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La domanda estera salva il 2013

L'inbound in soccorso del turismo italiano alle prese con la debolezza del mercato domestico

L'inbound in soccorso del turismo italiano alle prese con la debolezza del mercato domestico

Di Marco Bosco, 13 Febbraio 2014

«Un mese di dicembre trainato dalla crescita della domanda internazionale ha consentito al comparto di chiudere il 2013 con un risultato di sostanziale equilibrio in termini di pernottamenti totali. Il che tuttavia non arresta la flessione dei fatturati delle imprese alberghiere e l’inevitabile calo degli occupati». È il commento del presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, ai dati consuntivi sul sistema turistico-alberghiero italiano nel 2013. «Al buon risultato della clientela straniera, ormai prossima a equiparare il numero dei turisti nazionali, si contrappone infatti il costante calo della componente domestica, che rispecchia la grave crisi economica nella quale il paese continua a dibattersi».
Nel dettaglio, i numeri Federalberghi parlano di un lieve aumento complessivo delle presenze rispetto al 2012 (+0,27%), frutto degli effetti combinati della consistente diminuzione delle presenze italiane (-2,9%) e della contemporanea crescita di quelle internazionali (+3,7%). I 686 mila pernottamenti in più registrati nel 2013 non sarebbero tuttavia riusciti a compensare la parallela flessione delle tariffe, che le strutture alberghiere della penisola avrebbero operato al fine di assecondare le difficoltà della domanda. Il risultato finale è stato perciò un ulteriore calo del giro d’affari totale, come dimostrano le cifre Istat per i primi nove mesi del 2013, che segnalano una diminuzione del fatturato, generato dai servizi ricettivi, dell’1,4% rispetto al periodo gennaio-settembre 2012.
Tendenze simili, ma numeri che dipingono un quadro leggermente più roseo di quello tracciato da Federalberghi, si ricavano invece dal bilancio 2013 dell’Osservatorio nazionale del turismo. Secondo i dati elaborati da Unioncamere – Isnart, l’anno si sarebbe chiuso infatti con segnali tutto sommato incoraggianti per l’ospitalità italiana: il tasso medio di occupazione degli alberghi della penisola sarebbe in particolare stato del 47,5%, per una crescita del 3,5% rispetto ai 12 mesi precedenti. Ad andar bene sarebbero state così soprattutto le città d’arte, le cui imprese ricettive (comprese quindi le aziende extra-alberghiere) avrebbero registrato un’occupazione media del 50,4% (+4,3% rispetto al 2012). Discrete, però, anche le performance delle destinazioni balneari (41,7% di occupazione per un +2% circa rispetto al 2012).
Qualunque sia il tono dominante del 2013, tuttavia, è indubbio che sia stata la domanda internazionale a salvare l’industria dei viaggi e dell’ospitalità del nostro paese: secondo la Banca d’Italia, durante i primi dieci mesi del 2013, la bilancia dei pagamenti turistici avrebbe infatti registrato un surplus di 12.076 milioni di euro, contro i 10.940 milioni dello stesso periodo dell’anno precedente. Tra gennaio e ottobre 2013, in particolare, i viaggiatori internazionali in Italia avrebbero complessivamente speso 29.646 milioni di euro (+3,1%), di cui 19.000 milioni solo nel segmento leisure (+6%), mentre le uscite dei nostri connazionali all’estero sarebbero contemporaneamente diminuite dell’1,3%.
Un trend, quest’ultimo, che appare peraltro affatto episodico: le cifre Istat sul comparto ricettivo italiano (alberghiero ed extra-alberghiero) ci dicono infatti che, tra il 2002 e il 2012, gli arrivi totali nella penisola sono cresciuti del 26,5% e le presenze del 10,3% ma, nel 2012, i pernottamenti degli italiani risultavano essere solamente dello 0,2% superiori a quelli registrati dieci anni prima, mentre quelli degli ospiti stranieri erano contemporaneamente aumentati del 24,1%. In conseguenza di ciò, la componente domestica del mercato turistico italiano sarebbe quindi calata dal 57,8% del 2002 al 52,6% del 2012.
Relativamente alla domanda internazionale, infine, la Germania continua a rappresentare il bacino di mercato più importante, con una quota di presenze pari al 13,6% del totale. A seguire, ci sono gli Stati Uniti, la Francia e l’Olanda, tutti attorno al 3%. Nella decade analizzata dall’Istat, tuttavia, il peso relativo del mercato tedesco sarebbe leggermente diminuito (-1,1 punti percentuali), così come quello dei viaggiatori britannici, austriaci e giapponesi. Un andamento positivo avrebbe invece registrato la domanda dagli Usa, dalla Francia e dall’Olanda, anche se il balzo più spettacolare lo ha senz’altro fatto il mercato russo, che è entrato nella top 10 dell’inbound nazionale, passando da uno share 2002 dello 0,4% all’1,6% di due anni fa.

Come cambiano i comportamenti di acquisto

Nel corso del 2012, i visitatori italiani e internazionali delle destinazioni della penisola hanno speso una cifra complessiva pari a circa 72,2 miliardi di euro, il 47% dei quali imputabile ai costi di alloggio e ristorazione. A rivelarlo è uno studio dell’Osservatorio nazionale del turismo sui consumi dei viaggiatori, che ha analizzato le evoluzioni nei comportamenti di acquisto dei turisti nel quinquennio 2008-2012. E se da una parte le uscite in strutture ricettive e attività ricreative hanno mostrato di seguire una linea sinuosa, fatta di continue salite e discese, la ricerca ha soprattutto registrato la graduale diminuzione delle spese in abbigliamento e altri prodotti manifatturieri, controbilanciata però da una crescita dei consumi nel settore agroalimentare. Un bilancio positivo, quello per i prodotti enogastronomici, legato sì a un maggiore ricorso ai soggiorni in abitazioni private (+9% le presenze nel 2012 rispetto al 2008), ma anche all’interesse sempre più vivo, da parte dei turisti, verso le specialità del territorio, degustate sul luogo di vacanza o portate a casa come souvenir.

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