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La forza dell’effetto farfalla

Essenziale la moderazione se si vogliono coinvolgere gli ospiti

Essenziale la moderazione se si vogliono coinvolgere gli ospiti

Di Massimiliano Sarti, 23 Settembre 2011

Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?». È il titolo di una conferenza tenuta dal matematico americano Edward Lorenz nel 1972. Descrive il cosiddetto «effetto farfalla»: una delle nozioni principali della teoria del caos deterministico, per cui piccole variazioni nelle condizioni iniziali possono produrre grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema. Un modello matematico, quello di Lorenz, che ha avuto grande fortuna e notorietà, tanto che l’espressione «effetto farfalla» ha presto travalicato i confini della comunità scientifica ed è oggi comunemente utilizzata per sottolineare come ogni nostra azione abbia un’influenza su qualcosa d’altro nel mondo. Ed è anche l’espressione di cui si serve Michil Costa, titolare dell’hotel La Perla di Corvara, per spiegare le motivazioni alla base della propria scelta di creare una fondazione benefica come la Costa Family Foundation. L’istituzione, attiva dal 2007, si occupa di una lunga serie di iniziative per il sostegno del popolo tibetano e di altre realtà asiatiche e africane in difficoltà. «È una cosa che ci fa sentire meglio. Ognuno di noi, infatti, possiede nel fondo di sé una forma di somma rettitudine morale a cui non può sottrarsi», racconta Costa. «Non solo: è anche un modo per combattere i luoghi comuni, la resistenza al cambiamento, il crogiolarsi in frasi come “è sempre stato così, non si può fare niente”».
Domanda. L’effetto farfalla quale leva di cambiamento del mondo quindi?
Risposta. Sì. Senza dimenticarsi, però, il reale del vissuto quotidiano: in altre parole, è fondamentale che i bilanci della nostra impresa siano in ordine, che le camere siano perfettamente ammodernate e soprattutto che i nostri ospiti stiano bene. Riuscire a vivere con dignità è essenziale. È poi quello che rimane, in termini di tempo e risorse, che si può investire in qualcosa che dia vera gioia e che, magari, possa anche aiutare qualcuno. Inseguire solamente i beni materiali è inutile: arriva sempre un momento, nella vita, in cui bisogna fare i conti con se stessi. E a quel punto tutti i nodi vengono al pettine, ma l’aver fatto qualcosa di buono aiuta, davvero.
D. Come è nata l’idea di creare una propria fondazione?
R. Non mi fidavo delle altre organizzazioni. Volevo fare qualcosa di persona. Ora so che esistono tantissime ottime realtà che operano con capacità e onestà. Ma allora, quando ho iniziato, non le conoscevo ancora
D. E il Tibet? Perché proprio il Tibet?
R. Come ladino sono sempre stato sensibile ai diritti delle minoranze linguistiche. I tibetani, per di più, vivono tra le montagne, esattamente come noi, e io mi sento personalmente molto attratto dalla spiritualità che pervade i paesaggi montani. Una volta, poi, sono andato a Dharamsala, in India, dove si trova il governo tibetano in esilio. E lì ho conosciuto Jetsun Pema, sorella dell’attuale Dalai Lama. Ho pensato così di donare ai tibetani il ricavato di una Maratona dles Dolomites, la manifestazione ciclo-amatoriale che si svolge ogni anno in Alta Badia e di cui io sono presidente dal 1997. Finito l’evento, mi dispiaceva così tanto abbandonarli, che ho deciso di mettere in piedi un’organizzazione ad hoc.
D. Come fa a mediare la sua attività di albergatore, con quella della Fondazione?
R. In effetti è una questione delicata: alla Perla cerchiamo di coinvolgere gli ospiti nelle nostre iniziative, senza tuttavia esporli a una quantità eccessiva di sollecitazioni. Alcuni piatti e alcuni vini della nostra carta, per esempio, hanno prezzi lievemente maggiorati, chiaramente espressi, il cui surplus è devoluto proprio alle attività della Fondazione. Nelle camere, inoltre, dei depliant informativi possono essere compilati con un’offerta direttamente addebitabile sul conto della stanza. Proponiamo anche dei portatovaglioli con il logo della Fondazione, a cui viene ovviamente dato il ricavato ottenuto dalla loro vendita. All’entrata del bar, infine, abbiamo posizionato un display digitale, sul quale aggiorniamo costantemente l’ammontare delle donazioni ricevute.
D. Cifre importanti?
R. Credo proprio di sì. Basti dire che negli ultimi due anni, solo alla Perla, abbiamo raccolto ben 297 mila euro.
D. E i collaboratori dell’hotel? Anche loro sono coinvolti nel progetto?
R. Certamente. In casa abbiamo dieci responsabili: ognuno di loro ha un compito ben preciso all’interno della Fondazione. E ogni settimana ci incontriamo tutti insieme per parlare delle iniziative in corso, definire eventuali azioni da compiere e stabilire le migliori strategie per comunicare la cosa agli ospiti. Joe, la mia compagna, si occupa poi sia dell’ufficio stampa dell’hotel, sia di quello della Fondazione e gestisce tutta la comunicazione esterna.
D. Come fate a scegliere i progetti benèfici da sviluppare?
R. Risponderei con un esempio: qualche giorno fa è stata qui una coppia di milanesi con un bambino adottato, di Kinshasa. Mi hanno raccontato delle cose pazzesche. Lì, la mortalità infantile è elevatissima e quei pochi che se le cavano finiscono spesso per essere reclutati come soldati bambino nelle varie milizie irregolari che affliggono la Repubblica Democratica del Congo. Mentre mi parlavano, io guardavo negli occhi questo bambino e… porca miseria: ci rendiamo conto di cosa è il mondo? Ci hanno chiesto se potevamo far qualcosa. E noi qualcosa faremo sicuramente. All’inizio, anche grazie alla Maratona dles Dolomites, un po’ come è successo per il Tibet. Abbiamo così già avviato la ricerca dei progetti da supportare in loco, per cui contiamo di raccogliere circa 100-120 mila euro complessivi.
D. È difficile trovare degli interlocutori affidabili?
R. Molto. Bisogna stare estremamente attenti a contattare le persone giuste. In questo caso, però, abbiamo già un buon canale: l’associazione «Insieme si può» di Belluno ci aiuta molto in quelle zone. Anche in questo caso li ho conosciuti personalmente e loro ci portano sempre foto, resoconti e fatture, con una rendicontazione esatta sulle iniziative intraprese con i nostri fondi. Il segretario generale della Maratona dles Dolomites, inoltre, ha fatto il volontario proprio da loro qualche anno fa. E questo ci dà ulteriori garanzie.
D. Conta tanto, insomma, il contatto personale?
R. Assolutamente sì. È la base per instaurare un rapporto di fiducia. E poi, anche questo è un modo per valorizzare le risorse del territorio. In linea peraltro con la filosofia che da sempre ci guida pure nella proposizione della nostra offerta turistica.

