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La ristorazione di Dorrego Company alla prova del post-Covid

Come è cambiato il settore con la pandemia e i piani per il futuro della società milanese tra creatività, digitalizzazione e human touch

Come è cambiato il settore con la pandemia e i piani per il futuro della società milanese tra creatività,

Di Job in Tourism, 16 Maggio 2022

Come è cambiata la ristorazione con la pandemia? E ora che siamo entrati ufficialmente, a quanto pare, nell’epoca post-Covid quali sono le sfide che attendono il comparto, già alle prese con la nuova problematica dell’aumento dei prezzi delle materie prime e del caro energia? Abbiamo girato queste domande ai fondatori di Dorrego Company, società milanese che dal 1995 crea e gestisce format ristorativi e alla quale fanno capo marchi come El Porteño e Pisco-Cucina di mare. Una chiacchierata a tre voci con i titolari Fabio Acampora e Sebastian e Alejandro Bernardez sul futuro prossimo della ristorazione di casa Dorego, e non solo.

Domanda: Come è cambiato il mondo della ristorazione con la pandemia?
SEBASTIAN BERNARDEZ. La pandemia ha portato con sé una sola certezza: il mondo come lo avevamo imparato a conoscere non esiste più. Nella ristorazione, come in tutti i settori, si sono salvati solamente coloro che, prima della pandemia, avevano lavorato con un progetto solido. Tutti noi abbiamo dovuto riconsiderare la realtà secondo nuovi parametri e nuovi progetti. Chi aveva strutturato in maniera sostenibile il proprio business, sul piano economico, professionale e di relazioni sociali, già in questi ultimi tre mesi sta vedendo ripagati i propri sforzi, oltre che i clienti, che sono tornati immediatamente a riempire i locali. Non solo. Penso sinceramente che per molti aspetti la pandemia, anche se può sembrare un controsenso, sia stata un’opportunità per domandarsi dove e come migliorare. Noi di Dorrego Company abbiamo proprio preso questa direzione, facendo chiarezza e resettando alcuni aspetti che avevamo lasciato sempre indietro perché eravamo troppo concentrati sulle problematiche quotidiane, date anche dal fatto che prima della pandemia stavamo andando molto bene con ampi margini di crescita, oltre ad avere in cantiere diversi progetti che comportavano un costante impegno da parte di tutti quanti.

D. Ad esempio?
SEBASTIAN BERNARDEZ. Ogni volta che abbiamo aperto un ristorante o un locale, uno dei nostri punti di forza è sempre stata la capacità di accogliere i nostri clienti come se stessero entrando a casa loro. La pandemia ha fatto esplodere il delivery, che è l’esatto contrario della tavola intesa come stare insieme. Se molti dei nostri colleghi erano preoccupati che la fine della pandemia avrebbe “svuotato” locali e ristoranti, noi eravamo certi che questo non sarebbe mai potuto accadere, proprio per questo nostro insistere innanzitutto sul rapporto umano. E così è stato: i nostri clienti sono immediatamente tornati da noi perché chi esce di casa per andare in un ristorante El Porteño lo fa perché vuole mangiare e bere bene, ma uscire ha valore se lo si fa in un determinato contesto dove poter “nutrire” anche la propria anima.

D. Su quali servizi e prodotti avete lavorato per il post-pandemia?
ALEJANDRO BERNARDEZ. Due anni di blocco quasi totale dell’attività ci hanno permesso di lavorare su noi stessi sviluppando nuove proposte. Ad esempio, i cuochi si sono potuti concentrare sulle diverse ricette e trovare nuove varianti, così come i bartender hanno dato sfogo alla propria creatività proponendo cocktails inusuali, con l’abbinamento di ingredienti diversi, ma ugualmente apprezzati, oltre a sperimentare nuove tecniche per velocizzare la preparazione di un drink, anche in maniera più scenografica. Tutte soluzioni nate ascoltando non solo i complimenti, ma soprattutto le critiche dei clienti, perché sono loro a stimolarci a cercare di migliorare ciò che facciamo, che per noi significa anche poter stare sempre al top sul mercato, e di conseguenza prendersi cura di chi lavora con noi, dal team ai fornitori, offrendo a tutti noi una sicurezza economica e sociale.

