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La domanda cambia natura, gli hotel pure

Non solo quantità: l'ultimo rapporto sul mercato real estate alberghiero di Scenari Immobiliari traccia anche un quadro dei mutamenti qualitativi dell'offerta

Non solo quantità: l'ultimo rapporto sul mercato real estate alberghiero di Scenari Immobiliari traccia anch

Di Massimiliano Sarti, 29 Giugno 2017

Esperienze, unicità, personalizzazione, servizi a richiesta, tecnologie… I nuovi trend della domanda turistica stanno cambiando il mondo dell’accoglienza. Una vera rivoluzione, che non sta interessando solo le formule ricettive più innovative, a cominciare da quelle legate alla cosiddetta sharing economy, ma anche l’ospitalità di stampo più tradizionale. Da una parte ci sono infatti le grandi compagnie internazionali, che sempre più puntano le proprie fiches su soft-brand pensati per affiliare strutture indipendenti dalla forte personalità, ma senza imporre loro standard eccessivamente rigidi che ne stravolgerebbero la natura. Da un altro canto cresce il numero di progetti originali, dedicati a hotel dalle caratteristiche inedite.
Una tendenza quest’ultima oggi particolarmente evidente soprattutto nel Regno Unito: mercato spesso in grado di anticipare le nuove evoluzioni europee. È il caso per esempio del Good Hotel di Londra: una vera e propria struttura galleggiante 4 stelle da 148 camere, realizzata ad Amsterdam ma trasportata attraverso il Mare del Nord grazie a una chiatta sommergibile fino ai moli della capitale britannica, dove è approdata a fine 2016. L’idea è quella di un modello di ospitalità itinerante, che dovrebbe rimanere sulle rive del Tamigi cinque anni per poi sportarsi altrove, nel frattempo esercitando anche una funzione sociale, grazie a programmi formativi ad hoc dedicati ai disoccupati. Sempre a Londra ha poi aperto a maggio dell’anno scorso il Green Rooms: un hotel da appena 26 camere ma dotato di spazi di co-working, aree per mostre e spettacoli, nonché persino progetti di incubazione nel settore della ristorazione. E ancora nella capitale inglese, il Marriott County Hall ha da poco terminato una ristrutturazione da svariati milioni di sterline progettata anche sulla base dei feedback dei clienti, in una sorta di modello «crowdsourcing» applicato all’ospitalità.
A rivelare contesti e nuove tendenze è la direttrice di ricerca di Scenari Immobiliari, Clara Garibello, in occasione della presentazione del Rapporto 2017 sul mercato real estate alberghiero realizzato in collaborazione con Allegroitalia Hotel & Condo. L’analisi non si è infatti limitata agli aspetti quantitativi (per i dati dello studio, si veda il box nella prossima pagina, ndr), ma ha provato a esplorare anche gli elementi qualitativi delle operazioni più significative registrate nel nostro paese e in tutto il Vecchio continente.
Lo sforzo verso l’innovazione non è infatti un trend esclusivo della Gran Bretagna: progetti e ristrutturazioni a carattere creativo non sono mancati anche altrove, pur se generalmente caratterizzati da un più forte ancoraggio alla tradizione dell’ospitalità classica. «Gli alberghi oggi tendono a scegliere una caratteristica peculiare, identificandola con una connotazione di design, ma anche con la ricerca di una centralità rispetto al territorio circostante o di legami con la destinazione. Il tutto unito alla fornitura di servizi di qualità elevata», rivela la stessa Clara Garibello, sintetizzando il processo in corso.
In Italia sono per esempio da segnalare la recentissima apertura (maggio 2017) del milanese Hotel Viu: un 5 stelle da 124 camere con una vocazione bleisure in equilibrio tra design e sostenibilità. Il nuovo Sereno, albergo lusso da appena 30 stanze inaugurato lo scorso agosto sul Lago di Como, è invece il frutto di una ristrutturazione a cura di studi internazionali di architettura, che mira a rispecchiare il senso del luogo. A Roma è invece da sottolineare l’apertura a novembre del secondo Generator Hostel italiano, con il suo taglio dal design giovane e gli spazi social, sulla falsariga di un modello non a caso nato proprio nel Regno Unito.
Da non sottovalutare infine, conclude Clara Garibello, è anche il trend dei condohotel: una formula che si pone soprattutto l’obiettivo di «rivitalizzare le strutture che, per problemi dimensionali elevati o di stagionalità, faticano a mantenere una costante attività remunerativa. Ma anche di riattivare una domanda che, per le condizioni dell’offerta esistente, si mantiene debole. Nella pratica questo intervento avviene generalmente attraverso la conversione in residenziale – seconda casa del 40% massimo (per legge, ndr) della superficie di una struttura ricettiva. Il tutto creando unità indipendenti, dotate di servizi autonomi e cucina, che vengono vendute ma continuano a essere affittate come una normale stanza d’albergo, attraverso un contratto di gestione che permette al proprietario di partecipare all’utile operativo».
Il modello ha finora stentato a svilupparsi in Italia soprattutto per la mancanza di chiarezza normativa in termini di contrattualistica e sugli aspetti fiscali. Nel 2014 il decreto Sblocca Italia ne ha però stabilito criteri e condizioni di esercizio, con l’obiettivo di «diversificare l’offerta turistica e favorire gli investimenti volti alla riqualificazione degli esercizi alberghieri». La stessa legge rimanda per la verità la competenza della definizione puntuale della formula alle regioni, che tuttavia non si sono quasi mai premurate di realizzare i necessari provvedimenti attuativi.

