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La rivoluzione dell’AI nelle risorse umane

Nuovi strumenti, nuove competenze, nuove possibilità: ecco come, integrando tecnologia, empatia e pensiero strategico, l’impiego dell’AI potrà cambiare le risorse umane in hotel

Nuovi strumenti, nuove competenze, nuove possibilità: ecco come, integrando tecnologia, empatia e pensiero s

Di Ludovica Mati, 6 Maggio 2024

L’analisi dei dati e la selezione predittiva, ma anche la formazione, la pianificazione della forza lavoro stagionale, la gestione del turnover e la messa a punto di strategie di retention: l’intelligenza artificiale è destinata a supportare sempre più il lavoro di chi si occupa di risorse umane. Un cambiamento che richiederà, per i professionisti delle HR, nuove competenze e un’integrazione ottimale con il lato più umano e distintivo di questo lavoro – che nessuna macchina potrà verosimilmente soppiantare, almeno nell’immediato – ovvero “la capacità di stabilire e mantenere relazioni interpersonali significative”. È quello che ci spiega in questa intervista dall’ultimo numero del magazine di “Job in Tourism” (sfogliabile a questo link) Manuel Pranzo, HR Director di Cannavacciuolo Group, che sta lavorando all’integrazione dell’AI nelle proprie politiche delle risorse umane. Con lui abbiamo provato a tracciare i confini concreti della rivoluzione che ci attende, anche in hotel.

Di intelligenza artificiale si parla sempre più anche rispetto al suo impiego nelle risorse umane che, in ambito alberghiero, stanno attraversando un periodo complesso. L’AI può essere lo strumento per superarlo?

Tralasciando il momento critico che sta attraversando il nostro settore, l’AI può essere di importanza cruciale nel gestire alcuni aspetti rilevanti, non solamente in fase di attraction e retention, ma anche nella gestione delle risorse all’interno dei vari contesti aziendali. Uno strumento utile in fase di reclutamento iniziale potrebbe essere sicuramente la selezione predittiva, mediante la quale l’AI può essere impiegata per analizzare i dati dei candidati e identificare quelli che hanno maggiori probabilità di successo e di adattarsi alla cultura aziendale. Questo aiuta a reclutare persone che sono più propense a rimanere a lungo nell’organizzazione. Allo stesso tempo, l’ausilio dell’AI può essere interessante per raccogliere feedback continuo dai dipendenti e analizzarlo, per identificare tendenze e problemi comuni. Questo permetterebbe ai manager di intervenire tempestivamente per risolvere eventuali disagi e migliorare l’esperienza dei dipendenti sul posto di lavoro. A oggi sono presenti sul mercato IT diversi modelli interattivi sia per il management che per la popolazione aziendale, volti a facilitare uno scambio equo e trasparente del ruolo attivo che ognuno svolge all’interno delle organizzazioni: adoperarli nel settore alberghiero ci porterebbe sicuramente ad avere un vantaggio rispetto ad altre realtà nazionali. Infine, ma non per minor importanza, valuterei l’aiuto tangibile che l’AI può fornire ai team per l’analisi dei dati: in un mondo sempre più fondato sui dati, la mole di quelli relativi ai dipendenti, compresi quelli demografici, feedback, prestazioni passate e preferenze personali, può aiutare a identificare i fattori che influenzano la retention e sviluppare strategie mirate per affrontarla al meglio. Sono tutti ambiti sui quali anche noi stiamo lavorando per integrare l’AI nelle nostre politiche HR.

E per quanto concerne, invece, la formazione?

La formazione rappresenta forse il tassello più importante e ancora poco conosciuto all’interno del mondo dell’hospitality. Con l’avvento delle nuove generazioni, in particolare la Gen Z, che sta facendo virare la società verso nuovi paradigmi e aspettative inerenti il mondo del lavoro, è saggio prendere in considerazione il fatto che fatica e stipendio non siano più sufficienti per garantire una continuità professionale e presenza delle risorse all’interno delle strutture alberghiere. Oggi i ragazzi sono alla ricerca costante di stabilità, crescita professionale e percorsi strutturati che possono fornire loro una prospettiva di crescita manageriale soddisfacente. È importante fornire ai professionisti del mondo alberghiero una formazione avvincente, stimolante e ove possibile cross-department, che contribuisca a migliorare la visione d’insieme di tutte le units presenti in azienda, le relazioni e la comunicazione tra i reparti, oltre a rappresentare un’importante occasione di crescita professionale a beneficio di tutti. Anche in questo frangente l’AI può essere di aiuto: grazie agli algoritmi di machine learning, l’intelligenza artificiale può creare programmi di formazione personalizzati per ciascun dipendente, tenendo conto delle competenze attuali, delle aspirazioni di carriera e delle esigenze dell’azienda. Questo aiuta i dipendenti non solo a sviluppare le loro abilità, ma dimostra anche un impegno da parte dell’azienda nel loro sviluppo professionale, aumentandone la fedeltà.

Uno dei punti più dibattuti sull’uso dell’AI ha a che fare con la possibile perdita del “lato umano” del lavoro, fondamentale nelle risorse umane. È un rischio reale?

