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Italian sounding e micro-pagamenti: Fipe chiede al Governo di accendere i riflettori

Di Job in Tourism, 22 Novembre 2019

“I ristoratori italiani che lavorano all’estero sono veri e propri ambasciatori del nostro Paese nel mondo. Per questo il ristorante italiano deve diventare sinonimo di qualità, non solo per i prodotti che offre. Secondo le nostre stime nel mondo esistono circa 60mila ristoranti che si autodefiniscono italiani. Di questi solo 1 su 6 lo è davvero e soltanto 2.200 sono riconosciuti ufficialmente come tali. Per il resto ci troviamo davanti a imprenditori che sfruttano il prestigio di cui gode la cucina italiana e sempre più spesso anche i marchi dei locali più famosi, per racimolare qualche cliente in più: un problema su cui bisogna intervenire in maniera decisa. I ristoranti possono e devono diventare un argine formidabile contro l’italian sounding”.
Così Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe, Federazione italiana dei pubblici esercizi, si è espresso in merito all’emendamento alla legge di Bilancio, presentato a Palazzo Madama dal senatore Raffaele Fantetti. E lancia la sua proposta: “Dobbiamo reagire e dobbiamo farlo ora: bisogna creare una banca dati che censisca i ristoranti, le pizzerie e le gelaterie italiane e diventi una garanzia di qualità per i consumatori. L’italian sounding va combattuto a tutti i livelli, sia quello dei prodotti, che quello dei marchi. Per questo è importante costituire un Comitato di esperti che si occupi anche di promuovere le azioni legali, come previsto dall’emendamento Fantetti”.
E la Federazione in questi giorni si è espressa anche in merito a un’altra questione legata alla Manovra, chiedendo di azzerare le commissioni sui micro-pagamenti. “Oggi come oggi, se tutti cominciassero a pagare caffè e cappuccino al bar con il bancomat o la carta di credito, i locali si troverebbero a dover pagare commissioni insostenibili che potrebbero arrivare fino a 1 miliardo di euro l’anno – avverte il direttore generale Roberto Calugi -. Stiamo parlando del 16% degli incassi derivanti dalla vendita di questi prodotti. Un’enormità tale da rendere assolutamente inefficace il credito d’imposta del 30% a beneficio delle attività che accettano il pagamento con il Pos previsto dal decreto fiscale. Non è sufficiente: vanno azzerate le commissioni bancarie per i pagamenti almeno fino a 15 euro”. Per Calugi un ulteriore problema è quello dell’omesso versamento dell’Iva: “Un ristoratore o un gestore di un locale che dichiara regolarmente l’Iva, ma poi salta un pagamento perché attraversa un momento di difficoltà economica, oggi rischia una condanna penale. Questo è un errore, perché non c’è alcun tentativo di frodare il fisco, ma solo una difficoltà contingente. Questo reato andrebbe depenalizzato. Mi auguro che il governo non resti sordo al grido d’allarme di migliaia di piccole imprese che garantiscono un servizio eccellente e rappresentano un valore aggiunto per l’offerta turistica del nostro Paese”.

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