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La città che rinasce e si trasforma

Di Massimiliano Sarti, 18 Maggio 2007

Bari riparte dal suo ecomostro. Con l’abbattimento ad aprile dello scorso anno del complesso immobiliare di Punta Perotti, che con la sua mole sgraziata e invadente sventrava il fronte mare del capoluogo pugliese, la città vuole cominciare un nuovo percorso di sviluppo urbanistico, capace di valorizzare i pregi ambientali di una costa che si estende per circa 6 chilometri a sud di Bari. «La demolizione dei palazzi di Punta Perotti ha rappresentato un momento importante nella storia recente della città: un evento simbolico che vuole rappresentare il segno di una rinascita, una svolta decisa rispetto al passato», spiega Luca Scandale, coordinatore del piano strategico metropolitano Terra di Bari, il primo progetto organico di sviluppo territoriale e urbano in Italia che tenga conto di un’intera area metropolitana. «La degradata zona costiera a sud di Bari è uno dei luoghi chiave del nostro progetto di riqualificazione urbana. Oltre all’abbattimento del complesso di Punta Perotti, abbiamo già concordato con il ministero delle infrastrutture e la rete ferroviaria italiana il riassetto del nodo ferroviario, in modo da liberare la costa dai fasci di binari che ne tagliano in due il territorio».
A partire da questi presupposti, il comune si è affidato alla società di consulenza Ecosfera che, in collaborazione con Ernst & Young, ha elaborato uno studio di fattibilità per l’istituzione di una società di trasformazione urbanistica, mirata a raccogliere risorse finanziarie e know how pubblici e privati per la complessa opera di riqualificazione dell’area. «Nostro obiettivo», prosegue Scandale, «è la realizzazione di un polo residenziale a vocazione turistica e leisure inserito nel contesto di un parco costiero: un complesso in grado di integrare armonicamente le esigenze di turisti e cittadini locali, tenendo al contempo conto delle misure necessarie alla tutela del sistema idrogeologico del territorio. Ora stiamo attendendo l’approvazione definitiva, da parte del consiglio comunale, della delibera che intende modificare il piano regolatore vigente: vorremmo rendere inedificabile tutto il terreno compreso in una fascia costiera larga 300 metri e permettere lo spostamento delle cubature esistenti nell’entroterra». L’iter legislativo è però fermo da due o tre mesi a causa delle resistenze dei detentori delle rendite fondiarie. «Ma il clima che si respira con la nuova amministrazione fa ben sperare sul destino futuro del piano. Tanto più che l’interesse da parte degli imprenditori, sia italiani sia internazionali, è davvero cospicuo. Attualmente abbiamo già contatti importanti per due progetti del valore di circa 700 milioni di euro. Gli investitori attendono solo l’approvazione della variante per potersi iscrivere alla gara pubblica di appalto, che con la collaborazione di un advisor finanziario determinerà quali imprese parteciperanno al piano».
Ma quali sono le potenzialità per chi volesse proporre la costruzione di immobili a vocazione leisure e turistica? «Innanzitutto l’alto indice di redditività degli investimenti, che lo studio di fattibilità ha previsto aggirarsi attorno al 7,5%. Il piano strategico metropolitano, inoltre, beneficia dei fondi strutturali messi a disposizione dalla regione Puglia per gli anni 2007-2013. Ma soprattutto esiste la possibilità di acquisire un vantaggio competitivo invidiabile in un’area ancora vergine dal punto di vista turistico, seppur dotata di preziose risorse ambientali: luoghi ideali per soggiorni balneari o per vacanze all’insegna degli sport acquatici».
In generale, recentemente si sta assistendo a un rinnovato interesse dei viaggiatori internazionali e italiani verso il capoluogo pugliese. Nei mesi di luglio e agosto, dalle navi Costa, sbarcano circa 1,5 milioni di passeggeri ogni anno. Contemporaneamente la crescita del culto di San Nicola ha generato un considerevole aumento del flusso di turisti provenienti dalla Russia e dal Nord Europa, mentre lo scalo aeroportuale di Bari accoglie un numero crescente di voli low cost. «Ciononostante», specifica Scandale, «non si è ancora creata una rete di strutture ricettive nazionali e internazionali organizzate e coordinate tra loro. Bari rimane, per ora, una meta di passaggio, il gateway privilegiato per altre destinazioni in Puglia o in Grecia». Le potenzialità del comune sono però notevoli. A cominciare dalle infrastrutture, che permettono collegamenti agevoli con qualsiasi mezzo di trasporto. Oltre all’invidiabile paesaggio costiero, i comuni limitrofi dell’area metropolitana dispongono di tenute e masserie, che rappresentano una risorsa importante del territorio dal punto di vista culturale e ricettivo. Bari può infine beneficiare dell’onda lunga di alcuni dei più recenti trend globali: la Puglia è infatti una destinazione in crescita e il turismo urbano e quello ambientale sono i due segmenti dell’industria dei viaggi che stanno mostrando i più alti tassi di crescita nel mondo.
«L’amministrazione pubblica sta poi investendo ingenti somme nella promozione e nella valorizzazione del suo territorio», aggiunge Scandale. «È appena terminata, per esempio, la ristrutturazione del castello normanno, realizzata grazie a finanziamenti europei per 1,25 milioni di euro». Altri 4 milioni sono già pronti per il bando di un concorso, il cui obiettivo è la realizzazione di una serie di punti di informazione turistica nel centro di Bari e negli altri comuni, nonché l’emissione di una Baricard per fidelizzare i viaggiatori e la messa on-line di un portale dedicato al turismo. Infine, sta per essere approvata la delibera che darà il via alla prima notte bianca metropolitana, che dovrebbe svolgersi il 29 settembre e interessare un’area di 1,3 milioni di abitanti. «Nell’ambito del piano strategico», conclude Scandale, «è anche presente un progetto di marketing diretto a un target mirato. Non ci proponiamo, infatti, di competere con destinazioni come Roma, Venezia o Firenze, ma puntiamo ad attirare un gruppo preciso di viaggiatori, da noi definiti affettuosamente pantere grigie: turisti di ritorno, che hanno già visitato i luoghi più celebri d’Italia, generalmente oltre i 55 anni, di istruzione elevata e desiderosi di sperimentare un turismo culturale e ambientale non massificato».

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