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La normalità che non guasta

Breve cronaca di una serena giornata di pioggia al mare presso il Kempinski Palace Portorose

Breve cronaca di una serena giornata di pioggia al mare presso il Kempinski Palace Portorose

Di Antonio Caneva, 4 Giugno 2015

Cosa fare in una giornata di pioggia al mare?
Dipende. Se si è a Portorose, all’hotel Kempinski Palace, si passa una giornata serena, godendosi il ritmo lento, in contrasto con quello della città da cui si è fuggiti: la colazione al mattino, nel bel salone che ricorda i fasti asburgici, poi un passeggiata sul lungomare, coprendosi per sfuggire alla pioggerellina che increspa la baia; un espresso al caffè vicino all’albergo, seduti su una comoda poltrona mentre la pioggia si intensifica. Si torna in albergo, si prende una copia del Corriere e si scende in piscina a impigrire; una nuotata e poi, comodamente sdraiati, ci si intorpidisce; uno snack, e in seguito, prima di uscire, un massaggio scelto tra quelli a disposizione, illustrati nella lunga lista.
La pioggia ha smesso un attimo e allora ci si incammina per Pirano, il paese vicino che risente della propria origine veneziana: leoni di marmo, case basse con le tegole rosse, un campanile che ricorda quello di san Marco. Si respira l’aria marina a pieni polmoni. La sera si cena in albergo, nel bel salone del ristorante Sophia’s: un servizio elegante, con i tavoli distanziati uno dall’altro di parecchi metri. Poi il suono del pianoforte invita al bar per un digestivo e, se si ha ancora forza, una visita al vicino casinò.
Pur essendo in Slovenia, o forse per questo, qui quasi tutti parlano italiano e non si fa fatica a socializzare.
Curioso, seduto al bar, bevendo uno spritz, ho parlato con Dragan Culibrk, assistente financial controller e mi son fatto raccontare dell’albergo: una struttura imponente, le cui origini risalgono ai primi dell’Ottocento e che ha operato, nella sua prima vita da hotel, sino al 1980. Il complesso è rimasto poi chiuso per parecchi anni e riaperto, con Kempinski, nel 2008, ampliato con un elegante edificio collegato, che ha portato la capacità a 183 camere.
L’occupazione dell’albergo è oggi del 65% e chiude il mese di febbraio. È interessante la tipologia della clientela la quale, secondo i periodi, è business, turistica o congressuale.
Ci lavorano circa 80 dipendenti in bassa stagione e 140 in piena estate, con retribuzioni lievemente inferiori a quelle in vigore in Italia: meraviglia quindi che oltre a personale di nazionalità slovena e croata ci siano anche alcuni dipendenti italiani.
In estate vengono impiegati, con buoni risultati, apprendisti provenienti dalle scuole alberghiere di Portorose e Bled, mentre invece spesso, per me sorprendentemente, risultano deludenti quelli delle scuole svizzere
L’albergo è comodo, strutturato per rendere il soggiorno molto piacevole. Quello che colpisce è che ogni cosa è a suo posto, perfettamente equilibrata.
Può sembrare normale che un albergo di tono sia curato, ma non sempre è così e quindi si apprezza l’attenzione per il minimo dettaglio che si respira al Kempinski: i cassetti che chiudono perfettamente per prossimità, la cassaforte che non richiede una laurea in ingegneria per essere utilizzata, le composizioni di fiori che colorano gli spazi comuni, ma anche il verde che si trova nel bagno e nel terrazzino, il puntuale servizio valet per la macchina in garage; ma potrei continuare…
Il direttore, Thies Bruhn, tedesco, guida l’albergo dalla sua riapertura nel 2008 e questa continuità forse spiega l’efficienza del complesso.
Al momento di partire, mentre aspettavo il giovane che mi portasse la macchina, riflettevo sull’accuratezza dell’albergo e, finalmente, ho trovato una cosa che lo ha reso più normale e me lo ha fatto diventare ancora più caro: alzando la testa ho notato le bandiere all’ingresso un po’ sbiadite e quella americana lievemente sfrangiata.
Viva la normalità!

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