In un precedente articolo (apparso sullo scorso numero di Job in Tourism, ndr) abbiamo trattato il tema della gestione come elemento strategico per il successo dell’albergo; abbiamo visto che la gestione è fatta di equilibrio fra diversi fattori operativi e strategici, e sottolineato come la bravura del manager stia proprio nel realizzare in modo ottimale questo equilibrio. Dobbiamo però sottolineare il fatto che, fra le attività della gestione, ve ne è una che ha un peso prevalente. Spesso, nel corso dei seminari per albergatori sulle strategie di sviluppo della struttura alberghiera, faccio una curiosa domanda: «Tra le vostre attività di albergatori, quale è la più importante?». Qualcuno risponde sempre dicendo la cosa giusta, ma non per tutti, apparentemente, questa è così ovvia. La risposta che mi aspetto è: «Vendere!».
La spiegazione, del fatto per cui si può tranquillamente affermare che questa è la priorità per le aziende di servizi alla persona, la fornisce molto bene il docente della statunitense Kellogg school of management, Philip Kotler, che in diversi dei suoi scritti fa osservare come un viaggio si organizza solo se qualcuno viaggerà, una cena si prepara solo se qualcuno la mangerà, una camera si vende solo se qualcuno ci dormirà: insomma, senza clienti una società di servizi semplicemente non esiste, per cui, dice sempre Kotler, la finalità principale per una società di servizi è trovarsi i clienti; il resto viene dopo.
C’è qualcosa di nuovo in questo? Forse sì, perché fino a non molti anni fa, era sufficiente esserci per stare nel mercato: oggi non più! La ragione di ciò è dovuta al fatto che le attività di servizi sono ormai diventate, nel mondo delle economie avanzate, l’attività economica principale. E questo ha causato un forte aumento della concorrenza tra coloro che le erogano. Mani forti sono entrate nel settore e quindi la concorrenza si è fatta accesa e si è generalizzata. In altre parole, se non mi impegno a vendere il mio albergo, rischio di rimanere in aree di mercato marginali, e quindi di avere risultati scadenti. La ragione di ciò sta nel fatto che se io non vendo il cliente non mi considera, perché altri si fanno conoscere e attirano la sua attenzione, facendosi così scegliere in vece mia.
Questo è legato a due fenomeni che sono di base nell’attività di vendita: la visibilità e il posizionamento. Quello della visibilità è il tema della competizione per eccellenza: tutti competono per farsi conoscere più di tutti gli altri. E qui la struttura isolata e senza supporti può avere problemi significativi. Il posizionamento, invece, riguarda non solo il fatto di farsi conoscere, ma anche di come ci si fa conoscere, e quindi di chi si è agli occhi del cliente o del canale di vendita.
La conseguenza dell’essere scarsamente visibili o mal posizionati è molto importante, perché un basso livello di ricavi, soprattutto se prolungato nel tempo, mi impedisce di affrontare gli investimenti che dovrò fare in futuro per mantenere il mio prodotto adeguato all’evoluzione del mercato. E questo rischia di portarmi su di una china pericolosa: meno ricavi uguale meno investimenti, uguale minore qualità percepita, uguale pressione sui prezzi, uguale minori ricavi… Insomma, addio albergo!
Allora devo soprattutto vendere; e vendere bene. Ma come? Ci sono delle fasi da seguire con cura per ottenere dei risultati: prima di tutto capire bene chi sono, come mi posiziono rispetto alla concorrenza, che mercati ho e quali non ho fra quelli che potrei avere. In questo, per esempio, un semplice strumento come una analisi Swot (dall’inglese Strength -forza, weakness – debolezza, opportunity – opportunità, e threat – minaccia, ndr) mi può aiutare, dandomi una più chiara lettura dei miei punti di forza, su cui fare leva, dei punti di debolezza, cui cercare rimedi adeguati, delle opportunità che si possono aprire e che devo cercare di favorire, e delle minacce da cui mi devo guardare e sulle quali è importante riflettere per tempo. Qui è fondamentale la concretezza: i mercati che ho mi suggeriscono che mercati cercare; i miei clienti mi fanno capire chi sono; i miei concorrenti mi fanno capire su cosa devo lavorare. Ovviamente, non mi devo limitare a questi elementi, ma è vietato trascurarli.
In secondo luogo, non devo neppure trascurare nessuno dei canali di vendita che possano essere interessanti: anche i canali che costano sono necessari e, del resto, loro mi vendono proprio la capacità di vendita che da solo non ho. Ovviamente le vendite dirette rendono molto di più, ma il percorso per realizzarle non è rapido, né semplice, salvo casi molto particolari. Quindi i canali di vendita non sono un male necessario, ma i miei partner principali. Questo mondo, in continua evoluzione, premia chi si aggiorna e rimane in linea con i tempi, ma non perdona chi cessa di farlo. Infine, non devo smettere mai di vendere: per non perdere le posizioni acquisite, per non buttare via il lavoro già fatto. Questo continuo impegno è faticoso, difficile e costoso, ma non ci sono alternative facili, né trucchi miracolosi: la vendita si fa tutti i giorni ed è un lavoro da formica, non da cicala. Le priorità sono molte, gli impegni pressanti, il tempo poco: l’errore è scegliere degli alibi per trascurare questa attività. Ma almeno, se non ci riuscite da soli, fatevi aiutare!
*Docente di economia e gestione delle imprese turistiche presso l’università degli studi di Milano-Bicocca, nonché fondatore e titolare di Advisor e Hr Management.
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