D. E dal punto di vista delle competenze professionali, per chi lavora nel settore cosa è cambiato e in che termini?
SEBASTIAN BERNARDEZ. Il settore della ristorazione sta facendo ancora oggi i conti con un evento devastante come la pandemia, ma al contempo ha iniziato una riflessione su più binari, assolutamente interconnessi uno con l’altro, che ha portato a nuove strategie, nuove soluzioni, nuove skills, che ci hanno permesso di resistere alla crisi e di tornare sul mercato ancora più forti. Ad esempio, noi abbiamo implementato e posto sempre più attenzione ai social e alle piattaforme digitali, ovvero alle opportunità tecnologiche con le quali conviviamo ogni giorno e che ci aiutano a vivere meglio e a essere più efficienti, a partire dalla semplice gestione dell’inventario o delle prenotazioni. Abbiamo operato una decisa accelerata in avanti, che ci ha offerto anche la possibilità di stare più “vicini” ai nostri clienti e alle loro esigenze con un semplice click.

D. La guerra in Ucraina rischia di incidere sulla tanto attesa ripartenza soprattutto a causa dell’aumento dei costi legati a forniture ed energia, oltre che per la ridotta capacità di spesa delle persone. Quanto sta impattando su di voi la situazione? E quali soluzioni state mettendo in campo?
FABIO ACAMPORA: La guerra sta avendo grosse ricadute sull’intera economia nazionale, con l’aumento delle materie prime e di conseguenza dei prezzi, in tutti i settori. Ogni crisi, una pandemia così come una guerra, incide su tutti noi, contrae l’economia e fa spendere di meno a tutti. Noi lavoriamo in maniera trasversale e il nostro pubblico appartiene a un target che va dai 20 ai 70 anni. Questo significa che, se vogliamo mantenere la nostra clientela, dobbiamo trovare soluzioni nuove e sempre più facili da integrare e da mettere in atto. Pensiamo che oggi per uscire dalla crisi che stiamo vivendo la strada da percorrere sia riassumibile in due parole: innovazione e creatività. Abbiamo messo al centro del nostro business la ristorazione, ma come per ogni business, per avere un futuro deve interagire con la contemporaneità, ovvero seguire l’evoluzione del mondo e, laddove possibile, anticipando le richieste del mercato con nuove soluzioni.

Non solo ristorazione
Lo sguardo puntato all’estero e l’ampliamento del business, anche nel comparto ricettività. Sono le due direttive sulle quali intende muoversi per il futuro Dorrego Company, che già dal 2020 si è affacciata anche al mondo dell’ospitalità con il progetto Living Suites: sei suites ricercate, funzionali e dotate di tutti i comfort, in uno degli angoli più caratteristici di Milano, Piazza Sempione. Una location “in cui comfort e stile fanno da filo conduttore, non distante dal cuore della città ma allo stesso tempo lontana dal frastuono del traffico cittadino”, spiega Fabio Acampora. Con il brand El Porteño la società ha avuto poi l’occasione di inserirsi in due strutture ricettive: a dicembre del 2020, a Milano, all’interno di Speronari Suites, nella centralissima via Speronari a due passi da Piazza Duomo e, da questo mese, all’interno di Umiltà 36, hotel di lusso di Shedir Collection, a Roma. “L’ingresso nel mondo dell’ospitalità è stata studiata con un format apposito, El Porteño Gourmet. Un’opportunità in più per i nostri clienti – conclude Acampora – perché El Porteño Gourmet permette non solo di cenare ma anche di pranzare. Si tratta quindi di una soluzione per il business & leisure ugualmente raffinata rispetto alla versione classica e serale de El Porteño”. Un format, quello de El Porteño, che Dorrego Company punta a esportare presto all’estero con, in pipeline, destinazioni come Parigi e Dubai.

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