La Fondazione
www.costafoundation.org

La Costa Family Foundation è nata ufficialmente il 19 settembre 2007. La Fondazione è una organizzazione non lucrativa di utilità sociale ai sensi del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460; non ha scopo di lucro, non può distribuire nemmeno in modo indiretto gli utili, né gli avanzi di gestione, né le riserve, né i fondi, né il capitale accumulato durante la sua esistenza. È poi aconfessionale e apolitica, ed è volta all´esclusivo perseguimento di finalità sociali e benefiche. Scopo della Fondazione è, in particolare, la promozione e la protezione dei diritti dei minori, secondo la Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia, in ogni parte del mondo. Essa svolge la propria attività esclusivamente in Alto Adige, agendo in favore delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo nel settore della cooperazione, nonché dell’assistenza psicologica, sociale, pedagogica e socio-sanitaria, così come di ogni altra forma di assistenza e soccorso ai bambini che vivono in condizioni disagiate o di emergenza.

Il progetto in corso

I Tibetan children’s villages (Tcv), fondati in India il 17 Maggio 1960 a seguito dell’occupazione cinese del Tibet, sono un’organizzazione caritatevole dove i bambini tibetani profughi possono vivere in armonia e sicurezza. La missione dei Tcv è quella di assicurare a tutti i piccoli tibetani quell’educazione e quell’identità culturale necessarie a farli diventare membri autonomi della comunità tibetana nel mondo (www.tcv.org.in). A oggi esistono ben 19 scuole Tcv sparse in tutta l’India. E in uno di questi villaggi, a Dharamsala, c’è l’esigenza di costruire un grande ampliamento in prossimità dell’alloggio femminile, per l’accoglienza delle ragazze più grandi. Il progetto prevede la demolizione di una casa confinante e la costruzione di una struttura a tre piani collegata con un passaggio all’alloggio già esistente. Il budget necessario alla realizzazione dell’ampliamento è di 7.507.950 rupie, paria a circa 125 mila euro.

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