Le cifre del mercato tricolore

L’onda lunga delle buone performance del mercato immobiliare alberghiero europeo, registrata soprattutto nel 2015, si ripercuote sull’Italia all’incirca 12 mesi dopo. Il 2016 si è in effetti rilevato un anno florido per la Penisola, caratterizzato da una forte attrattività degli investimenti. In particolare, il fatturato del real estate alberghiero nazionale ha registrato una crescita del 14,3% rispetto al 2015, raggiungendo quota 2,4 miliardi di euro. Tale valore, com’è nella tradizione del rapporto curato da Scenari Immobiliari, non misura unicamente l’entità delle transazioni totali, ma vi aggiunge anche il valore degli immobili sottesi ai contratti di locazione stipulati nel corso del periodo preso in esame. Uno slancio, quello del mercato tricolore, che pare essersi mantenuto anche nel primo semestre del 2017, e che si prevede possa proseguire pure nel prossimo anno, tanto che le previsioni parlano di un fatturato complessivo in aumento per l’intero biennio: a quota 2,65 miliardi a fine 2017, per poi raggiungere la soglia record dei 3 miliardi nei 12 mesi successivi.
L’appeal del mercato italiano, spiega sempre il rapporto, sarebbe da ricercarsi «nella presenza di asset di pregio nei mercati consolidati delle città principali, ma anche nel resto della Penisola. Dall’analisi condotta sono emersi segnali positivi dalle transazioni, concretizzati in nuove aperture, cambi di gestione e/o ristrutturazioni. La casistica mette in evidenza la capacità intrinseca del territorio di fornire un’ampia gamma di soluzioni ed esperienze diversificate, che solo attraverso il connubio di gestione e investimento è possibile realizzare e mettere a sistema». Le maggiori opportunità sembrerebbero per la verità provenire proprio dalle location definite dall’Istat «altre destinazioni», quindi non appartenenti ai segmenti classici dell’ospitalità (città d’arte, località montane, marittime, lacuali, collinari, termali…), ma «in grado di consentire la creazione di un vissuto particolarissimo per il viaggiatore di qualsiasi categoria, dal comparto del lusso all’economy». In linea con quelle che sono, quindi, le tendenze emergenti della domanda turistica.
Ma il quadro tracciato da Scenari Immobiliari non si limita al solo mondo dell’alberghiero. Il rapporto evidenzia infatti come, nonostante la recente crisi, tutte le tipologie di ricettività alternative abbiano registrato una crescita significativa tra il 2004 e il 2015: gli agriturismi sarebbero in particolare aumentati di 8.224 esercizi, gli alloggi in affitto gestiti in maniera imprenditoriale (e quindi censiti dall’Istat, al contrario di molte offerte della “sharing economy”, ndr) di 16.489 unità, e soprattutto i bed & breakfast di ben 22.588 attività, per una media superiore ai 2 mila all’anno. «L’incremento del numero di determinate attività ricettive costituisce una risposta puntuale alle esigenze della domanda», commenta Clara Garibello. In un certo senso, i b&b possono essere persino considerati i precursori dei portali di affitti brevi online. Esiste tuttavia una differenza sostanziale: i bed & breakfast, negli ultimi anni, paiono infatti essersi particolarmente diffusi nelle destinazioni senza una particolare vocazione turistica. Secondo tutte le più recenti stime italiane e internazionali (da Federalberghi – Incipit Consulting al sito americano Insideairbnb a cura di Murray Cox), l’offerta della sharing economy tenderebbe invece a concentrarsi soprattutto nelle location di maggiore appeal.
In ogni caso, conclude il rapporto, l’attrattività del mercato alberghiero tricolore «appare oggi maggiore in confronto alla media europea, grazie a elementi distintivi quali l’interesse delle catene per l’espansione nei settori sia lusso, sia economy, la ricchezza degli immobili da valorizzare, la presenza di trophy asset e le ampie possibilità di ulteriore sviluppo con conseguente creazione di valore del territorio».

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