è essenziale: per poter tenere una conversazione con gli ospiti dell’albergo, ma anche per comprendere i momenti delicati che possono attraverso i viaggiatori in arrivo da paesi dove è accaduto qualcosa di particolare. Alla base di tutto, però, un receptionist deve soprattutto dimostrarsi sempre accogliente e sorridente, creare empatia, nonché essere trasparente e molto professionale.
D. In cosa ritiene lei debba ancora migliorare?
R. Credo che dovrei approfondire ulteriormente la mia conoscenza dell’inglese. Soprattutto se, come spero, intendo fare carriera in questa professione. E poi dal punto di vista professionale, c’è sempre spazio per dei miglioramenti.
D. Già, come vede il suo prossimo futuro?
R. Per il momento vorrei rimanere un po’ qui a Milano, dove mi trovo benissimo. E poi, magari, provare delle esperienze anche in altri contesti e paesi, soprattutto in Europa. Ma non sono sicura di essere pronta a vivere al di fuori dell’Italia. Io sono venuta qui perché mi piace molto questo paese. E ho fatto dei sacrifici per riuscirci e trovare una mia collocazione professionale. Ma mai dire mai. Come dicevo all’inizio, due anni fa non avrei mai pensato di lavorare in un hotel. Tra una decina di anni, così, chissà, magari mi troverò in Giappone, oppure di nuovo in Romania, in qualche albergo di un grande brand internazionale come Hilton. In ogni caso, accetterò solamente proposte solide e dopo essermi confrontata anche con mio marito. Perché la condivisione delle scelte in famiglia è fondamentale.
D. Passando, infine, ad appuntamenti molto più vicini nel tempo: come Receptionist of the year 2011 Italia lei parteciperà, a gennaio, al prossimo appuntamento con il David Campbell Trophy. Come pensa di affrontare la sfida?
R. Come sempre: con molta serietà e, cosa molto importante per me, con un tocco di professionalità. Spero davvero di riuscire a portare per la prima volta in Italia il trofeo. Anche perché il 2013 è un anno importante, visto che il Congresso internazionale Aicr si terrà proprio a Roma.

Il David Campbell Trophy

Il 2012 sarà l’anno della diciassettesima edizione del David Campbell trophy – International receptionist of the year. Il riconoscimento, organizzato da Aicr International, intende premiare, ogni anno, il miglior giovane receptionist a livello globale e si svolge tra i vincitori delle selezioni condotte da ogni divisione nazionale della stessa Aicr. Per il nostro paese, questa volta, ci sarà, appunto, la Roty Italia Amalia Mihuta. Il prossimo anno, la gara si svolgerà, in particolare, a Praga dal 9 al 14 gennaio 2012, in concomitanza, come di consueto, con il congresso internazionale dell´associazione. La competizione intende valutare, in una serie di prove articolate, tra cui anche una simulazione di lavoro alla reception, la qualità e le competenze dei partecipanti, mettendone alla prova le capacità in situazioni allo stesso tempo estreme e significative.

Comments are closed

  • Categorie

  • Tag

Articoli Correlati