È senz’altro una preoccupazione valida. Tuttavia, è importante considerare che l’AI può essere utilizzata in modo complementare al lavoro umano, anziché sostituirlo nella sua totalità. In ottica meramente operativa e tecnica, e dunque a fronte delle innumerevoli task ripetitive che i nostri specialisti sono chiamati a svolgere giornalmente, l’AI può supportarli liberandoli da compiti noiosi e ripetitivi, consentendo loro di concentrarsi su attività che richiedono intelligenza emotiva, intuizione e pensiero strategico. È importante inoltre mantenere un focus sull’empatia e sull’interazione umana nei processi decisionali chiave, come le assunzioni, le valutazioni delle prestazioni e il supporto ai dipendenti. Gli esseri umani sono essenziali per comprendere e gestire le complessità delle relazioni interpersonali e delle dinamiche organizzative. Al fine di scongiurare una possibile presa totalitaria di matrici organizzative automatizzate, suggerisco un approccio olistico che tenga conto delle implicazioni etiche, sociali e organizzative dell’uso dell’AI nel settore delle risorse umane.

C’è un aspetto specifico delle HR in ambito alberghiero rispetto al quale l’impiego dell’AI può risultare particolarmente vantaggioso?

Personalmente ritengo estremamente vantaggioso l’apporto che l’AI può dare in alcune aree critiche, ancora di difficile gestione per molte realtà italiane. Nel settore alberghiero la domanda di personale può fluttuare notevolmente in base alla stagionalità, agli eventi e alle richieste ad hoc. L’AI può fornirci un trampolino di lancio nell’analizzare le tendenze di mercato e altri dati per prevedere in modo più accurato le esigenze di personale e ottimizzare la pianificazione della forza lavoro, garantendo al contempo un livello adeguato di servizio ai clienti e una migliore gestione della pianificazione della forza lavoro stessa. Altra peculiarità del mondo alberghiero è certamente l’alto tasso di turnover, che spesso condanna le organizzazioni a tempi ridotti per recuperare risorse. L’AI può aiutare a identificare i fattori che contribuiscono al turnover e sviluppare strategie mirate per aumentare la retention dei dipendenti, come ad esempio l’analisi dei dati sui dipendenti che hanno una maggiore probabilità di lasciare l’azienda per motivi di location, anagrafica o esigenze personali o di salute.

La progressiva integrazione dell’AI nella gestione HR come crede modificherà, da qui ai prossimi anni, il suo lavoro? Ovvero, che profilo dovrà avere in futuro il professionista delle risorse umane?

Non vi è dubbio che stiamo già vivendo un cambiamento importante in ambito HR. La velocità con la quale le dinamiche si stanno evolvendo non ci permette di farci trovare impreparati dinnanzi a quelle che saranno le nuove sfide come professionisti e organizzazioni. Focalizzandomi sul prossimo futuro, credo che siano imprescindibili specifici accorgimenti che ogni professionista in ambito HR dovrebbe far propri. I professionisti delle risorse umane dovranno acquisire competenze avanzate nell’analisi dei dati: ciò include la capacità di lavorare con algoritmi di machine learning, di analizzare i dati in modo critico e di comprendere le implicazioni etiche e legali dell’uso dell’AI nelle decisioni HR. Per quel che concerne le competenze personali, le abilità relazionali e di leadership rimarranno essenziali. Questo include la capacità di comprendere le esigenze e i desideri dei dipendenti, di gestire le relazioni interpersonali e di guidare il cambiamento organizzativo in un contesto sempre più tecnologico.

C’è un “pezzo” del lavoro HR che non potrà essere sostituito dall’intelligenza artificiale?

Come dicevamo, nonostante l’AI possa rappresentare un notevole supporto per tutte le attività transazionali in ambito HR, credo sia altamente improbabile, allo stato attuale, che quest’ultima possa sostituire in toto le varie funzioni. Nella fattispecie, penso alla capacità umana di stabilire e mantenere relazioni interpersonali significative; la gestione dei conflitti, il supporto emotivo, la consulenza individuale e il coinvolgimento dei dipendenti richiedono un’empatia e una comprensione umana che l’AI attuale non può replicare. Non da sottovalutare è anche la sfumatura etica e discrezionale che il nostro lavoro comporta. Le decisioni HR spesso coinvolgono questioni etiche e complesse che vanno oltre la semplice logica o l’analisi dei dati. Ad esempio, la gestione dei licenziamenti, le politiche di compensazione e benefici e le questioni legate alla diversità e inclusione richiedono un discernimento umano che tiene conto del contesto e delle peculiarità specifiche di ogni situazione.

Per approfondire: “Niente curriculum, solo storie”

“No cv, only stories” è il claim scelto da Cannavacciuolo Group per la campagna di recruiting lanciata un anno fa. “Eravamo alla ricerca di un metodo innovativo per ‘aggirare’ la crisi della ristorazione e dell’hospitality – spiega l’HR Director Manuel Pranzo –. Con questa campagna abbiamo dato la possibilità di lavorare in alcune strutture del gruppo senza richiedere particolari requisiti, ma mettendo al primo posto la passione e l’amore per il settore. Questo approccio ha cambiato i numeri nella ricezione di curriculum e ha diminuito le vacancy”.

 

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